Arriano. Al. navigò lungo l’Idraote e l’Idaspe-Acesine fino alla confluenza con l’Indo dove finisce anche l’Ifasi.
A. si fermò alla confluenza tra l’Acesine e l’Indo dove lo raggiunse con l’esercito Perdicca (6, 15, 19. Scendendo lungo l’Indo sottomise altri Indiani che vennero tutti piegati alla sua volontà, da lui stesso e dalla sua buona fortuna (6, 16, 2).
Curzio. Tolomeo fu ferito da una freccia avvelenata e Al. era molto preoccupato: forse erano fratellastri: Tolomeo infatti era figlio di una concubina di Filippo (9, 8, 22). Gli eredi più tenaci dell’impero di alessandro spezzettato tra i suoi epigoni sono stati i Tolomei dal primo a Cleopatra.
Elogio di Tolomeo: “corporis custos, promptissimusque bellator et pacis artibus quam militiae maior et clarior” (23), guardia del corpo, combattente sudacissimo, più grande e illustre nelle arti della pace che in quelle della guerra non fastoso, generoso, non sprezzante. Lo amava Al. e anche la gente comune. Tale elogio di Tolomeo si trova anche in Diodoro (17, 103) e potrebbe essere derivato da Clitarco di Alessandria che scrisse una storia di Al., compendiata da Diodoro, sotto il re Tolomeo II Filadelfo il figlio del capostipite.
Al. volle riposare in un letto messo accanto a quello dell’amico ferito. Sognò un drago con in bocca un’erba che doveva essere l’antidoto. L’erba fu trovata, applicata alla ferita, e Tolomeo guarì. Al. si impadronì della città dei Patali.
Diodoro sostiene che Patala aveva un regime politico simile a quello di Sparta (17, 104). La fonte dovrebbe essere Onesicrito il capotimoniere che scrivendo la storia di Al. confrontava le costituzioni delle città conquistate con quelle delle povlei" greche.
Arriano. Una città si era ribellata e Al. fece ammazzare i Bramani responsabili. Sulla loro saggezza, se pure c’è, dirò ejn th`/ jIndikh/` (6, 16, 16). Musicano, re della regione più prospera dell’India, si ribellò. Al. lo fece impiccare con i Bramani causa della ribellione. Il governatore di Pattala (Pakistan) che è il Devlta dell’Indo gli consegnò il territorio. Ma poi scappò e Al. a Pattala trovò il territorio deserto (6, 17, 5). Però poi gli Indiani, rassicurati, rientrarono.
Curzio. Al. navigava in un fiume sconosciuto “Unum erat temeritatis solacium perpetua felicitas” (9, 9, 2), il favore continuo della fortuna.
Arriano. Al. navigava lungo il braccio destro del fiume verso il mare. Ci fu prima una tempesta poi la bassa marea hJ a[mpwti~ (6, 19, 1) e le navi rimasero in secco. L’alta marea alcune le sollevò dalla melma, altre le spaccò.
Curzio in 9, 9 descrive maree spaventose e perniciose
Arriano. Poi Al. navigò in mare aperto immolò tori dei Poseidone e gettò in mare coppe e crateri d’oro caristhvria (6, 19, 5), come sacrifici di ringraziamento. Chiese salvezza per la flotta di Nearco che doveva navigare fino alle foci dei fiumi mesopotamici. Tornò a Pattala i{naper ejscivzeto oJ potamo;~ oJ jIndo~ (6, 20, 1) dove il fiume si divideva, e scese al mare sull’altra bocca dell’Indo. Da quella parte trovò una grande palude (livmnh) o lago.
Diodoro (III, 47, 9) dice che A. fondò Potana sulla foce fiume Indo per avere una stazione navale sull’Oceano. Potrebbe essere situata vicino a Pattala ed esserle stata omonima o quasi.
Ammiraglio della flotta, navarco (hJgemwvn) era Nearco; mentre pilota della nave di Al. Onesicrito arcikubernhvth~ [1] il quale nella sua opera su Al. mentì scrivendo di essere navarco. Onesicrito compose l’Educazione di Alessandro
Diogene Laerzio ricorda che Onesicrito, discepolo di Diogene, scrisse le lodi di Al. come Senofonte quelle di Ciro. (Vite dei filosofi, VI, 84). Onesicrito presentava Al. come il monarca ideale senofonteo che realizzava le aspirazioni cosmopolitiche dei cinici.
Leopardi scrive: “Meno male Onesicrito, in quello che scrisse d’Alessandro a imitaz. pure di Senofonte. Perché egli fu compagno di Alessandro nella sua spedizione, come Senofonte di Ciro. V. il Laerz. 1. 6.in Onesicrito” (Zibaldone, 468).
Luciano racconta che Al. disse a Onesicrito : vorrei tornare dopo morto in vita per sentire come i posteri leggeranno gli avvenimenti di oggi. Oggi tutti mi adulano per attirare la mia benevolenza con questa piccola esca. La storia ha respinto gli adulatori, non meno di come ha fatto la ginnastica con la cosmesi (Come si deve scrivere la storia, 25, 40)
Nella Storia vera Luciano si inventa che Radamanto nell’isola dei Beati assegnò la proedria ad Al. rispetto ad Annibale (27, 9).
Arriano. Nearco capo della flotta aspettava i venti propizi, Al. procedeva con l’esercito lungo la costa verso il fiume Arabio. Poi passava per il territorio degli Oriti e dei Gedrosi in una terra per lo più desertica. I Fenici che seguivano l’esercito per il commercio, traevano il succo da alberi di mirra più grossi che altrove, poi raccoglievano la radice di nardo per il profumo (6, 22, 4). La terra dei Gedrosi era in gran parte desertica; sulla costa c’erano capanne soffocanti di pescatori fatte di conchiglie “stevghn de; ei\nai aujtai`~ ajkavnqa~ tw`n ijcquvwn”(6, 23, 3), il loro tetto era di lische di pesce.
Curzio Rufo racconta grandi sofferenze: fame e peste (9, 10, 13).
Arriano. Al. giunse a Pura (Gedrosia) tra mille difficoltà. Lo fece per spirito di emulazione (e[ri~, 6, 24, 3) verso Semiramide e Ciro che avevano perso gli eserciti. La sua vita è comunque e sempre agonistica.
La calura bruciante (kau`ma ejpivflegon) e la mancanza d’acqua (tou` u{dato~ hJ ajporiva) annientarono gran parte dell’esercito. Affamati mangiavano le bestie da soma dicendo che erano morte da sole. Al. fingeva di non sapere la verità. Vedeva che il rimedio era fare finta di non sapere: “ th;n th'~ ajgnoiva~ prospoihvsin” (6, 25, 2) piuttosto che il permesso (ejpicwvresin) accordato nella consapevolezza del fatto.
Anche comandare è recitare.
Molti restavano indietro e morivano nella sabbia come cadendo in mare w{sper ejn pelavgei ejkpesovnte~ (3). Un’altra sciagura capitò per una inondazione che trascinò via alcuni. Molti morirono pro;~ aujtou` tou` ajpauvstou potou` (6, 25, 6) per il bere incessante. Al. nella calura guidava le truppe a piedi: così anche gli altri soldati sopportavano più lievemente le fatiche ejn ijsovthti th'~ talaiporhvsew~ (6, 26, 2) a parità di sofferenza.
Una volta che gli portarono l’acqua in un elmo, la versò sotto gli occhi di tutti: in seguito l’esercito si rinfrancò come se tutti avessero bevuto quell’acqua versata. Arriano elogia questo atto eij~ karterivan te kai; a{ma strathgivan (6, 26, 3), sia per capacità di resistere, sia per quella di comandare.
Secondo Curzio la penuria fu sofferta nel territorio degli Arabiti, mentre la fame cessò quando arrivarono in Cedrosia (9, 10, 18) dove abbonda ogni genere di prodotto.
Arriano. Dopo la Gedrosia (Belucistan, tra Pakistan e Iran), la Carmania (Iran).
In Carmania arrivò Cratero con il resto dell’esercito e i colleghi-carnefici di Parmenione comandanti delle truppe della Media, Cleandro e Sitalce, che furono giustiziati poiché accusati da soldati e sudditi di rapine e ingiustizie. Questo fare giustizia soprattutto katevscen ejn kovsmw/ tenne in ordine i popoli : “o{ti oujk ejxh`n uJpo; th`/ jAlexavndrou basileiva/ ajdikei`sqai tou;~ ajrcomevnou~ uJpo; tw`n ajrcovntwn” (6, 27, 5), sotto il regno di Alessandro non era possibile che i sudditi subissero torti dai governanti.
Arriano nega che Al. si sia dato ai baccanali imitando Dioniso mentre attraversava la Carmania, né lo raccontano Tolomeo o Aristobulo; semplicemente organizzò una gara musicale e ginnica.
Plutarco invece racconta che la regione dei Carmani fu attraversata da Al. in processione bacchica kwvmw/ crwvmeno~ (Vita, 67). Otto cavalli tiravano una piattaforma dove il re con gli amici banchettava continuamente notte e giorno. Seguivano altri carri di varie fogge con gli ufficiali che banchettavano. Le armi erano scomparse, i soldati seguivano a piedi bevendo vino attinto da grandi otri e crateri. Poi molta musica di zufoli (surivggwn), di flauti (aujlw'n) e canti e danze e grida bacchiche di donne. Alla confusione di quella marcia si accompagnava kai; paidia; bakcikh'~ u{brew~ (67, 6), lo scherzo della sfrenatezza bacchica, come se il dio fosse presente.
"I Greci avevano diagnosticato la predisposizione verso la hybris, termine che significa dismisura demenziale", sostiene Morin[2]. E’ questo il caso.
Curzio invece descrive la festa bacchica che espose i gozzovigliatori (septem dierum crapulā graves, 9, 10, 27) ai nemici i quali però non ne approfittarono. La fortuna che attribuisce fama e valore agli avvenimenti volse in gloria anche questa ignominia dell’esercito: “hoc quoque militiae probrum vertit in gloriam” (28). Poi Al. fece giustiziare il satrapo della Carmania suspectus res novare voluisse, dum in India rex est (9, 10, 21), sospettato di avere tentato una rivolta mentre Al. era in India. Il re prese tempo poi lo fece ammazzare. “adeo nec luxuriae quicquam crudelitas nec crudelitati luxuria obstat” (9, 10, 29), crudeltà e dissolutezza non si escludono.
Poi è la volta degli assassini di Parmenione, Clearco, Sitalce, Eracone, Agatone. Curzio racconta che Al. considerò maximum crimen degli assassini di Parmenione la desperationem salutis suae (10, 1, 7), poiché se avessero saputo che egli sarebbe tornato dall’India non avrebbero osato le violenze e gli stupri. L’esercito li odiava per l’assassinio di Parmenione: “laeti recidisse iram in irae ministros” (10, 1, 6).
Alessandro non solo è un eroe spericolato ma anche un politico accorto, machiavellico ante Machiavelli.
Lo stesso fece il Valentino di Machiavelli con “messer Remirro de Orco, uomo crudele et espedito, al quale dette pienissima potestà…E perché conosceva le rigorosità passate averli generato qualche odio, per purgare li animi di quelli populi e guadagnarseli in tutto, volle mostrare che, se crudeltà alcuna era seguita, non era nata da lui, ma dalla acerba natura del ministro. E, presa sopr’a a questo occasione, lo fece mettere una mattina, a Cesena, in dua pezzi, in sulla piazza, con un pezzo di legno et uno coltello sanguinoso a canto. La ferocità del quale spettaculo fece quelli populi in uno tempo rimanere satisfatti e stupiti” (Il Principe, 7, 8).
Plutarco, dopo avere raccontato la storia di Callistene, afferma che Al. era fobero;~ kai; ajparaivthto~ kolasth;~ tw'n plhmmelouvntwn (57, 3), spaventoso e implacabile punitore di chi commetteva errori (plhmmelhv~ chi stona suonano o cantando plhvn mevlo~, fuori tono).
Approdò anche Nearco. Quindi ripartì per la foce del Tigri.
Arriano annuncia il racconto della navigazione che farà in un prossimo libro se lo sosterranno la volontà e la sorte (6, 28, 5).
Curzio. Nearco raccontò di animali mostruosi e di altre meraviglie. Allora rex cognoscendi plură cupidine accensus (10, 1, 16), gli ordinò di proseguire fino alla foce dell’Eufrate. In questo desiderio Al. è più simile a Odisseo sapientiae cupidus che ad Achille . Le Sirene: “ scientiam pollicentur quam non erat mirum sapientiae cupĭdo, patriā esse cariorem”[3] Al. aveva progetti sconfinati e voleva procedere verso l’Africa Carthagini infensus (17), ostile a Cartagine, poi la Spagna e l’Italia, unde in Epirum brevis cursus est (18).
Arriano. Quindi Al. proseguì per Parsagarde (poco oltre Persepoli) dove soffrì per la profanazione della tomba di Ciro il fondatore dell’impero figlio di Cambise e Mandae, e la fece restaurare fece restaurare. C’era scritto: o uomo, io sono Ciro, figlio di Cambise, che ha fondato l’impero persiano e ha regnato sull’Asia. : “Mh; ou\n fqonhvsh/~ moi tou` mnhvmato~” (6, 29, 8), non invidiarmi dunque il monumento funebre.
Plutarco racconta che, tornato in Persia, Al. fece distribuire del denaro alle donne. Un uso inaugurato da Ciro il Vecchio quando le donne dei Persiani fermarono i loro uomini in fuga dall’esercito di Astiage.
Per grettezza dia; mikrologivan (Vita, 69, 2) Artaserse III Ocho che regnò dal 358 al 338 non era mai andato in Persia.
L’iscrizione sul sepolcro di Ciro era: non invidiare questa poca terra che copre il mio corpo. Al. punì Pulamaco che aveva violato il sepolcro di Ciro e fu turbato pensando alla incertezza e mutevolezza della vita (69, 5).
Curzio. Orsine e Bagoa. Il satrapo di Parsagarde antica capitale della Persia era Orsine notevole per nobiltà e ricchezza. Fece molti doni ad Al. ma trascurò l’eunuco Bagoa che aveva legato a sé Alessandro concedendogli il corpo. Alexandrum obsequio corporis devinxerat sibi (10, 1, 25). Anzi disse che onorava gli amici del re, non scorta (26). Saputo questo, spado, potentiam flagitio et dedecŏre quaesitam, in caput nobilissimi et insontis exercuit (2). Il dannosissimo bagascio (importunissimum scortum, 29) calunniò Orsine. Iam matura erant in perniciem innocentis mendacia, et fatum, cuius inevitabilis sors est” (31) il fato le cui assegnazioni sono inevitabili. Alla fine Orsine gli disse: “Audieram in Asia olim regnasse feminas; hoc vero novum est, regnare castratum!” (10, 1, 37). Al. era diventato precipitoso nel fare eseguire le condanne a morte: “scilicet res secundae valent commutare naturam, et raro quisquam erga bona sua satis cautus est” (40). Ultimum ab semetipso degeneravit (42).
Pesaro 13 agosto 2024 ore 16, 29 giovanni ghiselli
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