Anticipo il racconto dell’ultimo viaggio in Grecia con Ifigenia. Lo sistemerò all’interno dell’intero romanzo nella fase del montaggio.
Capitolo I
La pedalata iniziale tra Pesaro e Fano.
La storia d’amore con Ifigenia era già finita.
Tuttavia il 19 agosto del 1981 partimmo insieme per adare a pregare gli dèi e gli eroi della Grecia.
Ci mettemmo in strada, a Pesaro, alle sei di mattina perché dovevamo arrivare al porto di Ancona non dopo le nove. Avevamo due piccoli zaini sopra la schiena e le biciclette sotto di noi. La bella giovane si era adattata a girare come una baccante. Eravamo due zingari dionisiaci e volevamo interrogare gli oracoli sul nostro destino professionale. Io volevo progredire come educatore, lei si era stancata di insegnare e voleva fare altro nella vita.
Già da tempo aveva rinunciato alle supplenze nella scuola.
Fisicamente eravamo entrambi in ottima forma, però i nostri stati emotivi non erano equilibrati. Eravamo accordati male tra noi. Facevamo quel viaggio insieme forse per il gusto malsano di provocare e provare emozioni non buone. Infatti ci eravamo inflitti a vicenda diverse offese non perdonate e parecchie ferite non rimarginate. In vista di questo viaggio avevamo stabilito una tregua, tuttavia molto precaria: bastava un’osservazione appena un po’ critica per suscitare nubi e perfino tempeste. Pedalavamo dunque tra Pesaro e Fano la mattina di buonora, io avanti lei dietro, come i frati minori vanno per via.
Per chi pedala da Pesaro in direzione di Fanum Fortunae a sinistra c’è il mare, a destra il colle Ardizio. Mentre guardavo il sole che cercava di uscire dalla distesa marina, mi sembrò che non ne avesse la forza: quando il suo faticoso svilupparsi dalla fredda pianura salata fu giunto a metà, mi sembrò che si stesse fermando così dimidiato: al posto dell’emisfero inferiore sommerso vedevo riflesso dall’acqua l’immagine rossa della metà superiore. Mi fece la sinistra impressione di una ragazza paralitica che passa il tempo seduta su una poltrona tenendo sopra le gambe atrofizzate un grande specchio rotondo per vederci riflessa la faccia ancora bella e la testa splendente di capelli lunghi, fulvi , lucenti, testimonianza del suo buon tempo quando, ancora sana e ben fatta in tutto, le gambe veloci la portavano dove voleva. Mi tornarono in mente Päivi, i carnevali fantastici, gioiosi dei mesi di Debrecen, gli amici spariti, gli amori svaniti della mia gioventù in precipitoso declino, come l’estate dopo la metà di agosto. E mi si strinse il cuore “a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia”.
Pesaro 23 agosto 2024 ore 18, 26 giovanni ghiselli.
p. s
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