martedì 3 giugno 2025

Ifigenia CLII. Le nuotate a Tihány e a Pesaro. Lo Starnberger See e la croce della morte di Ludwig II.

 

Quando la seduta degli assaggi fu tolta, per smaltire il troppo di quel bere accompagnato da pasticci salati che rilanciavano la sete, scesi di corsa lungo la china del colle fino alla sponda del lago e, nonostante piovesse, mi denudai quasi del tutto sul lido deserto, riposi gli indumenti sotto la tettoia di un bar chiuso, quindi mi tuffai in mutande nell’acqua melmosa. Mentre costeggiavo il promontorio mi sovvenne un’altra nuotata del genere fatta nello stesso luogo, ma sotto la luna, nell’agosto del ’71 quando la finnica Helena mi aspettava in un bar, forse con trepidazione e orgoglio perché io ero stato l’unico dei cento gitanti a sfidare il freddo e un accidente tuffandomi nel lago dopo l’abbondante bevuta di vini e la scorpacciata di debreceni paros, coppie di grosse e grasse salsicce.

 

  Sulla spiaggia di Pesaro, prefigurando Elena,  mi aspettava la mamma bruna, formosa e snella anche lei. Io allora, nei primi anni Cinquanta ero un bambino invece minuto, grande solo di occhi e di naso, insomma mi sentivo brutto davanti alla mamma e per ottenere la sua ammirazione, per piacerle, dovevo compiere qualche cosa di egregio, mostrarle delle capacità che i miei compagni non avevano, sebbene fossero più grossi di me. Qualcosa di speciale di soltanto mio, e non scolasticamente, ma fisicamente: da atleta. A scuola infatti poteva essere bravo anche un  disgraziato mezz’orbo  e bruttino, ma per le imprese sportive ci voleva la potenza del fisico. Se non l’avessi acquisita e manifestata, la mamma bella e bruna mai mi avrebbe voluto mai un poco di bene. Elena nemmeno e neppure le altre. Un monachello infelice sarei stato, e solo per tutta la vita . Una vita storpiata e soffocata. Perciò se mi guardava la mamma, mi buttavo nel mare e ruotavo le braccia nell’acqua, vi battevo sopra le gambe  con tutte le forze, finché mi bastavano i muscoli e il fiato. Se la mamma non si era distratta e quando tornavo, nell’asciugarmi, mi diceva “bravo!”, ero felice.

“Ce l’ho fatta!”  pensavo, come quando  Elena mi disse: “sto imparando ad amarti” dopo avermi ignorato.

Il 19 agosto del’ 79 invece sulla riva non c’era nessuno: gli altri erano andati dentro un Etterem a cenare.

“Non c’è Cristo o santo Francesco che mi trattenga-avranno detto- il Gulasch non me lo lascio scappare, la zuppa di pesce nemmeno”.

 

Passate le sette, il cielo nuvoloso e basso sul lago era già quasi buio. Nuotavo in solitudine nell’acqua fredda e scura, eppure dentro di me brillava la gioia pensando che a quel nuotare, come a correre, a pedalare sui monti e pure a studiare mi avevano stimolato le donne e se ero diventato bravo, sano e tutt’altro che brutto,  lo dovevo a loro. Ce l’avevo fatta. Ne avevo già conosciute diverse: non solo le  brune  predilette ma anche diverse bionde e almeno una rossa. E altre ce ne sarebbero state e meravigliosamente le avrei conosciute. Ricco sarebbe stato il catalogo.. “Almeno cinquanta” avevo giurato.  Ero di ottimo umore.

Ti domando lettore: tale contentezza  era stupida smargiasseria  oppure gratitudine santa? Dimmelo tu.

 

 

Ludwig II di Baviera.

 

Un salto in avanti. Lo Starnberger See . Le due fiaccole: quella delle nozze e quella del funerale

Le due nuotate nel Balaton mi sarebbero tornate in mente la sera del 17 aprile 1981 quando,  seduto con Ifigenia  sulla riva dello Starnberger See, entrambi senza proferire verbo, guardavamo la croce di ferro che indica il luogo sacro dell’annegamento rituale di Ludwig, bellissimo principe di Baviera, diventato re, poi decaduto a mostro pazzo e deforme. Vedevamo un cigno aggirarsi sull’acqua dove era annegato il sovrano lunatico degradato a farmakov~  che morendo sfuggì ai suoi aguzzini riconsacrandosi re.

 

 Contemplavamo l’ultimo spicchio di sole che si inabissava tra colli scuri sovrastati dal cielo purpureo mentre  si colorava di sangue l’acqua increspate dal lago e noi due  spiavamo con rapidi sguardi obliqui ciascuno il volto dell’altro, divenuto cupo, sospettoso e ostile dopo due anni di incomprensioni, malizie e menzogne.

Allora mi sovvenni dei  bagni nel lago ungherese, dell’amore di Elena, delle gioie ricevute e date con Ifigenia nei mesi felici del nostro primo inverno, e mi si strinse il cuore.

A un certo punto su un colle davanti a noi si accese una fiaccola e io ruppi il silenzio dicendo: “viximus insignes inter utramque facem"[1]. Intendevo la fiaccola chiara delle nozze del  novembre 1978 e quella fumosa del  lungo funerale  che offuscò tutte le nostre gioie poi le  fece annegare.

Come Ludwig II di Baviera. Eravamo andati a vederne i castelli per commemorare lui e il tempo buono del nostro amore dopo avere visto il film di Visconti che ci commosse e ci aveva perfino riconciliati per qualche ora.

 

Bologna  3  giugno  2025 ore 9, 14 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Properzio, IV, 11,  46.

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