NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 22 agosto 2024

Continua il dialogo tra Euripide e Sofocle sulla critica che li riguarda.


Euripide.

Hai detto che Nietzsche  è anche geniale quando scrive sulle nostre tragedie. Vediamo gli aspetti migliori della sua critica nei nostri confronti.

 

Sofocle

D’accordo.

 Quando, per esempio, mi confronta con Shakespeare il filosofo scrive

Il sale del discorso. Nessuno ha ancora spiegato perché gli scrittori greci abbiano fatto dei mezzi di espressione, di cui disponevano in quantità e forza sbalorditive, un uso così straordinariamente parco, che al paragone ogni libro posteriore ai Greci appare sgargiante, variopinto e sforzato (…) Lo stile sovraccarico . Lo stile sovraccarico in arte è la conseguenza di un i mpoverimento della forza di sintesi (…)

Così è per Shakespeare, che, paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro lavorato nel modo più nobile, tale da far dimenticare il suo valore come metallo”[1].

Oppure quando individua i diversi significati del personaggio Edipo nelle due tragedie che gli ho dedicato.

“L'eroe raggiunge appunto nell'attitudine puramente passiva la sua attività suprema, la quale continua ad agire molto al di là della sua stessa vita, mentre il cosciente tendere e sforzarsi della sua  vita precedente lo ha condotto solo alla passività"[2].

Euripide

Fammi capire meglio.

Sofocle

Nell’Edipo re il figlio di Laio l’uomo che errando ha trasgredito le leggi naturali e divine, e, pur senza volere, ha comunque inquinato la terra e il cielo di Tebe,  nell’Edipo a Colono invece  dopo avere sofferto tanto e capito, diventa il l’ eroe della passività che rivendica personalmente : “ ejpei; tav g j e[rga me-peponqovt j i[sqi ma`llon h] dedrakovta” (Edipo a Colono, 266-267), poiché, sappilo, le mie opere sono state piuttosto subite che fatte. Queste parole dice al Coro dei vecchi di Colono il mendicante assistito dalle figlie, il vagabondo  cieco che vede ascoltando le voci.

Di nuovo a proposito del rapporto tra me e Shakespeare, ti segnalo che Il lunatic king del drammaturgo inglese dirà, magari casualmente, parole similiI am a man/more sinned against than sinning” (King Lear, III, 2), io sono un uomo contro il quale si è peccato , più che un peccatore.

 

Euripide

Con me Nietzsche è stato più duro assimilandomi arbitrariamente a Socrate che  nacque almeno 10 anni dopo di me. Saremmo stati entrambi portatori di decadenza attraverso l’annientamento del mito, della musica, della tragedia. Senti che cosa ha scritto sul mio conto:

“Socrate, l’eroe dialettico del dramma platonico, ci ricorda la natura affine dell’eroe euripideo, che deve difendere le sue azioni con ragioni e controragioni, e che per questo rischia tanto spesso di non suscitare più la nostra compassione tragica”[3].

Del resto ripete quanto già detto  da Aristofane il quale nelle Rane  fa dire al coro soddisfatto per la vittoria di Eschilo su Euripide:

" bella cosa è dunque non stare seduto a chiacchierare con Socrate disprezzando la musica e trascurando la grandezza dell'arte tragica" (vv. 1492-1496).

 

 

Talora però  Nietzsche ha riconosciuto che ho avuto del coraggio con le mie innovazioni : “Nella chiusa comunità dei seguaci ateniesi d’Anassagora la mitologia del volgo era ancora consentita come un linguaggio simbolico; tutti i miti, tutti gli dèi, tutti gli eroi erano quivi considerati unicamente come geroglifici di un’interpretazione della natura, e persino l’epos omerico doveva essere il canto canonico dell’imperio del nus e delle battaglie e leggi della physis. Qualche voce di questa società d’eminenti spiriti liberi penetrò qua e là nel popolo; e particolarmente il grande e sempre ardimentoso Euripide, teso nei suoi pensieri al nuovo, osò far sentire in vari modi la sua parola attraverso la maschera tragica, dicendo cose che come frecce trapassavano i sensi della massa”[4]

 

Sofocle

Aristotele scrive: “ Sofocle diceva che rappresentava gli uomini come devono essere, Euripide come sono"(Poetica, 1460b, 34).

Invero io li rappresento spesso come non devono essere e perciò commettono errori. Alcuni si ravvedono come Edipo, altri come Creonte capiscono troppo tardi cioè dopo avere mandato in rovina tutti gli affetti.Tu che ne dici?

 

Euripide

Dico che i critici dovrebbero spiegare Sofocle con Sofocle, Euripide con Euripide cioè il poeta con le sue stesse parole prima di tutto. Poi magari notare analogie e differenze tra i massimi autori che trattano lo stesso tema.

E’ vero che i miei drammi sono dotati di un maggior realismo rispetto a quelli tuoi e alle tragedie di Eschilo, ed è pure vero che il mio stile è più naturalistico del vostro, che i cori sono meno densi di significati e meno ricchi di metafore, però non è vero che ho eliminato il mito; caso mai l’ho presentato con delle variazioni, ed è calunnioso attribuirmi il difetto di avere eliminato il grado eroico dell’esistenza umana. Anzi, la mia innovazione è stata quella di insignirne le donne. Alcesti, per esempio ma anche Medea che ha orrore della derisione,  e non vuole perdere l’onore, come Achille, come il tuo Aiace, come Alessandro Magno.

Le parole della mia Medea:

“ma che cosa mi succede? voglio espormi alla derisione

lasciando i miei nemici impuniti?

 Bisogna osare questo; che debolezza però la mia,

anche solo l’ammettere nell'anima parole tenere!” (1048-1051)

possono essere accostare al “non cederò” dell’Achille omerico[5], l’Achille cedere nescius di Orazio[6].

Durante la mia vita non ho avuto la tua fortuna di pubblico e di critica perché ho smontato diversi luoghi comuni diffusi dovunque.

 

Sofocle

Fammi degli esempi, poi ti ricorderò le mie posizioni contrarie a quanto si dice usualmente chiacchierando qua e là. Continua

 

Pesaro 22 agosto 2022 ore 10, 25 giovanni ghiselli.

 

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[1] F. Nietzsche, Umano, troppo umano, II, Opinioni e sentenza diverse (112, 117, 162).

[2] Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 67-

Giovanni Drogo in Il deserto dei Tartari di Buzzati  muore accettando il suo destino. Egli scopre"l'ultima sua porzione di stelle"(p.250) e sorride nella stanza di una locanda ignota, completamente solo, mangiato dal male,  accettando la più eroica delle morti, dopo avere sperato invano, per decenni, di battersi"sulla sommità delle mura, fra rombi e grida esaltanti, sotto un azzurro cielo di primavera". Invece il suo destino si compie al lume di una candela, dove"non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra i sorrisi di giovani donne. Non c'è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo".

Gli eroi della passività nella letteratura moderna dunque sono tanti, da Oblomov  di Goncarov, a Zeno  di Svevo per dire solo i più noti.

 

 

[3] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 14.

[4] F. Nietzsche La filosofia nell’età tragica dei Greci, del 1876, p. 109.  

 

[5] Iliade, XIX, 423.

[6] Achille non si lascia bloccare dalla profezia di sventura del cavallo fatato Xanto,  e gli risponde:"ouj lhvxw" (Iliade, XIX, v. 423) non cederò.

Quindi Orazio in Odi , I, 6, 5- 6:" gravem /Pelidae stomachum cedere nescii ", la funesta  ira di Achille incapace di cedere.  Della definizione oraziana dell'eroe si ricorda Leopardi nel Bruto Minore :" Guerra mortale, eterna, o fato indegno,/teco il prode guerreggia,/ di cedere inesperto"(vv. 38-40). Ma ora qualche cosa di più personale

 

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