Argomenti L'uccello di fuoco. Il litigioso viaggio del ritorno a Bologna.
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Il 9 marzo del 1981 in mezzo a quei monti antropomorfi vicini al |
disgelo riuscimmo a fonderci ancora una volta con panica |
ebbrezza. In ogni muscolo ci fremeva una vita inimitabile. In quei momenti capivamo che quando non si godeva dell’amore, della salute e della gioventù eravamo in balìa di pregiudizi contrari alla felicità. Nessuna consolazione metafisica ci avrebbe compensato della rinuncia a questa gioia terrena.
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Allorché fummo sazi di baci e carezze, ci rivestimmo. Il sole |
intanto si era avvicinato alle montagne: molto più lunghe e fredde |
cadevano le ombre dai dossi rotondi e dalle rocce appuntite. |
Bisognava tornare verso la funivia prima che chiudessero le |
piste e fermassero gli impianti, lasciandoci in mezzo alla neve |
tutta la notte, quando sarebbe stato non piacevole bello e festoso, |
ma raccapricciante, forse anche letale rimanere distesi sotto il |
cielo, sia pure abbracciati e vestiti, guardando le stelle. |
Eravamo ancora contenti, anzi quasi felici. Ifigenia disse che |
l'amore fatto all'aperto era un segno di ritrovata intesa dopo due |
anni di smarrimento e confusione. Mentre tornavamo in paese con |
l'ultima corsa, tanto che la cabina pullulava di inservienti rubizzi e |
giulivi, osservavo il sole declinare tra le rupi aguzze: sembrava |
uno splendido uccello di fuoco calato sul nido di pietra dove aveva |
appoggiato gli artigli, mentre raccoglieva le ali e piegava il collo, |
arrotondando la forma dalle piume vermiglie. |
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Pensai a quante preghiere1 gli avevo rivolto dovunque l'avessi visto |
andare a dormire, quando si annidava tra i monti dopo un volo in
Nota |
1 “Nulla sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che’l |
sole. Lo sole tutte le cose col suo calore unifica” (Dante, Convivio, III, 12). |
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mezzo alla luce da lui stesso diffusa, o si tuffava come pesce nel mare, oppure si |
stendeva, come un vagabondo, in un giaciglio di foglie tra gli |
alberi delle colline, o scendeva su grandi pianure, in mezzo a |
corone di rondini e di nubi purpuree. Dovunque gli avevo rivolto |
preghiere, sempre |
esaudite |
se buone, poi |
gli |
avevo reso |
ringraziamenti pieni di riconoscenza amorosa, e lo feci anche quel |
giorno di marzo, poiché con la sua fiamma amorosa aveva |
ravvivato la fiaccola nostra, già vacillante, languida e vicina a |
morire. Ero riconoscente pure all’amante tornata docile e amorosa, siccome aveva |
assecondato i progetti del dio che da noi si aspettava le cose |
egregie cui ci aveva predestinati da sempre. Io avrei scritto un |
capolavoro, lei sarebbe diventata una grande attrice e ci saremmo |
amati per sempre. Glielo dissi e le feci piacere. Così, confidando |
in destini buoni, tornammo alla Campagnola e cenammo.
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Ma poco più tardi, viaggiando verso Bologna, l'accordo tra i |
demoni nostri si ruppe, senza una causa precisa; forse perché uno |
dei due non è buono, oppure perché sono cattivi entrambi, in |
maniera diversa per giunta; fatto sta che litigammo di nuovo, e i |
benefici di quel pomeriggio fatato andarono in fumo. Guidando |
pensavo alle prossime lezioni nella quarta ginnasio, non tanto intensamente |
invero; quindi, per necessaria compensazione, meditavo |
sull'opera letteraria che avrei iniziato presto: un dramma, o un |
romanzo con due amanti tragicamente travagliati e ostacolati da |
iniquità sociali, nevrosi e contraddizioni personali, ma alla fine |
trionfanti nel sole dell'Amore e della Giustizia. Mi compiacevo di |
tale disegno e di tanto ottimismo. Bisognava però trovare le forme |
e antivedere l'esito della nostra esperienza: in quale modo |
avremmo dovuto stimolarci noi due per arrivare allo scopo |
grandioso di spingere un popolo intero al bello morale? La buona |
ifigenia sonnecchiava |
sebbene |
non fosse |
tardi. Di sua |
iniziativa non diceva parola, e, quando le domandavo qualcosa, |
rispondeva, or sì or no, a monosillabi. Non si lasciava svegliare non si faceva coinvolgere, non mi voleva aiutare. Alla lunga mi diede fastidio, |
e un poco alla volta i sentimenti amorosi si dileguarono. Mi venne |
in mente un altro viaggio, fatto in tempi meno malsani: allora la |
ragazza mi aveva raccontato che sua madre, |
durante le ore di guida del marito sui lunghi percorsi autostradali, |
invece di aiutarlo a vincere il sonno nemico parlando con lui, |
dormiva, o fingeva di farlo, poiché voleva essere lasciata in pace. La ragazza seguiva il modello materno. |
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. La stessa scappatoia prendeva mia madre quando vedeva |
mio padre, vago di ciance, protendere un braccio in gesto |
elocutorio. Al pensiero che l’infelicità parentale si ripetesse tra |
noi, mi venne l'angoscia. Volli provare se questa fosse scaturita |
solo dagli antichi dolori miei, o se avesse una causa nella realtà |
che stavo vivendo. Domandai a bassa voce:"Dormi tesoro?" |
"No-rispose con aria stanchissima e pigra-, ma ho tanto sonno". |
"Ho sonno anche io-ribattei, quasi polemicamente-, ci facciamo |
compagnia per un poco?". |
"No: ho troppo sonno. Ti prego, lasciami dormire". Non le chiesi |
altro; avevo già provato a me stesso che la pena mia era stata |
causata dal solito suo atteggiamento parassitario: se eravamo |
entrambi assonnati, non capivo perché io dovessi tenermi sveglio da solo e lei, più giovane e fresca di me, potesse |
dormire, o fingere di dormire. La bella fanciulla, la necessaria |
Musa, davanti a me si toglieva ancora le mutande odorose, grazie |
a Dio, però con me non voleva parlare più, poiché non mi amava. |
Questo pensiero, dopo le radiose speranze del pomeriggio, mi |
rodeva di nuovo. |
"E' il suo egoismo colossale a guastarmi l'umore, a |
darmi l'angoscia, a corrompere ogni gioia mia che non condivide, |
come non vuole collaborare a niente di serio e impegnativo". |
Ero pieno di risentimento. Alla stazione Affi, lago di Garda sud , |
mi fermai per un caffé, senza invitarla. Quando fui tornato ed ebbi |
ripreso a guidare, Ifigenia doveva avere capito qualche cosa |
del mio stato d'animo, preoccupandosene, per sé naturalmente; |
fatto sta che alzò la testa e mi chiese:"Allora di cosa vuoi che |
parliamo?" |
"Del mio capolavoro", dissi con tono secco e astioso. Poi tacqui. |
Ma dopo qualche secondo, siccome la Musa nemica non sembrava |
intenzionata a fare altre domande, aggiunsi una provocazione che |
era anche una mezza dichiarazione di guerra. |
"Voglio scrivere un'opera d'arte sulla nostra storia; così quando |
sarà finita del tutto ne resterà il ricordo". |
A questo punto la ragazza si svegliò completamente e domandò |
irritata:" Ebbene? Che cosa posso fare per te?". |
Allora io, per bilanciare i toni della conversazione che speravo |
continuasse almeno fino a Mantova est, con voce addolcita |
risposi:"tu potresti leggere gli appunti che ho preso in questi ultimi mesi, |
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non sono molti, e sottolinearne, magari commentarne le parti |
degne di entrare, rielaborate, nel nostro capolavoro". Speravo in |
una risposta conciliante, invece avevo scatenato anche il |
risentimento suo, e il demone funesto della nostra competizione |
cattiva. Infatti rispose:"Se avrò tempo, li leggerò dopo gli esami. |
Fino a tutto luglio non posso: devo pensare ai compiti verso me |
stessa, prima di assecondare la tua volontà di successo". |
"Senti come ha imparato la parte della Nora di Ibsen ", pensai. |
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"Ho capito", risposi, e non le rivolsi più la parola. Mi ripugnava il |
parassitismo, il recitare evidente e continuo, la volontà di |
sfruttamento di quel rospo velenoso rivestito del corpo di Venere. |
Da me aveva appreso e preso tutto quanto le era stato possibile, e |
in cambio non voleva darmi più niente. Eppure anche dai suoi |
rifiuti potevo imparare, almeno finché la sofferenza del precipitare |
indietro non fosse diventata nient’altro che distruttiva . |
Allora mi sarei fatto lasciare e avrei cominciato a scrivere. |
Arrivati a Bologna, la scaricai davanti al cancello, senza aiutarla a |
portare i bagagli davanti alla porta del suo appartamento: la salutai |
freddamente dall'automobile. Imparare soffrendo, sì; ma farsi |
calpestare, no, nemmeno dall'aurea Afrodite. La odiavo. Tornai a |
casa mia dove sentii di essere del tutto solo nel mondo.
Pesaro 30 agosto 2024 ore 17, 59 giovanni ghiselli. All time1614901 Today189 Yesterday363 This month10508 Last month11384
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