NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 29 agosto 2024

La settimana bianca a Moena. Terza parte.


Argomenti

Il giorno di sole. La telefonata tragica. L’inquieta camminata  notturna attraverso la valle

Il giorno seguente, il cielo si mantenne sereno, sicché mi abbronzai e

divenni più bello. Quando il dio tramontò, alle cinque e tre quarti,

gli chiesi la forza di amare per sempre la mia compagna e la vita.

Ma quella sera stessa ci fu una telefonata tragica. La chiamai alla

solita ora. Mi sentivo in ottima forma: snellissimo e molto

abbronzato. Avevo anche studiato per un paio di ore.  Ero

contento. La solitudine di Moena era quasi finita: la sera seguente

sarebbe arrivata ella stessa –ea ipsa-  alla stazione di Trento. Sarei andato a

prenderla con la bianca Volkswagen. La sua presenza radiosa

avrebbe disperso la poca malinconia residua, come il sole, in una

mattina di marzo, a mano a mano che si alza nel cielo, dirada le

brume, scalda la terra, e celebra feste di luce.

Feci il numero. Rispose Ifigenia.

"Ciao amore, sono gianni. Allora tesoro, ci vediamo domani? Mi

manchi tanto".

"Anche tu mi manchi", ripeté. Senza il “tanto”, però. E subito dopo,

come se avesse deciso di darmi l'angoscia, oppure fosse stata costretta

da un demone  il  kako;~ daivmwn   avverso alla prosecuzione del nostro rapporto, un

fato contrario ai desideri consapevoli di tutti e due, un destino conscio forse

di scopi più alti, aggiunse:"Tra poco arriva da Manfredonia la terza


 

 

 

cugina. Così ci troviamo tutte a casa di Fiorella. Parleremo fino a

tardi. Domani andrò a pranzo da loro".

Sentii una stretta nel petto, mi irrigidii, e con voce turbata feci:"

Significa che non vieni più qui a Moena?"

"No gianni, non voglio dire questo", rispose allarmata, avendo

compreso o ricordato che non mi faceva bene sentire nominare

quelle sirene maligne.

"Allora che cosa vuoi dire? Perché cominci una telefonata che io

avevo iniziato pieno di ottima disposizione, parlandomi di persone

 che non c’entrano niente con me?

Sarebbe come se io, tutto contento, ti avessi detto: -Oggi ho

incontrato lo scemo del paese che mi ha proposto di ubriacarmi e

di andare in una bisca con lui-".

Desdemona cercò di rimediare l'errore con parole dolciastre e

compassionevoli che provocarono la crescita della mia ira.

"Dai, non fare così; non rovinare tutto! Io ho molta voglia di

vederti, di stare con te, di darti tantissimi baci! Hai capito tesoro?"

"Sì ho sentito e ho capito che lasci a malincuore quelle tue

meravigliose compagne, e che quando sarai qua, mi rinfaccerai

l'eroica rinuncia al piacere di andare in discoteca con loro, come

hai fatto la notte di Capodanno tra i monti di Bratto. Questa volta

però pensaci bene: se devi venire quassù a farmi il muso, a

rimpiangere Bologna, restaci!

Ti richiamo tra un'ora per domandarti se davvero vuoi venire da

me, o preferisci restare là dove sei".

A questo punto Ifigenia si offese a sua volta e passò al

contrattacco.

"Ho capito-disse-, ci penso. E tu telefona pure. Ma non qui a casa

mia, perché adesso esco. Vado da un’ amica. Se vuoi ti do il

numero".

"D'accordo, dammelo. Ti richiamo più tardi". Guardai l'orologio:

erano le otto e mezzo. "Verso le dieci".

Ci salutammo con rancore. Uscii per cercare conforto nel cielo

stellato. Ma sembrava gremito di faci maligne, accese dal re

dell'inferno. Avevo di nuovo l'inferno nel cuore.

"Possibile che quella enorme, eterna cretina non sappia dire una

parola senza darmi l'angoscia? Anche oggi che ero riuscito ad


 

 

 

armonizzare discretamente gli scombinati pezzi dell'anima mia, la

disgraziata ha voluto spezzare e confondere tutto di nuovo".

Ancora una volta facevo il cammino dagli ultimi alberi del bosco

orientale , ai primi larici e abeti della grande foresta che sale sul Latemar

orlando e coprendo di nero la parete occidentale della valle di

Fassa.

Rabbrividivo al gorgogliare dell'acqua che scorre in mezzo al

paese; mi spaventava il fruscio leggero di un'ala, come il cupo

ululato delle rabide cagne nelle tenebre cieche. Sentivo il

desiderio di tornare in albergo, di non fare alcuna telefonata alla

donna che aveva guastato il mio delicato accordo con me stesso e

con la sua vita.

Ma sì, che andasse pure a ballare nelle discoteche immonde con quelle

 della sua razza, con i tangheri più stupidi e oziosi; si

immergesse nella feccia dalla quale l'avevo elevata due anni

e mezzo prima, quando  era stanca

della sua vita balorda e mi aveva chiesto una mano per uscirne.

Invece ci stavo cadendo dentro anche io.

Senza di lei potevo trovare l'accordo con la santa natura, cercare

una donna di grande formato, una persona dai sentimenti nobili e

fini. Intanto avevo comunque l'amore della lettura che niente e

nessuno avrebbe potuto portarmi via.

Però, a pensarci bene, una volta che mi fossi trovato  nella sterilità

di un deserto affettivo, forse avrei perduto la forza di leggere i libri,

o per lo meno la capacità di impararli; la natura, quando non

nutrivo sentimenti amorosi mi sembrava avariata; tutte le donne

del mondo

non mi interessavano quanto quella ragazza che, se

non altro di aspetto, era tanto radiosa da illuminare anche me.

Era stato l'amore di Ifigenia, la supplente precaria, a rendermi variopinta la terra,

interessante e non coatto lo studio, prezioso il tempo, pulite le

stelle.

Mi aggrappai con tutte le forze a questo pensiero per tornare nello

stato di grazia della notte precedente: lo usai come un'arma per

combattere l'angoscia che contaminava le luci del cielo.

Mi dissi:"Oggi c'è stato un sole meraviglioso: la vita è prossima a

sbocciare e fiorire dovunque; tu sei in ottima forma; se la tua

compagna gradisce per qualche giorno la compagnia di quelle

ragazze disordinate, a te che cosa toglie? Che te ne importa?


 

 

 

Ifigenia ama te, non può amare che te. Un altro uomo della

tua, della sua levatura, poiché è inutile cercare di negarlo,

nemmeno lei è una persona comune, non lo trova da nessuna parte.

Avanti gianni, non temere le cagne rabbiose nell'ombra, né i singhiozzi

dell'acqua, né i fruscii dei cespugli, né i bisbigli dell'aria; a te non

vogliono fare alcun male: tu sei forte e fortunato; a te non

predicono cattiva ventura. Se  fossi debole, sventurato e cattivo, se

non ti spingesse un demone buono, non avresti ottenuto l'amore di

quella giovane splendidissima donna, né delle altre. Non sputare nel

piatto dove hai mangiato con tanto gusto! Ora cammina fino alla

malga, poi telefona alla tua necessaria compagna e dille che

venga, che l'aspetti, che l'ami, che hai fatto male a dubitare.

Chiedile scusa".

Così proseguii e giunsi sul limitare del bosco, avendo schivato

ancora una volta le  cagne inquietanti.

 

Pesaro 29 agosto 2024 ore  11, 37 giovanni ghiselli

p. s

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