lunedì 6 febbraio 2023

Ifigenia XXIV. L’ultima cena con Esculapia.


 

Esculapia non raccolse le ultime parole, anzi le ignorò o finse di ignorarle perché non voleva sentire subito la verità.

Sicché  riprese a parlare risalendo alle corse e alle pedalate che avevo dichiarato: “adesso dunque avrai una gran fame. Chiamo il babbo e cominciamo la cena” . Non disse l’ultima ma aveva capito che non ce ne sarebbero state altre per noi due insieme.

“Vuoi lavarti le mani?”, aggiunse e se ne andò senza aspettare risposta. Era una donna restìa ad ascoltare. Preferiva parlare cercando sempre di imporsi. Cosa antierotica al massimo.

La madre era già in cucina. Rimasi qualche minuto da solo, senza impazienza. Il babbo era la persona più interessante della famiglia: faceva il maestro elementare  e parlava del nostro lavoro di educatori  con entusiasmo e vivo interesse per la formazione mentale dei bambini. Il lavoro dei maestri mi è sempre interessato per via delle mie zie e mi dispiace il fatto che in tanti decenni di insegnamento non ho mai avuto occasione di insegnare ai bambini delle elementari. L’unico ordine di scuola che ho frequentato solo da scolaro. Il maestro dunque entrò per primo nella sala da pranzo e ci salutammo con simpatia. Sentivamo di essere persone dello stesso stampo. Subito dopo fecero il loro ingresso le due nutrici: la madre portava sulle mani, trionfalmente, il vassoio colmo di pastasciutta fumante. La figlia teneva sulle braccia il secondo di carne e contorni. Il pane e le bevande erano già sulla tavola.

Cominciammo a mangiare. Il sughino in effetti era buono: non grasso. Osservando e ascoltando il maestro che parlava di scuola e di educazione con volto raggiante pensai che Esculapia si era interessata a me per una ceta somiglianza spirituale che avevo con il padre suo.

Quando interrompemmo il nostro discorso per lasciare spazio alle donne che non sembravano interessate a parteciparvi, il dialogo cambiò tono del tutto: che tempo faceva, quant’era buona la pasta, se il formaggio ci stava bene, quanto erano ladri i bottegai, quanto crescevano i prezzi: perfino le patate erano rincarate in successione esponenziale. Mi sembrava di essere passato dal Simposio platonico alla cena di Trimalchione.

A un certo punto però Esculapia mi obbligò a prendere una posizione precisa nei popri confronti davanti al babbo e alla mamma.

“Bene, Giovanni Ghiselli-cominciò solennemente dopo un momento di generale silenzio-dimmi quali sono i tuoi piani per il nostro futuro”

“Temo che non abbiamo un futuro insieme-risposi- siccome non abbiamo interessi comuni: per giunta io voglio darmi completamente allo studio dei classici e all’educazione degli adolescenti”

“E questo dedicarsi tutto alla scuola basterà a riempirle la vita?” intervenne la madre

“Sì, mi terrà occupato ogni pomeriggio feriale e le giornate festive dalla mattina alla sera esigendo tutto il mio tempo. Per diventare un educatore di ottimo formato come suo marito, adesso devo rivendicarmi a me stesso.

La citazione di Seneca che il maestro conosceva voleva sottolineare il  significato morale della mia scelta.

Il bravo maestro allora mi domandò: “come mai lei e la mia figliola in tre mesi di frequentazione non avete trovato uno scopo comune? Forse non vi piacete o non vi stimate abbastanza”.

“Suppongo che sia come dice lei- confermai guardandolo in faccia, sicuro che avrebbe capito. “I nostri rispettivi interessi sono talmente lontani tra loro che non troviamo argomenti comuni, e questo a lungo andare ha allontanato anche noi due l’uno dall’altro”

“Allora smettete di frequentarvi presto e del tutto” suggerì il padre suo

“ perché così perdete tempo e vi rendete peggiori a vicenda”

“E’ proprio così, ma di questo voglio parlare più tardi da solo con la vostra figliola”, se permettete.

Quindi lasciammo cadere questo argomento e seguitammo a cenare palando del più e del meno.

Bologna 6 febbraio 2023 giovanni ghiselli

Sempre1320407

 

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