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Il giorno seguente, martedì dieci marzo 1881, di mattina feci lezione |
senza potere impiegare, qualunque esse fossero, le capacità della |
mia mente. Perciò il pomeriggio, in casa da solo, avevo bisogno di |
riflettere. Indagare sul significato del rapporto con la bella ragazza |
che mi stava sfuggendo, era la mia attività mentale più viva. |
Sapevo che se volevo raccontare la nostra storia in maniera che |
diventasse degna di essere letta, dovevo allenarmi a coglierne |
giorno per giorno gli aspetti essenziali e universali. |
Se invece lo scopo era riconquistare l'amore della fanciulla, |
bisognava che comprendessi perché l'avevo perduta, e il mezzo |
migliore per arrivare all'intelligenza di tanti fatti contraddittori e |
confusi, era dare ordine al caos, trarre luce dal fumo1.
Del resto |
capire perché con Desdemona avessi fallito, sarebbe stata una |
necessità anche nel caso che avessi voluto cambiare compagna; e |
in ogni modo la comprensione degli errori fatti nell'opera |
educativa dove avevo impegnato tempo, energie, sentimenti, era |
indispensabile per la mia parte pubblica di professore. Quindi, sia |
per arrivare al capolavoro atteso da sempre, sia per ricominciare |
degnamente con Ifigenia, o, per iniziare |
ancora più |
degnamente con una non peggiore di lei, sia per educare gli |
adolescenti di buona natura, dovevo trovare la causa più vera della |
nostra degradazione amorosa e umana. Nota |
1 |
Cfr. Orazio, Ars poetica, v.143: "non fumum ex fulgore, sed ex fumo dare |
lucem/cogitat..", non pensa di trarre fumo dallo splendore, ma luce dal fumo. Il |
soggetto è Omero. |
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La ragazza talora incoraggiava il mio proposito artistico: quella sera, |
dopo avere letto gli appunti che avevo preso nei giorni di |
solitudine, disse |
che dovevo cominciare a comporre la grande opera letteraria, |
poiché il talento lo avevo, e il mancato successo del dramma non |
significava che alle mie parole mancasse una forza ricca e |
straordinaria 2. Una potenza che avrei dovuto disciplinare però, e |
incanalare in uno stile fluente come l'acqua di un fiume ampio e |
maestoso. |
Così credetti che il significato e la giustificazione |
dei dolori quasi continui dell'orrenda vacanza moenese, fosse |
proprio l'acquistata coscienza della necessità di scrivere presto. |
Pensavo di avere ancora bisogno della sua presenza. Temevo che |
se mi avesse lasciato troppo per tempo, sarei diventato un cesso di |
uomo: ingrassato, perduti o imbiancati i capelli neri, caduti o cariati i |
denti, avrei smesso di leggere, mi sarei ubriacato, e, briaco, sarei |
andato a ingiuriare le cattive signorine sul lungomare di Riccione3 ; insomma avrei ucciso le |
mie potenziali capacità di fare le cose egregie delle quali però |
sarebbe rimasto il desiderio tragicamente frustrato che mi avrebbe |
spinto ad ammazzarmi lanciando bestemmie inaudite. |
Era stata Ifigenia a evocare la parte migliore di me, e lei |
soltanto poteva portarmi al compimento di un'opera grande e |
meravigliosa. Certo, le mancavano la finezza, l'autenticità e la |
forza mentale che avrei voluto nella mia compagna di vita, però |
aveva determinazione per gli scopi che le stavano a cuore, e la mia |
realizzazione artistica poteva importarle assai, se non altro perché |
avrebbe procurato vantaggi pure a lei. Ma soprattutto era |
dotata dell'aurea bellezza, consolatrice di tutti gli affanni. Una sera, |
solo davanti al televisore nella cucina sconvolta, vidi la Loren |
giovane e mi sembrò che assomigliasse alla donna mia. Per tutto il |
tempo del film sentii la dolorosa mancanza della compagna |
precaria; quando fu finito, pregavo che mi telefonasse, come
Note |
2 |
Cfr. Shakespeare, The tempest:"But doth suffer a sea-change/into something |
rich and strange" (I,2), ma subisce un cambiamento marino/in qualche cosa di |
prezioso e raro.
|
3 |
Cfr. |
Aristofane, |
I Cavalieri |
, v. 1400: " |
mequvwn te tai'" povrnaisi |
loidorhvsetai |
", e ubriaco oltraggerà le puttane. Cfr. anche Cocotte di Gozzano. |
91 |
faceva solitamente dopo uno spettacolo visto da entrambi in luoghi |
diversi; infatti non mancò di chiamarmi, e mi rese felice. Le dissi |
che se mi avesse dato una mano sarei divenuto il più grande |
scrittore, non di tutti i tempi, poiché superare Dante, Virgilio, |
Platone, Sofocle, Omero, probabilmente non era alla portata mia, e |
Forse nemmeno il massimo autore del Novecento, siccome anche Joyce, Proust, |
Kafka, Hesse, Mann sono dei giganti; ma il migliore vivente sì |
per dio, mi era possibile, e lei di conseguenza poteva diventare la |
prima attrice del mondo. Ci ridemmo sopra, poi ci salutammo. Io |
credevo a quanto le avevo detto sia pure con tono scherzoso, |
poiché fa parte della mia autoeducazione prefissarmi mete alte, |
difficili, quasi impossibili, e cercare di raggiungerle usando tutte le |
forze; così andai a letto con le lacrime agli occhi pensando che lei |
aveva le qualità essenziali per farmi da Musa, Calliope o |
Melpomene4 ispiratrice di un capolavoro che avrebbe fatto epoca e |
rieducato il meglio dell'umanità. |
Non sapevo che il 15 di quello stesso mese di marzo |
mi avrebbe lasciato una prima volta, e il 13 giugno una seconda, in |
modo pressocché irreparabile, tanto da indurmi a considerarla |
perduta, a chiudermi in casa e a sposare me stesso per dare alla |
luce il mio romanzo nella solitudine immensa e spaventosa di un |
anno pur confortato dalle rare, preziosissime visite sue, e dalla |
coscienza di mettere al mondo qualche cosa di bello, di utile per |
quanti mi leggeranno in futuro. Allora non potevo contare |
il tempo che ci sarebbe voluto per scriverlo altre volte, |
correggerlo, limarlo, dargli la mano estrema. Spero di non |
scoraggiarmi e di non morire nel darlo alla luce, quando |
sarò un primiparo annoso. Oggi invero mi avvicino al compimento dell’ottantesimo anno e ancora non ho terminato il mo compito. |
L'11 marzo, dopo la scuola, tutto il pomeriggio e la sera pensai. |
Volevo capire meglio perché fosse finito l'amore per la creatura |
che con il profumo e la luce dei suoi venticinque anni mi aveva |
rivitalizzato, imbellito, bonificato dai piedi alla testa. Avevo |
assorbito la vitalità della sua gioventù, ma lei, come persona, |
non l'avevo amata: mai mi ero preso cura di Ifigenia in sé, dei |
4 |
La prima è la Musa della poesia epica, quindi anche del romanzo che Hegel |
nell'Estetica definisce "la moderna epopea borghese"(trad. it. Feltrinelli, Milano, |
1978, p.1447); la seconda è l'ispiratrice dei tragediografi. |
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suoi pensieri e sentimenti; e quando diede segni di declino vitale |
appoggiandosi pesantemente sulle mie spalle, quando perse le ali |
da giovane Nike 5 divenendo una pesante e triste schiava, quando |
la sua carne squillante smise di lievitare6
|
e perse fragranza, io |
smarrii gran parte dell'interesse, quasi tutto materiale che avevo |
provato per lei. Eppure non era soltanto materia quella ragazza. |
Anch'ella del resto aveva considerato più il mio presunto talento di |
educatore, o addirittura il mio momentaneo successo di professore |
al liceo, che la mia persona e la mia umanità. Nell'autunno del |
1978 |
, quando mi corse dietro nei tetri corridoi del Minghetti era |
una supplente insicura, bella quanto si vuole, ma insicura di tutto, e piuttosto |
emarginata da |
quell'ambiente borghese per il suo stato di |
proletaria, oltretutto immigrata da un paesello sperduto tra i monti molisani; io ero un insegnante |
considerato ottimo dagli studenti migliori; anzi, c'era una classe |
intera, una terza, che lottava a spada tratta, con fragore, contro il |
preside Tanghero e i professori più retrivi per essere preparata da |
me, in vista dell'esame di maturità, e non solo di quello. Ebbene |
tale prestigio, qualunque esso fosse, affascinò Ifigenia: anche |
lei voleva mettersi in mostra, acquistare rinomanza, in un |
ambiente dove le ragazze belle non erano poche, gli insegnanti |
bravi pochissimi; quindi divenire l'amante di un professore quotato le |
sembrò un ottimo mezzo per raggiungere lo scopo di essere considerata importante. Era fiera di |
farsi vedere con me, tutta contenta quando poteva ostentare la |
nostra relazione. Ma quando fui confinato al ginnasio, subii un |
calo abissale nella quotazione della città intera, e nello stesso |
tempo sentii scemare il mio entusiasmo di professore; Ifigenia |
cessò di ammirarmi, e non mi |
sostenne, anzi mi |
umiliò |
ulteriormente innamorandosi del maestro di danza. Questo non fu |
nobile da parte sua; comunque non mi assolveva dal crimine |
perpetrato da me quando, dopo avere tratto piacere dal corpo della |
splendidissima giovane, me ne ero saziato e avevo manifestato Note |
5 |
Vittoria |
6 |
Cfr. M. Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, trad. it. Einaudi, Torino, 1978, |
p.510. |
|
disinteresse per lei, rendendola triste, opaca, oscura. Questo non |
era avvenuto tanto per malvagità, quanto per debolezza e stupidità: |
la parte buona e presente, l'acropoli dell'anima mia, aveva ceduto |
all'assalto dei mostri antichi, ma sempre vivi e feroci dentro di me: |
il materialismo e il clericalismo pseudo cristiano, vizi pessimi, |
diversi e contrapposti in apparenza, di fatto simili, come lo spreco, l’avidità e |
l'avarizia7. Mi avevano attaccato e sconfitto nell'autunno del 1979, |
quando, tornato da Debrecen, mi trovai solo a combattere contro la |
loro forza retrograda e preponderante. Con quella guerra avevo |
perduto la bella ragazza già smarrita durante l'estate. Forse avrei |
potuto ritrovarla quale |
donna |
dopo |
che avesse fatto altre |
esperienze, assai peggiori di quella con me. Come giovane donna |
luminosa e innamorata dovevo recuperarla e renderla eterna |
attraverso un romanzo che le innalzasse un monumento più |
duraturo del bronzo8, un tempio pieno di luce con un altare di mito |
e poesia, e ve la ponesse al di sopra delle brame sudicie, fuori dal |
conteggiare meschino, al riparo dalle offese del tempo, al sicuro |
dal colpo finale che risparmia solo i creatori e le creature dell'arte.
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Il 12 marzo, dopo la scuola, studiai e meditai ancora, senza |
ricevere una telefonata dalla ragazza cui erano rivolte le mie |
riflessioni. |
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Soffrivo, ma sentivo quel dolore come provvidenziale in quanto |
già mi insegnava molto, poi, accumulandosi, aggravandosi e |
opprimendomi, spingendomi sempre più in basso sotto il suo peso, |
mi avrebbe costretto a scrivere un'opera dalla quale soltanto avrei |
potuto ricavare l'immenso compiacimento di me, necessario per |
risollevarmi da una depressione tanto schiacciante. Andai a letto |
dopo una giornata di massacro mentale che tuttavia non esecravo: |
sapevo che quello strazio mi era necessario tutto, anzi, ce ne Note |
7 |
Cfr. Sallustio, Bellum Catilinae :"Incitabant praeterea corrupti civitatis mores, |
quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia, vexabant ", 5, , lo |
(Catilina) aizzavano per giunta i costumi corrotti della città, tormentati da vizi |
pessimi e opposti tra loro: il lusso e l'avarizia. |
8 |
Cfr. Orazio, Carmi, III, 30, 1:"Exegi momumentum aere perennius", ho |
costruito un momumento più duraturo del bronzo. |
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voleva dell'altro per arrivare a decidere di fare qualsiasi sacrificio |
onde salvarmi la vita. Pesaro 31 agosto 2024 ore 16, 59 giovanni ghiselli
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