Osservo i Propilei. Gigantesco porticato d’accesso all’acropoli. Come altri monumenti troppo grandi sono stati innalzarti per manifestare potenza e mascherare il depotenziamento che Socrate attribuisce alla cattiva direzione politica nel Gorgia scritto da Platone.
Temistocle, Cimone, Pericle secondo il filosofo ateniese ostile al regime:" hanno riempito la città di porti, di arsenali, di mura, di contributi e di altre sciocchezze del genere senza preoccuparsi della temperanza e della giustizia" ( a[neu ga;r swfrosuvnh~ kai; dikaiosuvnh~, 519a). La città non è grande ma oijdei' kai; u{poulov~ ejstin (518e), è gonfia e ulcerosa dentro.
Pasolini parlerà e scriverà di “sviluppo senza progresso” a proposito dell’Italia democristiana degli anni Settanta del Novecento.
I tre statisti ricordati sopra dunque avrebbero fatto ingrassare i corpi senza nutrire l’anima con l’idea del Bene che è il massimo oggetto della conoscenza.
Tanti tra i nostri politici hanno fatto di peggio: “hanno smunto e perfino macellato i corpi di parecchi lavoratori mentre gonfiavano i propri beandosi di cibo e bevande e di molti altri consumi pagati con denaro pubblico.
Mi sgancio dal gruppo e giro da solo per la città rumorosa e confusa. Arrivo nella piazza del centro politico. Omonoia si chiama, Concordia. Questa è sempre auspicabile. Percorro a una a una, avanti e indietro, tutte le strade che si dipartono come raggi di una ruota dal loro asse. La concordia con le mie donne, quelle di casa poi le amanti, è sempre durata poco. Eravamo contenziosi: io e loro.
Le contese sono due secondo Esiodo: c’è una e[ri~ buona e una cattiva. Buona è la competizione costruttiva dalla quale si impara, pessima è quella distruttiva: la guerra innanzi tutte. Oggi i cosiddetti grandi della terra mettono a repentaglio la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta per comandare di più. Ma quando la nostra Terra sarà desolata non ci saranno comandanti né comandati.
Sabato 10 aprile andiamo a Olimpia. La corriera ci porta verso il canale Corinzio e la città dai due mari. Ai margini della strada tanti fiori rossi. Penso al sangue delle mie donne e al mio. Tutta la natura è imparentata con sé stessa.
Superata Corinto percorriamo la costa settentrionale del Peloponneso. Quest’isola è la parte più più autentica dell’Ellade: quasi senza turisti se non nei siti archeologici. Niente discoteche né altre schifezze del genere. “Lo sbarco è nobile” disse Fulvio la prima volta che scendemmo dal traghetto a Patrasso. L’amico pensava alla disciplina e ai costumi degli Spartiati.
Dal finestrino osservo un grande giardino multicolore lungo tutta la costa, grato al dio artista che l’ha fatto con tanto buon gusto. Ne sono rallegrati anche i Greci seduti nei caffè. La terra è lietamente addobbata. I fori, gli aranci, e limoni rendono sorridente il paesaggio. Sopra la costa settentrionale del golfo vedo montagne i cui gioghi innevati e soleggiati brillano come giganteschi diamanti. La lunga catena culmina nel Parnaso. Prometto ad Apollo che lo scalerò in bicicletta dal mare di Itea alla cima passando per Delfi e pregando devotamente.
Vedo donne vestite di nero che portano mazzi di fiori bianchi e rossi in un cimitero di campagna. La “pietosa insania” raccontata con simpatia dal maestro Foscolo amatissimo dell’Ellade e delle donne anche lui. Un’ amorosa e meravigliosa insania spinge me a intrecciare ghirlande di parole per le mie amanti vive e defunte. Voglio salvare il ricordo della loro umanità che mi ha dispensato gioia e pure dolore dal quale comunque ho imparato
Pesaro 6 agosto 2024 giovanni ghiselli ore 17, 55
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