Argomento
La pazzia delle donne e degli uomini.
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Finita la cena, ci alzammo per avviarci verso le camere. Salimmo |
in silenzio le rampe comuni, finché arrivammo dove le strade |
nostre si dividevano:"Hic locus est, partis ubi se via findit in |
ambas"1 , pensai. Lì ci fermammo in silenzio. Aspettavo che |
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dicesse qualche parola di congedo come "buona notte". |
Ed ecco che invece mi chiese:"Vuoi che facciamo l'amore?" |
"Io sì – feci, dubbiosamente ma non spisacevolmente stupito –, e tu?" |
La fanciulla balzana, invece di rispondere si mise a fissarmi in |
silenzio. "Le orecchie, quantunque non sia una cavalla né una gatta, sono |
aguzze ", pensai, evitando di muovermi, come si deve fare con gli |
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animali bizzarri. Non volevo decidere io; ero quasi sicuro che se |
mi fossi incamminato da una parte o dall'altra, ella si sarebbe |
sdegnata; forse mi avrebbe dato un morso o un graffio. |
Nessuno dei due si spostava. Dopo un tempo non breve, |
Ifigenia disse:"Viemmi vicino: ho tanto bisogno di te, |
Gianni.". Mi avvicinai senza arrivare a toccarla. Mi abbracciò lei, |
poi mi baciò. Non trovò opposizione né una partecipazione |
totale. “Molte sono le persone inquietanti-pensavo- ma nessuna ha mai trasmesso tanto squilibrio alla mia vita|” |
Quindi affermò:"Il mondo è tanto cattivo, ma io ti amo davvero!". Pensai allo stereotipato “grazie davvero” delle persone ordinarie, per lo più ingrate.. |
Poi scostò il suo volto dal mio e riprese a fissarmi. |
"Facciamo finta di niente", pensai. A questo punto però sembrava |
auspicare e aspettare una proposta. |
Azzardai:"Vieni cocca, andiamo in camera mia". |
Non rispose; continuava a puntarmi con un’espressione diventata canina. Allora, con cautela, le presi la |
mano sinistra e sussurrai:"Vieni tesoro, andiamo". Poi cominciai a |
guidarla, a tirarla pianino pianino, facendo piccoli passi. Cercavo |
di comportarmi con fermezza, ma anche con tutti i riguardi di cui |
hanno bisogno tali creature che devono sempre fare scene o scenate..
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Ho imparato dalla coetanea Stefania. Una volta, nei primi anni |
settanta, quando non sapevo trattarla, diede in escandescenze in |
piazza Garibaldi, l'ombelico di Padova, soltanto perché le avevo |
detto che I diavoli, un film di Ken Russel, mi era piaciuto. |
"Sei un comunista e un brutto maiale!" gridò nell'agorà affollata, alle sette |
di sera. Poi mi colpì con un ombrello, in mezzo alla testa, |
facendomi male. Quindi fuggì, lasciandomi semi intontito in |
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1 Virgilio, Eneide, VI, 540. Questo è un luogo dove la via si scinde in due. |
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mezzo alla gente esterrefatta. |
Un’altra volta Stefania mi aggredì davanti a Ifigenia dicendo che ero il professore più sporco e cattivo della provincia di Padova. Poi se ne andò sbattendo la porta Ifigenia scoppiò a |
ridere per la commedia cui aveva assistito, come se tali follie |
non fossero state un pericolo serio anche per noi due. |
"Hai fatto finta di niente mentre la pazza infuriava, vero?", mi |
domandò. Le spiegai che con i matti bisogna mostrare una calma |
forte e sicura di sé. Ebbene questa necessità si presentava di nuovo |
a Moena, la sera dell'otto marzo del 1981, quando nella mia compagna |
vedevo covare una furia tempestosa, e facevo di tutto per evitare |
uno scontro. Pensavo che non fosse utile |
chiederle |
un chiarimento dei suoi stati d'animo, poiché |
probabilmente non ne aveva coscienza; del resto se pure l'avesse |
avuta non avrebbe saputo spiegarla, e anche se l' avesse saputo, |
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non lo avrebbe fatto, siccome non si fidava di me. Nemmeno di se |
stessa si fidava la disgraziata. Comunque facemmo l'amore tre |
volte, e abbastanza di gusto. Io l'avrei iterato ancora, poiché |
trovavo in qualche modo eccitante quell'intermittenza mentale, |
quel barbaglio lampeggiante della coscienza; ma la |
ragazza impazzì di nuovo, e questa volta troppo per |
proseguire. |
Dopo il terzo orgasmo sembrava allegra e compiaciuta; io già |
molto contento di quel risultato, quasi stropicciandomi le mani |
dalla contentezza, andai nel bagno a lavarmi, per continuare a |
battere il ferro caldo come si dice, ma quando, tre minuti più tardi, |
tornai nella stanza da letto, quella piangeva a dirotto. |
Le domandai:"Cosa c'è tesoro?". Non rispose. Le chiesi se potessi |
aiutarla. Disse che nessuno poteva fare nulla per lei, infelice, |
svuotata, forse anche malata nel corpo. |
"Ho capito: allora vestiamoci subito; ti accompagno in camera, |
così ti riposi", dissi con tono pacato, guardandola negli occhi |
senza ironia né incertezza. Con le donne in crisi è necessario |
comportarsi così; gli uomini che invece di prendere le briglie del |
cavallo pazzo si lasciano calpestare da quella bestia, oppure montano in furia, si |
meritano le zoccolate che ricevono in faccia. Credo che quanti e quante si lasciano trattare male dall’amante più di una volta ne siano complici. Ci metto pure me stesso. Se avessi una figlia intelligente colta e carina, la lepida moretta di cui sento la mancanza, le direi: “ al primo sgarbo che ti viene fatto, allontanati dicendo: questo riservalo ai tuoi simili: io non lo sopporto, non mi garba né punto né poco”. Credo che il destino non mi abbia dato una figlia perché l’avrei amata fin troppo, più di tutte le altre mie consanguinèe, più di ogni altra creatura al mondo. E’ andata bene così. Ancora una volta Amor Fati.
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Ifigenia saliva i gradini con passi di enorme stanchezza. |
Sembrava che andasse a morire. La salutai, poi tornai in camera |
mia, contento di dormire da solo. Ho cercato di dare l’impronta dell’eternamente umano a dei fatti personali, come faccio sempre del resto. Ifigenia come certi personaggi del mito, Eracle per esempio, era una figura ambigua che raccoglieva significati anche contrastanti: la ragazza romantica, la cinica arrivista, la donna dissoluta e sfrontata, la giovane timorata e altri ancora ma non voglio procedere con questa enumeratio caotica. Quella sera andai a dormire pensando che ero venuto a Moena con uno spettro agghindato in tante maniere piuttosto che in compagnia di una donna reale, in carne e ossa. Ifigenia era tutta esteriorità, una noce variopinta fuori come un arcobaleno e vuota dentro, priva di ogni sostanza . Provai compassione di lei ma sapevo di non potere aiutarla. Me ne aveva tolte le forze e la voglia
Pesaro 30 agosto 2024 ore 10, 39 giovanni ghiselli Sempre1614797 Oggi85 Ieri363 Questo mese10404 Il mese scorso11384
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