domenica 8 settembre 2024

Il temporeggiare voluto dal fato e da me stesso.


 

La telefonata pomeridiana. Di mia volontà, di mia volontà

l'ho fatto, non lo negherò

  Il bambino caduto nel pozzo.

La mattina seguente andai a scuola pieno di sonno e di angoscia.

Con gli allievi i cui volti mi rinfrancarono un poco, recitai la

 lezione conclusiva.

 Doveva essere fatta bene poiché suscitò l'interesse dei

ragazzini che presero appunti nonostante la scuola fosse

finita; anzi, io non lo sapevo, ma questa fu l'ultima lezione al

Minghetti dopo cinque anni: due di liceo

 e tre di ginnasio.

Alle undici, durante

l'intervallo, una ragazzina mi

domandò:"Professore, vorrei sapere se lei è felice".

"Tu che cosa pensi?" risposi con un'altra domanda, meravigliato,

ma non troppo, dalla sua.

"Io credo di no", fece l'adolescente con leggero imbarazzo.

"E' vero-ammisi-, in questo periodo non lo sono. Vivo, come molti altri

credo, in situazioni oscure e contorte, mentre ci sarebbe bisogno di

chiarezza, bellezza e dirittura morale. Comunque mi rifarò,

poiché mi piace la vita, e io stesso non mi dispiaccio del tutto".

 

Alle due telefonò Ifigenia. Disse:"Ciao Gianni, mi sei

mancato, mi manchi. Quando vieni? Vieni presto! Ti aspetto".

Sembrava uno dei nostri messaggi artificiali, o per lo meno carichi

di nervosismo e insicurezza.

Non potevo andare presto a Riccione:

dovevo preparare le valutazioni degli scolari da consegnare in segreteria lunedì.

 Inoltre volevo

andare al campo sportivo per mettere alla prova le mie forze

fisiche che sembravano stanche: non riuscivo a correre i 5000

metri in meno di venti minuti. Così, per essere sicuro di avere il

tempo necessario a compiere le  cose da fare, e anche per dare a

lei l'occasione di effettuare le sue con agio, e senza di me, ma

soprattutto perché era predestinato ab aeterno che la nostra storia

d'amore finisse in quel modo e quella notte, risposi:"Arrivo verso


 

 

 

le undici: oggi devo lavorare fino alle nove, se voglio tenermi

liberi il sabato e la domenica per andare a Pesaro con te".

ifigenia provò a protestare:"Così tardi? Vieni prima, amore: ti

ho detto che mi manchi e che ti amo tanto".

"Anche tu mi manchi tanto, ma oggi pomeriggio ho da fare. Così

abbiamo tutto il tempo per i nostri impegni. Tu potrai seguire

spettacoli e conferenze. Anzi, guarda, per non spezzarti il

dopocena, arriverò addirittura a mezzanotte".

Sapevo bene che in questo modo le davo altre occasioni di fare

quello che avrebbe fatto; sapevo che più rimaneva sola, più era

esposta al rischio di andare a letto con uno dei personaggi del

Grande Hotel i quali le avrebbero chiesto il godimento del suo

corpo giovane e bello in cambio di una promessa di introduzione

nel mondo dello spettacolo. E sapevo che c'era l'attore famoso,

incline a fare tali proposte di scambio alle belle ragazze avide di

notorietà; infine sapevo che lui per lei era una specie di mito fin

dall'infanzia. Tutto questo mi era chiaro allora come adesso, e

l'avevo messo in conto quando le dissi che sarei arrivato tanto

tardi a Riccione. Volevo correre il rischio, e anche farglielo

correre. Quoque pronior esset in vitia sua5.

 

Del resto la ragazza, se valeva qualche cosa, se voleva entrare in

quel mondo con dignità e decoro, a letto con il primo famoso che

glielo chiedeva senza conoscerla, non doveva andarci; altrimenti

sarebbe diventata una da gettare subito dopo. Da parte

mia non è stata una svista il compimento del nostro destino.

Io l'ho voluto. Amor fati è la mia intima natura, non solo quella di

Nietzsche6

 

E' stata una scelta, una provocazione intelligente arrivare tardi. Era

ora che Ifigenia dopo tanto sesso, commedie, bacini, dopo

tanti "mi manchi" e "ti amo", mi desse qualche cosa di autentico,

di morale, di veramente suo: impegno, sacrificio, fedeltà, non in

astratto, ma quando aveva occasione di romperla con chi la

5

Cfr. Livio, Storie, 22, 3. anche perché assecondasse di più i propri difetti. Annibale

provoca il console Flaminio, ferox a consulatu priore, già spavaldo dal suo

precedente consolato.

6

F. Nietzsche: “Amor fati, das ist meine innerste Natur”, Ecce homo.


 

 

 

attirava, la lusingava, la emozionava. Ma in realtà mi aveva già

dato tutto il meglio di sé, e altro, poveretta, proprio non aveva da offrirmi.

Quel pomeriggio remoto presi una decisione che adesso, dopo

tanti anni, prenderei un'altra volta. Non ne sono pentito:"

eJkw;n

eJkw;n h}marton, oujk ajrnhvsomai 7

 

 

La catastrofe che dieci ore più tardi segnerà la fine del nostro

rapporto, mi ha inflitto  dolore, però nello

stesso tempo mi ha messo alla prova, mi ha allenato, ha suscitato e

corroborato tutte le mie capacità di resistenza e reazione alle

peggiori avversità, mi ha dato l'opportunità di conoscere meglio

me stesso, e la spinta definitiva a scrivere questo romanzo con il

sacrificio di una grande porzione di questa vita mortale8.

  Se è vero che

le difficoltà temprano la virtù, come la fatica i muscoli, quella che

sto per raccontare e ancora vivo, è una montagna difficile quanto

lo Stelvio, il Pordoi, il Parnaso nevoso di Sofocle9,

  L'Ossa,

l'Olimpo e il Pelio dalle foglie agitate di Omero10,

  più la bruna

montagna del Purgatorio dantesco messi uno sull'altro.

E con il

vento contrario, ma forte. Più i 5000 metri a piedi, ripetuti dieci

volte di seguito, sotto la grandine.

Al fine di superare il senso di frustrazione provato quella notte

famosa, ho dovuto decidere di chiudermi in casa per anni, per

decine di stagioni che portano tanto e portano via tutto, e leggere, studiare,  scrivere:

impiegare ogni energia, la mia cultura, i ricordi, i sentimenti al

servizio del riscatto, della rivalsa costituita da un grande romanzo

che di fatto ha già  interessato, centinaia di migliaia di persone e arriverà a milioni di lettori: non meno numerosi degli spettatori

dell'attore gradasso quello di “un’ora sola ti vorrei”.   

7

Di mia volontà, di mia volontà ho trasgredito, non lo negherò. E' il verso 265  del Prometeo incatenato di Eschilo.

 

 

8

Cfr. Tacito, Agricola, 3:"per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium",

per quindici anni, grande porzione di una vita mortale.

9

Cfr. Edipo re, v. 475.

10

Cfr. Odissea, XI, 315-316.


 

 

214

 Ma questo intento non sarebbe bastato da

solo a farmi scegliere lustri di sacrifici, di rinunce ai piaceri e alle

distrazioni della vita esterna. Ci voleva un altro scopo più alto, più

generoso: l'educazione di quanti mi avrebbero letto. Questo l'ho

trovato scrivendo. Adesso che l'attore e Ifigenia sono defunti, io

sono grato a entrambi di quella notte. Talora li ricordo nelle

preghiere: “lucem aeternam dona eis Domine”.

 

Dopo la corsa svigorita, tornai a casa depresso, mi lavai, e, mentre

mi asciugavo, accesi il televisore. Sentii che un bambino era

caduto in un pozzo profondo da diverse ore, ma era vivo, anzi

parlava e stava bene. I pompieri lo avrebbero tirato fuori presto.

La notizia mi fece una brutta impressione, eppure non dubitai che

l'avrebbero salvato come assicurava il giornalista. Sembrava cosa

già quasi fatta. Studiai: rilessi le Olintiache. Volli ripassare

 Demostene che esorta gli Ateniesi a ritrovare lo

spirito di sacrificio smarrito.

Alle dieci partii per andare da lei:

dovevo incontrarla due ore più tardi sulla terrazza del cupo

giardino ghiaioso del Grande Hotel.

 

Pesaro 8 settembre 2024 ore 18, 02 giovanni ghiselli

p. s.

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