Sofocle: “Sulla guerra non ho mai avuto dubbi”.
Gianni: “Citami alcuni versi con una chiara, ferma, efficace condanna dei conflitti”.
Sofocle: “parto dell’ Edipo re, la tragedia che dovrai tradurre e commentare per i tuoi allievi”.
Gianni: “ti ringrazio. Aiutami, caro maestro, indicandomi le tue espressioni più belle e significative, tali che colpiscano la sfera emotiva di quei ragazzi oltre quella mentale. Il mio scopo è farmi ascoltare con interesse. Vorrei fare una bella figura con loro: è necessaria per educarli.
Sofocle: “Certo, l’educazione è l’ l’obiettivo dei maestri e degli artisti.
Ascolta dunque: “il Coro nella parodo dell’Edipo re invoca gli dèi dell’ordine cosmico, dell’arte, del benessere e degli agoni ginnici- Zeus, Apollo, Minerva, Artemide-, mentre depreca, cioè prega che si allontani con una corsa retrograda, precipitosa, Ares il dio della guerra-to;n malerovn, il violento (190), to;n ajpovtimon ejn qeoi`~ qeovn, il dio disonorato tra gli dèi (215).
Devo avere proprio detestato la guerra per escludere dalla mia devozione e infamare il dio cui stanno a cuore i massacri.
Anche Eschilo lo ha fatto mentre Euripide è rimasto ambiguo su questo argomento.
Gianni: “Ricordami le posizioni di questi tuoi colleghi e rivali, ti prego.
Sofocle: Eschilo chiama Ares "oJ crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn"(Agamennone, v.437), il cambiavalute dei corpi, nel senso che la guerra trasforma gli uomini in cadaveri e arricchisce gli speculatori
Infatti, subito prima, il coro di 12 vecchi argivi nel primo stasimo di questa tragedia rappresentata nel 458 canta:
“ invece di uomini, urne e cenere ritornano alla casa di ciascuno.
Gianni: “ripetilo nella tua lingua che amo quasi quanto la mia , per favore
“ajnti; de; fwtw`n
teuvch kai; spodo;~ eij~
ejkavstou dovmo~ ajfiknei`tai”( vv. 434-436).
“Mi fai venire voglia di riprendere a studiare il greco sul serio: la lingua e la letteratura. Con versi come questi, che non conoscevo, posso dare un’educazione anche morale alle ragazze e ai ragazzi. La guerra è il primo fattore che danneggia, opprime e distrugge la vita ed è sempre incombente sull’umanità. Un pessimo possesso perenne, kavkiston kth`ma ej~ aieiv”.
Mi dicevi che Euripide su questo non è coerente
Sofocle: “ Infatti: nelle Troiane il collega esecra la distruzione di Troia, mentre alla fine della sua vita, nell’ Ifigenia in Aulide fa proclamare la guerra santa contro i Troiani dalla figlia di Agamennone. La sua primogenita Ifigenia deve sacrificare la propria vita se la flotta greca se il duce supremo vuole condurre la flotta contro Troia ”.
Gianni: mi piacerebbe sentire come si giustifica dice Euripide”.
Sofocle chiama il tragediografo più giovane, morto del resto un poco prima di lui. Entrambi sul finire del V secolo e dall’età d’oro della cultura ateniese
Arriva Euripide che saluta poi dice queste parole: “ho scritto le Troiane dopo l’orrendo massacro con tanto di stupri perpetrato dagli Ateniesi nostri concittadini nei confronti degli abitanti della piccola isola di Melo. Lo sdegno mi ha dettato i versi di questa tragedia rappresentata nel 415.
Nel prologo, appare il dio del mare Poseidone. Vi ricordo le sue prime parole:
Sono giunto qui, io Poseidone, lasciata la salsa
profondità Egea del mare dove danze di Nereidi
muovono in cerchio la bellissima ombra del piede” (vv. 1-3).
Il dio del mare conclude la propria parte del prologo con la denuncia e la condannna delle distruzioni belliche : “E’ stolto tra i mortali chi devasta le città,
consegnando al deserto templi e tombe, luoghi sacri
dei morti: egli stesso passato poco tempo è già morto” (93-96)
Tutti perdono le guerre, nessuno le vince.
Più avanti Cassandra la principessa invasata da Apolli dirà che i Greci vincitori sono o saranno colpiti dalla sventura più dei vinti.
Ricordo alcuni versi :
“Farò vedere che questa città è più felice 365
degli Achei, - sono posseduta dal dio, certo, ma tuttavia
per il tempo necessario starò fuori dal delirio.
Costoro per una sola donna e una sola Cipride,
mentre andavano a caccia di Elena, ammazzarono innumerevoli persone.
E il comandante, il saggio, per scopi più odiosi
mandò in rovina gli affetti più cari, sacrificando al fratello
le gioie domestiche dei figli per una donna,
per una consenziente e non rapita per forza questi obbrobri.
Quando poi giunsero alle rive dello Scamandro,
morivano, non perché privati dei confini della terra, 375
né della patria dalle alte torri. E quelli che Ares prendeva
non videro i figli, e non furono avvolti nei pepli
dalle mani della sposa, ma in terra straniera
giacciono. Gli eventi di casa loro poi accadevano simili a questi:
vedove morivano le donne, e gli uomini morivano senza figli nelle case
dopo avere allevato i figli per altri; né sulle tombe
di quelli c’è chi donerà sangue alla terra.
Davvero una spedizione degna di questo elogio!
Tacere i turpi misfatti è meglio, né la mia musa
Diventi la cantatrice che celebrerà i mali. 385
I Troiani invece, innanzi tutto, la gloria più bella,
morivano per la patria, e quelli che la lancia abbatteva,
portati morti nelle case dagli amici
nella materna terra nativa avevano l’ultima veste di zolle,
composti dalle mani di chi si doveva; 390.
e quanti non morivano in battaglia dei Frigi,
sempre, giorno per giorno abitavano con la sposa
e i figli le cui gioie erano lontane dagli Achei.
La sorte di Ettore poi, secondo te amara, senti come sta:
se ne è andato, morto, reputato l’uomo più valoroso,
e questo glielo procura la venuta degli Achei” (365-396)
Ghiselli: “Sto imparando molto da voi, amati maestri. Tu Euripide mi sei particolarmente caro siccome ho portato le tue Troiane all’esame di maturità, e altre sei tragedie tue a un esame universitario preparato con mesi di lavoro. Tra le altre l’Ifigenia in Aulide appunto.
Ti prego di ricordarmi i versi con i quali la figlia di Agamennone va incontro al proprio sacrificio entusiasta, e approva la guerra. Poi dimmi per quale ragione hai cambiato idea rispetto alle Troiane
Euripide: “Ti ricordo le parole dell’eroina : ‘divdwmi sw`ma toujmo;n J Ellavdi (1397), offro il mio corpo per l’Ellade, quvet j, ejkporqei`te[1] Troivan (Ifigenia in Aulide, 1398), sacrificate, distruggete Troia.
Questo sarà il mio monumento perenne, questi i figli, le nozze, la fama[2].
L’Ifigenia in Aulide , scritta negli ultimi mesi della mia vita , e rappresentata postuma, contiene un appello all’unità dei Greci e alla loro alleanza contro i nemici orientali :"è naturale che gli Elleni comandino sui barbari, e non i barbari, madre, sui Greci: loro infatti sono schiavi, noi liberi"[3], proclama la fanciulla ( vv. 1400-1401) dopo avere offerto la sua vita per la patria.
La corifea le dice che il suo comportamento è nobile, mentre è malato (nosei`, 1403) quello della tuvch e della dea Artemide[4] che esige sacrifici umani.
La ragione di questa mia approvazione della guerra è che negli anni intorno al 405 gli Spartani stavano sconfiggendo gli Ateniesi con l’aiuto del denaro persiano e con questo mio dramma attraverso Ifigenia chiamo a raccolta tutti i Greci contro il nemico storico dell’Ellade: i Troiani da combattere e vincere in questa tragedia prefigurano i Persiani che erano stati sconfitti più volte dagli Elleni ma alla fine della guerra del Peloponneso stavano prevalendo su di noi dopo avere comprato gli Spartani.
Nelle Troiane del 415 invece l’uccisione degli uomini e dei bambini e la deportazione delle donne rese schiave ricordava e malediceva l’orribile trattamento inflitto ai Meli degli Ateniesi ”.
Sofocle: “Come hai potuto contraddirti così? Nelle Troiane di dieci anni prima avevi fatto dire alla vedova di Ettore, Andromaca cui i Greci avevano ammazzato il figlio Astianatte ancora bambino:
O Greci inventori di barbari orrori,
perché ammazzate questo fanciullo che non ha nessuna colpa? 765
Euripide sono stati anni diversi con situazioni diverse come ti ho spiegato e ti ripeto: nelle Troiane alludevo all’eccidio di Melo, e condannavo un crimine commesso da noi Ateniesi, mentre nell’ Ifigenia in Aulide chiamavo a raccolta i Greci contro il rinnovato pericolo persiano.
Ghiselli “Mi è tornato in mente tutto caro Euripide, e sono deciso a riprendere lo studio delle tue tragedie con la massima lena. Durerò una fatica maggiore iniziandomi ai tuo drammi ottimo Sofocle, ma sarà una fatica santa, benedetta dai nostri dèi.
Pesaro 14 agosto 2024 ore 12
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[1] Ma cfr. Poseidone nel Prologo delle Troiane.
“E’ stolto tra i mortali chi devasta le città mw'ro" de; qnhtw' o{sti" ejkporqei' povlei",
consegnando al deserto templi e tombe, luoghi sacri 95
dei morti: egli stesso dopo è già morto”.
50Altrettanto Macaria negli Eraclidi: “tavd j ajnti; paidwn ejstiv moi keimhvlia (591), questi saranno i ricordi della mia vita invece dei figli.
[3] Demostene nella III Olintiaca (348, dove vuole convincere gli Ateniesi a soccorrere la città della Calcidica contro Filippo di Macedonia) scrive che una volta agli Ateniesi obbediva il re di Macedonia ed era giusto essendo un barbaro che obbedisse ai Greci (24)
[4] Cfr. Troiane 27 dove Poseidone dicer nosei` ta; tw`n qew`n , sono malate le faccende degli dèi.
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