sabato 7 settembre 2024

Ifigenia. La prova finale.


L'ultima prova. Lo sguardo oblativo.

Non è peccato

 che si faccia vedere seminuda una donna siffatta1 .

Le fanciulle in fiore.

 

Venerdì sera gli allievi della scuola dovevano fare l’ultima prova dell’esame.

Sabato 30 dovevano recitare

davanti alla commissione

giudicatrice. Ma anche la recita del 29 era pubblica: intendevo

andarci, se Ifigenia mi avesse invitato.

Dopo la scuola, la incontrai in via Montegrappa quasi per caso:

voglio dire che non sembrava esserci venuta appositamente per

vedermi, sebbene la strada fosse molto vicina alla mia scuola. Era

nervosa assai e di poche parole. Disse che dovevo stare in casa

dalle cinque, poiché avrebbe potuto telefonarmi. In ogni caso alle

nove e mezzo cominciava la recita di prova. Non capii se dovevo

andarci comunque, o se lei eventualmente mi avrebbe chiamato.

Fatto sta che non arrivò alcuna telefonata, ed io ne ebbi l'angoscia.

Alle nove ero incerto se andare a vederla. Telefonai a casa sua. Rispose una donna che non disse il suo nome ma precisò che Ifigenia si aspettava di vedermi tra il pubblico

“Posso essere utile a fare numero”, pensai.

 

Arrivai che avevano iniziato da poco. Nella bottega del Mago,

Marianne indossava un abito nero; sul Danubio, un costume da

bagno a righe, lungo fino a metà coscia; durante la pantomima

tragica e lasciva dello Zeppelin, una calzamaglia; nell'ultimo atto,

di nuovo l'abito nero. All'inizio ella era la ragazza in conflitto

con il padre autoritario e cretino, poco convinta del fidanzato

noioso, nauseata dall'ambiente dei bottegai e dei loro clienti. Poi

c'è la scena della seduzione sul Danubio morbido come il velluto.

Ifigenia guardava Felice con intensità, con desiderio.

Sembrava osservarlo con un'oblazione del cuore e di tutte le

membra. Quello sguardo mi fece paura. Era pieno di sesso.

Fissava il suo partner con la forza del desiderio che, sommata alla

sua rara avvenenza e all'indumento scelto per mettere in pieno

rilievo le forme  del corpo dedalico, diventava una grande

potenza con la quale avrebbe potuto portarsi a letto qualsiasi uomo

le fosse piaciuto. Questo pensavo tremando. Poi doveva mimare lo

Zeppelin con la calzamaglia trasparente. Le si vedeva benissimo il

petto. Sebbene una sua compagna di scena, più pudicamente,

avesse tenuto il reggiseno, l'esibizione della mia donna non mi

diede fastidio o dolore. Era giustificata professionalmente ed

esteticamente. Il suo splendore corporeo

era al culmine:

Ifigenia non faceva peccato a lasciarsi ammirare lì sulla scena.

Offriva alla luce e al ricordo degli uomini un bene raro, seppure

effimero più di una scoscesa vita mortale: l'ultima volta che la

vidi nuda, solo due anni più tardi, la sua carne non era più tanto compatta quanto la sera in cui

si esibì in quella prova, o quanto il pomeriggio remoto nel quale,

entrata per la prima volta in camera mia, si tolse i vestiti

sorridendo felice, e sembrò il sole stesso che esce fuori da nuvole

e brume in una mattina di primavera.

Adesso sei morta, creatura,

ma qui dentro tu vivrai eternamente radiosa come sei stata nella

tua vita mortale  per un tempo troppo breve e già molto lontano.

Raggiungesti l’acme nel giugno remoto del 1979

 

nel quale mi regalasti

All'ombra delle fanciulle in fiore di Proust con questa dedica:

 


 

 

 

" Io sono Albertine e tu Marcel Proust, perché lei è una ragazza

e lui un uomo adulto, ma il nostro amore non è come il loro,

angosciato, ma più libero, meno inquieto, veramente sentito,

sincero e profondo; per questo io alla fine non morirò e nemmeno

tu perché noi diversi non ci lasceremo uccidere.

Ifigenia

(la fanciulla in fiore) .

Purtroppo non è andata così. Io invero non sono mai stato uno degli scampati al fuoco di Sodoma come Proust e diversi personaggi della sua Ricerca.

Pesaro 7 settembre 2024 ore 10, 59 giovanni ghiselli

 p. s

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