Plutarco (Vita, 76) scrive che il 18 di Daisio (maggio giugno corrisponde al mese attico di Targelione) Alessandro dormiva nella stanza da bagno dia; to; purevxai poiché era febbricitante. Il giorno dopo rimase nella camera da letto (eij" to;n qavlamon) e passava il giorno con Medio giocando a dadi (kubeuvwn). Più tardi lavatosi, fatti dei sacrifici agli dèi, e preso del cibo (ejmfagwvn), si coricò e di notte ebbe la febbre (dia; nukto;" ejpuvrxe). Il 20 fece il bagno e il consueto sacrificio, poi ascoltò Nearco che gli faceva relazioni sulla navigazione. Il 21 la febbre salì (ma'llon ajneflevcqh- era più che mai infiammato ajnaflevgw). Il giorno dopo stava male e aveva la febbre alta (ejpuvrette sfovdra).
La febbre non scendeva (oJ de; pureto;" oujk ajnh'ken), finché perse la voce h\n a[fwno". Il 26 i Macedoni ad uno ad uno vestiti di una sola tunica sfilarono presso il suo letto (para, h;n klivnhn parexh'lqon). Il 28 sera morì.
Plutarco nelle Questioni Conviviali cita i Diari dove è scritto più volte che Alessandro passò la giornata a dormire dopo avere bevuto e talvolta anche il giorno seguente
Ateneo di Naucrati (II-III sec) nei Sofisti a banchetto (X, 434) scrive che Alessandro beveva moltissimo e spesso per l’ubriachezza dormiva di seguito due giorni e due notti. E’ scritto nei Diari che composero Eumene di Cardia e Diodoto di Eritre
Claudio Eliano (170-235) nato a Preneste, scrisse in greco Sulla natura degli animali e la Storia miscellanea di cui abbiamo un compendio dove cita confusamente i Diari.
Le lettere
Plutarco ne riporta diverse. In una rimprovera Aristotele perché ha pubblicato le opere acroamatiche (destinate all’ascolto –ajkroavomai, ascolto) che Alessandro voleva riservate solo alla sua crescita culturale. Vorrei distinguermi diafevrein più per le cognizioni derivate dall’esperinza (ejmpeirivai") che per la potenza ( tai'" dunavmesi, Vita, 7, 7)
La lettera di risposta a Dario che dopo Isso proponeva la pace è un manifesto politico di Al che si definisce il signore di tutta l’Asia ( Arriano, Anabasi di Alessandro, II 14 ejmou' th'" j Asiv" aJpavsh" kurivou o[nto")
Io sono passato in Asia volendo punire i Persiani e ottenere vendetta timwrhvsaqai boulovmeno~ Pevrsa" dievbhn ej" th;n jAsivan, in quanto avete cominciato voi, ujparxavntwn uJmw'n.
In una seconda lettera Dario offriva ad Al il suo impero fino all’Eufrate ma Al rifiutò di nuovo (Plutarco, Vita, 29, 7)
Gellio ricorda che Al aveva iniziato un lettera alla madre qualificandosi come rex Alexander Iovis Hammonis filius. Olimpiade rispose che lo pregava di non incolparla di fronte alla gelosa Giunone: malum mihi prorsum illa magnum dabit cum tu me litteris tuis paelicem esse illi confiteris” Notti attiche, XIII, 4) mi farà proprio del male dal momento che tu nelle tue lettere ammetti che io sono la ganza di Giove
Abbiamo notizia di 4 lettere scritte dopo la visita al tempio di Zeus-Ammone. Curzio Rufo scrive che Al informò con una lettera Filota che era stato riconosciuto come eroe semidio, e Filota ebbe l’impudenza di rispondergli: che si congratulava ceterum misereri eorum quibus vivendum esset sub eo qui modum hominis excederet (Storia di Alessandro, VI, 9, 18) ma commiserava coloro che avrebbero dovuto vivere sotto un monarca che trascendeva la vita umana.
Del 327 è la congiura dei paggi, i giovani educati a corte che accompagnavano sempre il re. L’iniziativa era di Ermolao.
Alessandro in una prima lettera scrive che i giovani non avevano fatto il nome di Callistene nemmeno sotto tortura, ma in una seconda ad Antipatro scrive: io punirò il sofista e coloro che lo hanno mandato” alludendo ad Aristotele. Callistene era figlio di una cugina di Aristotele. Alessandro chi gli aveva chiesto come si poteva diventare ejndoxovtato", famosissimo, rispose a]n ajpokteivnh/ to,n ejndoxovtaton ( Plutarco, Vita, 55, 4) se ammazzi il più famoso. Inoltre Callistene si era rifiutato di prostrasi.
Alessandro scrisse a Parmenione di giustiziare due Macedoni che avevano violentato le mogli di alcuni mercenari. Dovevano ucciderli wJ" qhriva ejpi; katafqora'/ tw'n ajnqrwvpwn gegonovta (Plutarco, Vita, 22, 5), in quanto bestie nate per la rovina degli esseri umani
Poi aggiunse che lui non aveva mai guardato la moglie di Dario e di non avere nemmeno mai ascoltato chi voleva celebrarne la bellezza. Diceva che i segni della mortalità erano dormire e avere rapporti sessuali kaqeuvdein kai; sunousiavzein ( 22, 6), poiché da una sola debolezza derivano alla natura umana to; ponou'n kai; to; hjdovmenon, la fatica e il piacere. Era anche controllatissimo nel cibo
Quando Ada che egli aveva nominato regina di Caria gli mandò dolci, cibi e cuochi, rispose che cuochi migliori gli aveva dato il pedagogo Leonida: per colazione (pro;" to; a[riston -h\ri ejsqivw) una marcia notturna (nuktoporivan) e per la cena (pro;" de; to; dei'pnon) ojligaristivan, una colazione scarsa (22, 9)
Cicerone nelle Tusculanae scrive che i desideri necessari si possono soddisfare quasi con nulla (satiari posse paene nihilo-divitias enim naturae esse parabiles)
I desideri naturali non è difficile soddisfarli né farne a meno.
Quelli non naturali né necessari sono inanes, vuoti e non hanno niente in comune con la necessità né con la natura.
Dario in fuga bevve acqua inquinata da cadaveri e disse di non aver trovato mai bevanda più piacevole: numquam videlicet sitiens biberat (V, 34, 97).
Socrate passeggiava di buona lena (contentius) fino a sera usque ad vesperum e diceva “se, quo melius cenaret , obsonare ambulando famem”, che per cenare meglio si procurava l’appetito passeggiando (Cicerone, Tusculanae, V, 34, 97) .
Un altro esempio: Dionisyus I a Sparta disse che il brodo nero (ius nigrum) il piatto principale, non gli era piaciuto.
“Negavit se iure illo nigro, quod cenae caput erat, delectatum” (V, 34, 98)
Era il famigerato zwmo;~ mevla~ degli Spartani (cfr. Plutarco, Vita di Licurgo, 12, 12)
Tum is qui coxerat: “ Minime mirum; condimenta enim defuerunt”
Allora il cuoco disse che non c’era nulla di strano poiché mancava il condimento.
Quae tandem? –inquit ille Quale mai domandò Dionisio.
Labor in venatu, sudor, cursus ad Eurotam, fames, sitis; his enim rebus Lacedaemoniorum epulae condiuntur” (34, 98), la fatica nella caccia, il sudore, la corsa lungo l’Eurota, la fame, la sete: infatti con questi ingredienti si condiscono le cene degli Spartani.
Me ne sono convinto: sebbene raffreddato, andrò a correre prima di cena. Magiare senza fame infatti è ybris.
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