Argomento. Il dialogo con il nostro sbudellarci davanti al fuoco della malga Panna.
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La sera andammo alla malga Panna. Sedemmo vicino al focolare e |
alle fiamme che si contorcevano nel caminetto, e si riflettevano |
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metallicamenta sui rami e i ferri appesi alle pareti; sulle bottiglie, i |
bicchieri e i piatti dei tavoli; sui nostri occhi arrossati, |
immillandosi in un luccicore febbrile. Ci fronteggiavamo. |
Un anno più tardi Ifigenia avrebbe ricordato la sera del sette |
marzo 1981 come quella del nostro sbudellarci davanti al fuoco che ardeva |
bizzarro. Cerco di ricostruire il dialogo riferendo, |
se posso, le parole precise che dicemmo, e, dove la memoria non |
basta, ricostruendo quanto ciascuno avrebbe potuto dire |
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in modo |
confacente al suo carattere e alla situazione disgraziata nella quale |
ci eravamo cacciati.
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Gianni. In questi lunghi giorni di solitudine ti ho pensata a lungo, |
ma non sempre bene.
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Ifigenia Lo so. L'ho capito dalla tua telefonata. Mi ha tolto |
l'equilibrio. Io, dopo avere visto il film Ludwig di Visconti, avevo trovato un ottimo accordo con |
la tua immagine: con il tuo aspetto, il tuo pensiero, con tutta la tua |
persona. Fino al pomeriggio di ieri l'altro, ti amavo di nuovo. Ma |
poi, con quella uscita da pazzo, hai fatto impazzire anche me.
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Gianni. Spiegati meglio; che cosa vuoi dire?
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Ifigenia. Adesso la mia anima non è più completamente |
indirizzata e impegnata ad amarti. Sento degli strattoni che mi |
fanno vacillare. Ho interessi nuovi, molto forti, e non so |
conciliarli con l'amore per te. L'ho sentito dopo la telefonata. Con |
la tua possessività esigente, ansiosa, mi hai fatto paura. Se vuoi, te |
ne posso dare un'immagine attraverso una metafora semplice ed |
evidente.
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Gianni. Sì: mi interessa.
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Ifigenia. Nella mia testa c'è un tarlo che rode, scava, e tende a |
distruggere il nostro amore.
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Gianni. Puoi dargli un nome? |
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Desdemona. Sì. E' il tarlo del maestro.
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Gianni. Vuoi dire che sei ancora innamorata, o ti sei innamorata di |
nuovo, del maestro di danza?
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Desdemona. No, non di lui. E' un fatto più generale. Gennaro però |
mi ha dato coscienza del problema. Capisci? |
E tu, per quale ragione non pensi bene, o non soltanto bene di me? |
Il tuo assillo qual è?”
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Esitai un momento prima di darle la cruda risposta. La osservavo: |
i bagliori del fuoco le illuminavano cupamente la parte sinistra del |
volto.
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Gianni. Io sento il bisogno di amare una vergine. Temo che una |
donna non possa amarmi se non sono stato il suo primo uomo. |
Non è vero che se con te fossi stato io, tu mi ameresti ancora?
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Ifigenia. Non credo. Però certamente tra noi ci sarebbe una |
cosa importante in più.
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Gianni. Ma tu, francamente, adesso hai voglia di fare l'amore con |
il maestro di danza?
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Ifigenia. No, ti ho detto di no; tuttavia quella emozione mi ha |
fatto capire che sento il problema dell'amore del maestro in |
generale. E' una cosa seria per me. Anche tu d'altra parte, |
provando un sentimento forte per una ragazza non bellissima, non |
tanto intelligente, nient'affatto schietta, pur mentre stavi con me, |
ed io ero innamorata di te, devi avere capito che vuoi una donna |
vergine e di famiglia borghese. Non è così?
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Gianni. Può essere. Ma adesso non ho in mente nessuna ragazza in |
particolare. Tranne te voglio dire.
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Ifigenia Sì, perché insegni in quarta ginnasio e le tue alunne |
sono ancora troppo piccole per i tuoi gusti. Aspetta che siano |
cresciute, che tornino da supplenti e vedrai! |
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Gianni. Non credo che mi innamorerò di un'allieva. E tu a quale |
maestro tendi ora, a Gimmo, Gimmi o come si chiama? E' lui il problema per te?
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Ifigenia. No. Ma solo perché non mi piace fisicamente. Te l'ho |
già detto. E' grasso. Però, se non avesse la pancia, potrebbe essere |
un assillo anche lui. Capisci che cosa vuol dire? Il primo regista |
bravo e di aspetto passabile, mi attirerà; probabilmente me ne |
innamorerò. Forse adesso io devo stare sola. Tu ieri, con la tua |
scena matta, mi hai terrorizzata. Il nostro amore a questo punto è |
inquinato. Io ho perso fiducia in te. Credo che se tu avessi potuto |
fare l'amore con quella sciagurata collega senza cervello, mi |
avresti lasciata. Solo che lei, pur lusingandoti, non ti ha dato |
l'occasione sufficiente. Durante la gita scolastica a Roma, ti ho |
visto corteggiarla in modo così evidente e convinto che se ti |
avesse contraccambiato solo a metà, vi sareste abbracciati davanti |
a me. Io quando ero innamorata di te, ti sarei saltata in braccio |
mentre facevi lezione, se mi avessi incoraggiata in quella maniera. |
Ma Lucia non si è mossa. Per questo, solo per questo, tu sei |
rimasto con me.
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Gianni. Non è vero. Alla fine dell'anno scolastico, rispondendo a |
un bigliettino ambiguo che mi aveva infilato in tasca, le scrissi che |
la storia di Ulisse e Nausica, ovvero la mia e la sua secondo lei, |
non era una storia d'amore. Oppure era un amore fallito. E in gita |
scolastica, in treno, di fronte a quella ragazzotta , io |
misi un braccio sulla tua spalla per dire a entrambe che la mia |
donna comunque eri tu.
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Ifigenia. Sì, questi particolari sono veri. Però rimane il fatto |
d'insieme, e determinante, che Lucia non ti ha mai dato l'occasione |
di cambiare me con lei. Sennò nei momenti più acuti della tua |
emozione malata, l'avresti fatto. Ne sono sicura.
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Gianni. Io no. E tu, l'occasione del maestro di danza, l'avresti |
presa se te l'avesse data?
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Ifigenia Non lo so. So che non me l'ha data. |
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Gianni. Non hai detto che una volta ti ha offerto un passaggio in |
macchina e l'hai rifiutato?
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Ifigenia. E' vero. Però era soltanto un passaggio appunto, e se |
l'accettavo magari potevo finire a letto con lui, e tale opportunità |
non è bastata a staccarmi da te, d'accordo; ma se Gennaro mi |
avesse detto che era innamorato, che voleva stare con me, |
istruirmi, inserirmi nell'ambiente del teatro, francamente non so se |
avrei rifiutato. Anche tu, gianni, non credo che avresti respinto |
Lucia se si fosse offerta di amarti, di stimolarti a studiare, magari |
anche di tenerti la casa in ordine o che so io, quando ne eri |
innamorato. Ti tremava la voce quella sera nel treno. Non hai idea |
di quanto mi hai fatto soffrire. Noi siamo rimasti legati perché |
quei due non hanno contraccambiato le nostre emozioni. Non dico |
solo per questo, ma anche per questo. Sai che cosa vuol dire? Che |
mentre siamo insieme cerchiamo l'amore in altre persone, ciascuno |
in una che gli assomigli più di quanto io sono simile a te e tu a me: |
non abbastanza. Hai provato attrazione per quella, proprio perché |
la trovavi più somigliante a te e alla tua razza. Tanto nell'aspetto |
quanto nel carattere. Venivi a |
domandarmi: |
"Ma Lucia è |
calvinista?", in quanto studiava molto, e si sentiva in peccato |
mortale quando una lezione non le riusciva: proprio come fai tu. |
Poi dicevi che ti ricordava tua sorella. Ebbene io avevo notato che |
somigliava anche a te, e alla più bella delle tue zie in quelle foto di |
sessant' anni fa: sì alla Rina ventenne. Così attirava il tuo |
narcisismo, la tua |
tendenza all'incesto, e |
chissà quante altre |
perversioni tue. Del resto io pure, nel maestro di danza devo avere |
trovato qualche cosa di simpatico, di congeniale o conrazziale a |
me stessa.
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Gianni. Sei intelligente tu. Hai un'anima. Quando ti sento parlare |
così, mi assale la brama del tuo letto |
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e mi rimorde molto avere sciupato l'amore, la stima che tu |
avevi per me. In quanto hai detto c'è della verità. Però bisogna |
aggiungere che, nonostante le nostre emozioni malate e passeggere per |
gli altri due, noi siamo rimasti insieme, e non abbiamo perduto |
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tempo, anzi, abbiamo fatto diverse cose importanti, e ne stiamo |
facendo ancora. Non mi riferisco soltanto ai nostri orgasmi, |
sempre belli, numerose e sacrosanti. Io ho scritto un |
dramma, breve se vuoi, magari di interesse ristretto al popolo non |
numeroso dei licei classici. Ma questo non vuol |
dire che sia brutto, insignificante o non espressivo dei tempi; forse |
ho avuto fretta a concluderlo, oltretutto in anticipo rispetto ai |
gusti della gente, come hai detto tu stessa. Ma presto riprenderò a |
scrivere: intanto a commentare l'Edipo re di Sofocle con il mio metodo |
comparativo e con una prospettiva europea, un lavoro al quale tu |
mi hai incoraggiato e hai contribuito non poco, quindi porrò mano |
a un'opera grandiosa cui contribuiranno le mie esperienze, i miei |
studi, le mie gioie, i dolori, e perché no, il cielo e la terra . Anche |
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questo lo dovrò a te, al nostro rapporto multicolore per la varietà |
infinita di tutti i suoi aspetti. Perciò vorrei che non finisse presto, |
anzi che non finisse mai.
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Ifigenia Ho capito. Tu scrivi. E io, secondo te, quali capacità |
posso acquistare, o accrescere, se la nostra storia continua?
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Gianni. Tu ora stai preparando due esami non facili. Da me, |
quanto meno, ricevi un metodo, un ritmo di studio, e |
quanto più si allarga la tua umanità, tanto più impari e mi |
restituisci moltiplicato. Quei due non ci hanno offerto il loro |
amore, è vero, però nemmeno noi glielo abbiamo chiesto. Io |
almeno non l'ho fatto.
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Desdemona. Io nemmeno. Anche in quello che dici tu c'è del vero. |
E tu pure, sicuramente hai un'anima non ordinaria |
Io probabilmente ti amo. Però l'anno prossimo, anzi, subito dopo avere preso |
il diploma della scuola di recitazione , andrò a cercare lavoro, a vivere, in una grande città |
dove nascono le idee, dove si crea cultura, dove si dà e si prende, |
si fa e si disfa il potere: a Roma, o a Milano. “Già, Milano da bere” pensai “E voglio andarci |
senza te-continuò- per imparare a cavarmela da sola, o forse piuttosto per |
avere l'opportunità di incontrare un altro maestro geniale, uno che |
mi aiuti a crescere nel campo attoriale. Tu mi hai spinta a pensare, |
a studiare; mi hai donato la vita tua e hai chiarito la mia a me |
stessa: te ne sono, te ne sarò grata sempre; ma presto avrò bisogno |
di imparare delle cose che tu non puoi insegnarmi. Io sento la |
necessità di recitare, come tu il bisogno di scrivere. Perciò è |
meglio se ci lasciamo presto, o anche subito".
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Le stavo seduto di fronte e avevo il fuoco sul fianco destro, |
piuttosto vicino: sudavo, mi bruciavano gli occhi, mi tremavano le |
mani al pensiero della fine anticipata e non catastrofica del nostro |
rapporto. Per fortuna non era destino. Ma allora non lo sapevo: |
dovevo mettercela tutta per arrivare con lei fino al momento in cui |
avrei sentito la necessità di cominciare a raccontare la nostra storia.. |
Ad un tratto un pezzo di fuliggine o qualcosa del genere mi entrò |
nell'occhio destro: il più miope, il più debole, e già aspreggiato sia |
dal fumo, sia dalla lente a contatto che portavo da quindici ore. |
Cominciai a lacrimare. |
"Scusa – dissi – mi è entrato un pezzo di non so che roba in un |
occhio". |
Ifigenia mi accarezzò. La cameriera grassotta ci osservava dal |
banco con i suoi piccoli occhi, affondati nella carne copiosa, e |
protetti dalle scintille. Dovevo fare pietà anche a lei. Ifigenia |
disse:"Che tragedia!". |
"Perché tragedia? – domandai – Se non vuoi più stare con me, |
puoi lasciarmi anche subito". |
1 |
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"Non è così semplice-rispose.- Nonostante tutto, io credo di |
amarti; o, quanto meno, mi sento ancora legata a te".
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Il pezzo di roba che mi straziava uscì l’occhio destro ne uscì. Provai sollievo, quindi mi |
asciugai la guancia lacrimosa e, recuperato un poco di coraggio, |
dissi:" Io sono sicuro di amarti poiché ho plasmato il tuo spirito e |
mi sono lasciato potenziare, raddrizzare, nel mio, debole e |
sghembo, dalla tua forza di ragazza esemplarmente bella. |
I tarli, è vero, ancora purtroppo ci sono, ma quale logica ci sarebbe |
nel lasciarci, prima che i sentimenti positivi siano esauriti e che |
l'opera di educazione reciproca sia compiuta? Pensa a quante cose |
buone possiamo mettere insieme noi due. Aspettiamo di non avere |
altro da costruire in comune, arriviamo almeno a superare i tuoi |
esami per i quali sto studiando anche io, tanto che finora non ho |
trovato il momento opportuno per cominciare la mia, la nostra |
creazione secondo lo spirito. Non potrò più sopportare me stesso |
se non riuscirò a dimostrarti di sapere scrivere un capolavoro |
ispirato da te e degno di me. Dammi questa possibilità di |
redenzione e riscatto: vedrai che gli errori miei e tuoi, le nostre |
pene, delusioni e sconfitte, troveranno una giustificazione estetica, |
nella bellezza voglio dire, e noi ci innamoreremo di nuovo l'una |
dell'altro, come quando tu eri ingenua, credevi in una vita felice |
con me, e ci credevo quasi anche io. Poi è successo qualcosa: un |
salto retrogrado nell'abisso degli antichi terrori, cioé del nostro |
passato. Ma ora ne parliamo: ne |
stiamo prendendo coscienza. Perché dobbiamo lasciarci, mentre la |
vicendevole educazione non è compiuta, e la mia opera non è |
nemmeno avviata?" |
Tirai il fiato. Ce l'avevo messa tutta, non potevo aggiungere altro. |
La guardai attentamente cercando di piacerle, di essere espressivo |
e non stralunato nonostante soffrissi ancora lo strazio dell’occhio. |
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La studiavo: era bella, cupamente bella; il suo volto veniva acceso |
poi imbrunito piuttosto che illuminato dai guizzi del fuoco."Se perdo |
una donna di questo formato-pensai-dove ne trovo un'altra che non |
me la faccia rimpiangere ?" |
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Finalmente disse la sua sentenza: "Va bene. Possiamo restare |
insieme. Non so quanto. Io adesso devo pensare agli esami. Dopo |
si vedrà. Lasciamo fare al destino". |
"Manco male", pensai, un'espressione quasi apotropaica, raccolta |
dai colleghi della scuola media di Carmignano. |
"Certo – risposi – come abbiamo fatto sempre, con la coscienza di |
essere cari agli dei, favoriti da loro e dai nostri caratteri, mai |
discordi con il volere del fato. Adesso andiamo a dormire: è già |
tempo". |
Ci alzammo, pagai il conto alla grossa signorina e tornammo alla |
Campagnola. Non mi sembrò il caso di fare alcun'altra proposta. |
Sicché ognuno andò direttamente in camera sua. |
Quando mi trovai solo nel letto, dovetti fare i conti con sensi di |
colpa e di inferiorità che, tutti sommati, davano angoscia. Cercavo |
di trasformare i sentimenti in ragionamenti. |
Pensavo:"E' vero che solo attraversando il dolore si può andare |
oltre il dolore, che sono passato per Esmeralda e le altre, prima di |
arrivare a Ifigenia, necessaria al mio scrivere, come Päivi lo |
fu al mio studiare, Elena al mio sentirmi benvoluto dalle |
donne belle e fini, e dalla vita stessa; ma in questo modo con le persone ho |
rapporti di sfruttamento. Così i miei progressi, se pure ci sono, |
costano sofferenze infernali poiché non posso vivere me stesso e il |
prossimo mio con totale chiarezza e fiducia. Ifigenia è stata una |
creatura mia, l'ho fatta crescere io: è mia figlia più che se l'avessi |
messa al mondo: devo provare a considerarla un fine, non un |
mezzo. Sì, ma se è lei che non vuole essere uno scopo per me? E |
poi per quale ragione non deve volermi? Perché non le piaccio? O |
non le convengo? Oppure non si fida di me? Dice che l'ho |
ingannata e delusa con la storia di Lucia. Ma lei stessa prima mi |
aveva mentito! Quanto devo penare ancora per la restaurazione del |
bene prezioso che ho adulterato? Quali altre sofferenze dobbiamo |
infliggerci per riparare i danni della mutua ingiustizia? Dio, |
aiutami tu!". Infine il sentimento perturbato divenne un ragionamento : pensai che con Elena Kaisa e Päivi non mi ero mai posto il problema della loro verginità già consumata da altri perché in quelle donne avevo trovato delle menti non inferiori alla mia e le stimavo. Il fatto è che Ifigenia non l’avevo mai considerata con altrettanto rispetto. |
Con questo pensiero razionale e rispettoso della realtà mi addormentai.
Pesaro 29 agosto 2024 giovanni ghiselli. ore 17, 27 giovanni ghiselli p.s. Statistiche del blog Sempre1614594 Oggi245 Ieri352 Questo mese10201 Il mese scorso11384
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