giovedì 9 febbraio 2023

Nietzsche 115 Ecce homo. Così parlò Zarathustra 2. Odisseo e Ulisse.

 

“Per capire il tipo di Zarathustra bisogna in primo luogo aver chiaro il suo presupposto fisiologico: che è ciò che io chiamo la grande salute (…) cioè una nuova salute, una salute più vigorosa, più scaltrita, più tenace, più temeraria, più gaia di quanto non sia stata fino a oggi ogni salute (…) una salute che non soltanto si possiede, ma che di continuo si conquista, e si deve conquistare, perché sempre di nuovo si sacrifica e si deve sacrificare”.

 

In effetti una grande salute mentale e fisica non è conciliabile con una vita usuale, quella degli sperperatori del tempo, dei divoratori compulsivi di cibo, dei vani utilizzatori di cose inutili o dannose. La salute grande richiede disciplina grande.

 

“ E ora, dopo essere stati in cammino così a lungo,noi Argonauti dell’ideale, più coraggiosi, forse di quanto lo esigesse la prudenza, dopo che molto spesso incorremmo in naufragi e sciagure, ma sempre , come si è detto, più sani di quanto vorrebbero concederci, pericolosamente sani, sempre rinnovellati in salute-ora è come se a ricompensa di tutto ciò ci apparisse dinanzi agli occhi una terra ancora ignota, di cui nessuno ancora ha misurato con lo sguardo i confini, un al di là di tutti i paesi e i cantucci dell’ideale esistenti fino ad oggi, un mondo così sovranamente ricco di cose belle, ignote, problematiche, terribili e divine, che la nostra curiosità come la nostra sete di possesso sono fuori di sé: ah oramai non c’è più nulla che ci possa saziare!

 

Vengono in mente l’Odisseo di Omero e l’Ulisse di Dante

Odisseo perché con la sua intelligenza capace di intendere ogni aspetto della realtà, di rendersi complice della vita, con la sua grande salute mentale, se la cava in ogni situazione, e non c’è mostro, non c’è maga, non c’è droga, non ci sono proci che l’abbiano vinta su di lui, non c’è naufragio che lo sommerga ma rimane sempre a galla.

 

L’Ulisse di Dante è piuttosto caratterizzato dalla sua volontà di non fermarsi mai, di trovare un mondo nuovo a tutti i costi, compreso quello del naufragio e della morte per acqua.

Omero non pone limiti all’intelligenza di Odisseo, un acume mentale che gli viene riconosciuto e viene ammirato anche dalla dea Atena, mentre Dante vuole mettere in guardia se stesso e il suoi lettori da non lasciare correre troppo l’ingegno ma di frenarlo “perché non corra che virtù nol guidi”   (Inferno XXVI, 22).

Ripeto che Dante è uno di quegli autori che insegnano a parlare e a scrivere, però non liberano la mente da diverse soggezioni a tanti dogmi che inceppano la mente. Lo stesso dico di Virgilio che è addirittura un panegirista dei suoi potenti protettori.

 

Altri autori, viceversa, hanno minore  potenza nel mettere in fila le parole, talora sono anche meno chiari, però sono efficaci nel liberarci dalle  catene delle superstizioni ostili alla vita libera o delle mode sfacciate. Tra questi metto Lucrezio, Nietzsche e Leopardi.

 

Torno dunque a Nietzsche che presenta “l’ideale di uno spirito che ingenuamente cioè suo malgrado e per esuberante pienezza e possanza gioca con tutto quanto fino a oggi fu detto sacro, buono, intangibile, divino (…) un ideale con cui, nonostante tutto ciò, comincia forse per la prima volta la grande serietà, è posto per la prima volta il vero punto interrogativo, con cui il destino dell’anima ha la sua svolta, la lancetta si muove, la tragedia comincia.

In effetti pure il gioco è una cosa seria e anche la libertà richiede disciplina. Ma non quella imposta da altri, da fuori

 

Bologna 9 febbraio 2023 giovanni ghiselli

Sempre1321569

   

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