I due tragediografi mi cacciano: vogliono restare soli
Sofocle: “credo che tu professore apprendista abbia imparato abbastanza sul mio Edipo re da che dovrai commentare ai ragazzi; ora svegliati e lasciaci soli: voglio parlare a quattrocchi con Euripide”.
Euripide: “sì giovane tirocinante lasciaci soli. Ti faremo avere la registrazione del nostro colloquio dopo averla controllata. Ma ora mentre parliamo delle nostre virtù e dei nostri vizi, letterari beninteso, non vogliamo essere interrotti da te: sei un po’ petulante, saputello e indiscreto”
Mi svegliai impermalito. Quei due in ogni caso sono stati di parola e trascrivo quanto dissero quella notte mentre io, sceso in cucina mi preparavo una camomilla. Credo che ne abbiano censurate delle parti da non lasciar conoscere al mondo.
Sofocle: “ Euripide, tu sei bravo, non posso negarlo, e quando morirai, se mi precederai almeno nell’ultimo agone, farò recitare il coro e gli attori dei miei drammi in abito da lutto.
Euripide: “ non mi permetterò mai di passarti avanti: sei troppo più bravo di me”
Sofocle: “Sei molto bravo anche tu. Allora fammi sapere per quale ragione secondo te le tue tragedie non piacciono quanto le mie. Il pubblico e i giudici hanno preferito me quasi sempre.
Euripide: “In parte perché vado contro il gusto corrente con le mie innovazioni, le disquisizioni, le ragioni e le controragioni dei miei personaggi. Poi c’è stata la critica malevola di quel buffone di Aristofane. Già negli Acarnesi presenta il mio studio come un laboratorio di straccioni e pezzenti. Nelle Termoforiazuse il personaggio che mi rappresenta sarebbe un antifemminista malevolo al punto che le donne durante una loro festa vorrebbero ammazzarlo; nelle Rane quel commediografo bugiardo ha scritto addirittura che le regine e principesse delle mie tragedie sono delle sgualdrine: povrnai. Quel maldicente professionista del resto ha contribuito a provocare la condanna a morte di Socrate con le sue calunnie.
Nell’Ottocento la critica ingiuriosa di Aristofane nei miei confronti è stata rilanciata da Nietzsche.
Meno male che Goethe alcuni mesi prima della morte ha scritto nel suo diario :"Non finisco di meravigliarmi come l'elite dei filologi non comprenda i suoi meriti e secondo la bella usanza tradizionale lo subordini ai suoi predecessori seguendo l'esempio di quel pagliaccio di Aristofane. Ma c'è forse una nazione che abbia avuto dopo di lui un drammaturgo che sia appena degno di porgergli le pantofole?"[1].
Sofocle: “non puoi negare di avere degradato diversi eroi togliendo all’ammirazione e all’imitazione del pubblico dei modelli di umanità esemplare. Hai riempito la scena di uomini deboli e farabutti, di donne piagnucolose, dissolute, assassine”.
Euripide: “ se è per questo, tu hai messo in scena un re e una regina che hanno cercato di ammazzare il loro figlio neonato il quale è sopravvissuto soltanto per sposare sua madre e ammazzare suo padre, poi hai fatto parlare un despota che impedisce di seppellire i morti, un grande guerriero che si suicida dopo essere stato truffato da un impostore, un eroe che viene ucciso dalla moglie nel tentativo di recuperarne l’amore. I delinquenti e i mentecatti non mancano nemmeno nei tuoi drammi.
E’ la tua mente che rende malati gli eroi e dissolute, o pazze e criminali le donne.
Sofocle: “Sì è vero, però i miei personaggi negativi non trionfano. Capiscono e si redimono come Edipo a Colono oppure vanno in rovina come Creonte e Deianira. Tu rappresenti Medea che dopo avere ammazzato i propri figli canta vittoria e gioisce.
Per giunta i tuoi drammi grondano di lacrime che possono significare tanto il dolore quanto la gioia. Nelle tue tragedie le lacrime non solo di donne ma anche di uomini sono a buon mercato come le bugie
Ti ricordo questi versi tuoi: “nell'Elettra, la protagonista umiliata, vestita da serva e con il capo raso, si tiene viva con il pianto "avanti, ridesta il medesimo lamento/solleva il piacere dalle molte lacrime " ( vv. 125-126).
Nell'Elena, Menelao, naufrago in Egitto, afferma: "le lacrime sono la mia gioia: hanno più /grazia che dolore"(654-655).
Tu insegni la debolezza agli spettatori: Nietzsche ti accusa giustamente di avere portato sulla scena lo spettatore cioè l’uomo della vita quotidiana; la tragedia che prima mostrava solo i tratti grandi dell’uomo, con te ha messo in mostra anche aspetti malriusciti della natura umana. Hai degradato Achille e Odisseo gli eroi di Omero, i tipici greci dell’arte antica trasfigurandoli nel greculo che poi divenne nella commedia latina lo schiavo bonario e scaltro.
Euripide: “tu hai drammatizzato l’ostinazione eroica dell’uomo che pur di non cedere annichilisce se stesso e l’intera sua stirpe e addirittura la propria città. Hai dato un pessimo esempio ai politici ateniesi che hanno mandato in rovina Atene con la sciagurata spedizione in Sicilia.
Sofocle: io sono stato uno dei dieci probuli che in seguito a quel disastro hanno cercato di contrastare la piaga, la peste della demagogia.
Euripide: io prima di te ho denunciato l’opera deleteria dei demagoghi che assecondano gli umori della feccia che li porti arrivare al potere
Nell parodo della mia Ecuba il coro delle prigioniere troiane presenta Odisseo come "lo scaltro / furfante dal dolce eloquio, adulatore del popolo"(vv.131-132). Costui convince l'esercito a mettere a morte Polissena la principessa troiana. In questa tragedia Ulisse è un freddo politico per cui vale solo la ragion di stato che calpesta tante vite innocenti.
Nel primo episodio la vecchia regina esautorata, la madre dolente di Polissena, scaglia un’invettiva contro la genìa dannata dei demagoghi:"razza di ingrati è la vostra, di quanti cercate il favore popolare: non voglio che vi facciate conoscere da me: non vi curate di danneggiare gli amici, pur di dire qualche cosa per piacere alla folla. Ma quale trovata pensano di avere fatto con il votare la morte di questa ragazza? Forse il dovere li spinse a immolare un essere umano presso una tomba, dove sarebbe più giusto ammazzare un bue?(vv. 254-261).
Se fossi stato presente, sarei intervenuto dicendo che la vil razza dannata dei demagoghi è ancora oggi viva e sempre deleteria
Pesaro 18 agosto 2024 ore 11, 01 giovanni ghiselli
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