Per la grandezza eroica alla nobiltà dell'azione doveva unirsi quella della mente. Peleo manda Fenice a Troia con il figliolo perché gli insegni:"muvqwn te rJhth'r j e[menai prhkth'rav te e[rgwn"[1], a essere dicitore di parole ed esecutore di opere.
L'eroe non fa niente che non stimi degno della sua natura: Achille , cedere nescius [2].
Della definizione oraziana si ricorda Leopardi nel Bruto Minore :" Guerra mortale, eterna, o fato indegno,/teco il prode guerreggia,/ di cedere inesperto"(vv. 38-40).
Il culto del kalovn nell’eroe tragico. Il bello stile che gli rende onore.
Così non cede alle preghiere di chi gli vuole bene l'Aiace di Sofocle. Il Telamonio non sopporta di sopravvivere al suo disonore, e prima di uccidersi dice:"ajll j h] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai-to;n eujgenh' crhv"[3], ma il nobile deve vivere nobilmente o nobilmente morire.
Non manca la giovane donna eroica che preferisce la morte ad una vita ignobile: Polissena nell'Ecuba di Euripide chiede alla madre di lasciarla morire senza opporre resistenza:"to; ga;r zh'n mh; kalw'" mevga" povno""(v. 378), infatti il vivere senza bellezza è una grande fatica.
Sofocle nell’Antigone attribuisce i tratti dell’eroina alla figlia di Edipo: ella non cede alle obiezione dettate dal buon senso di Ismene, anzi replica :" io non soffrirò/nulla di così grave da non morire nella bellezza" (w{ste mh; ouj kalw'" qanei'n, vv. 96-97).
Neottolemo, il figlio schietto dello schietto Achille, svaluta il sumfevron (utile) e apprezza il kalovn (bello, e bello morale) contrapponendosi al subdolo Odisseo del Filottete :" bouvlomai d' , a[nax, kalw'"-drw'n ejxamartei'n ma'llon h] nika'n kakw'" " (vv. 94-95), preferisco, sire, fallire agendo con nobiltà che avere successo nella volgarità.
L'ultimo discorso di Pericle. 430 a. C.
Anche in questo discorso ci è dato di trovare la diversità eroica : Pericle riafferma la propria natura, nobile, di cittadino amante della povli" e superiore al denaro:"filovpoliv" te kai; crhmavtwn kreivsswn"(II 60, 5), un' identità che non cambia né si lascia intimorire:"kai; ejgw; me;n oJ aujtov" eijmi kai; oujk ejxivstamai: uJmei'" de; metabavllete"(Tucidide, Storie, II, 61, 2) io sono lo stesso e non muto; voi invece cambiate. Possiamo notare in queste parole aspetti di provocazione e di ostinazione eroica che ricorda quella di Antigone quando afferma:" ajll j oi\d j ajrevskous j oi|" mavlisq j aJdei'n me crhv"(v. 89), ma so di piacere a quelli cui prima di tutti è necessario che io vada a genio.
Atene: la polis eroica.
Poco più avanti Pericle del resto attribuisce la bellezza e la grandezza del non cedere alla sua città:"gnw'te de; o[noma mevgiston aujth;n e[cousan ejn a{pasin ajnqrwvpoi" dia; to; tai'" xumforai'" mh; ei[kein (II, 64, 3), sappiate che essa (Atene) ha una grandissima rinomanza tra gli uomini per il fatto che non cede alle disgrazie. E’ una capacità attribuita alla povliς, tanto che B. Knox, ricordando questo passo, ravvisa una somiglianza tra il carattere dei personaggi di Sofocle e quello del dh'mo" ateniese:"Atene proseguì, per tutto il periodo della virilità e della vecchiaia di Sofocle, il suo magnifico e ostinato cammino verso il disastro finale. Come un eroe sofocleo, era innamorata dell'impossibile"
Queste parole sono dette da Ismene per Antigone :" ajll j ajmhcavnwn ejra'"", ma sei innamorata dell'impossibile (v. 90).
Knox assimila il carattere di Atene a quello di tutti gli eroi sofoclei, e particolarmente a quello di Edipo:"Ho affermato altrove che la stessa Atene, la sua eroica energia, il suo rifiuto di ritirarsi, di piegarsi a compromessi, aveva ispirato la figura di Edipo tyrannos . Ma, come abbiamo visto, Edipo è un personaggio dello stesso stampo degli altri eroi sofoclei" L'eroe sofocleo , in La tragedia greca. Guida storica e critica . p.93 .
Come i nostri eroi epici e tragici si comporta il principe Andrej Bolkonskij di Guerra e pace : durante la battaglia di Austerlitz provò paura per un momento, ma poi pensò che questa non era degna del suo ruolo e della sua persona:"Mentre si avvicinava a cavallo, sopra di lui volavano l'una dopo l'altra le granate, ed egli sentì un tremito nervoso corrergli per la schiena. Ma la sola idea che potesse aver paura bastò a rinfrancarlo. "Io non posso aver paura", pensò e scese lentamente da cavallo in mezzo ai cannoni"[4]. Diversi anni più tardi, a Borodino, il nobile russo non si getta a terra, perché si vergogna di farlo, e viene ferito a morte da una granata:" Io non posso, non voglio morire, io amo la vita, amo questa erba, la terra, l'aria..." Pensava a questo e nello stesso tempo si ricordò che lo stavano guardando"[5].
L’eroe aspira all’onore.
Il compenso che il prode si aspetta in cambio dell' ajrethv dimostrata obbedendo a tali obblighi impegnativi fino al sacrificio, è un riconoscimento in termini di onore: la timhv negata è una tragedia per il valoroso che si è distinto in battaglia: Achille si rifiuta di combattere constando che l'uomo codardo e il valoroso sono tenuti nello stesso onore:" ejn de; ijh'/ timh'/ hjme;n kako;" hjde; kai; ejsqlov""[6]. Allora sua madre implora Zeus di onorargli il figlio:"tivmhsovn moi uiJovn"[7], onorami il figlio-prega-, poiché è di vita più breve degli altri, e il signore di genti Agamennone lo disonorò ("hjtivmhsen"[8]) : gli ha preso il suo dono e lo tiene.
La stessa Tetide dichiara a Zeus che, se non la esaudirà, tutti gli dèi vedranno come ella sia ajtimotavth qeov" (v. 516) la dea meno onorata.
Pindaro è un altro cantore della vita strenua, al punto che considera indegna di essere vissuta l'esistenza ingloriosa e insignificante dei deboli e vili ignari di aretà : nella I Olimpica Pelope, aspettando la gara con Enomao prega:" Il grande pericolo (oJ mevgaς de; kivndunoς)/non prende un uomo imbelle./ Per chi morire è necessità, perché dovrebbe smaltire invano una vecchiaia anonima seduto nell'ombra/ senza parte di tutte le cose belle? ma questa/gara giacerà sotto di me: tu dammi propizio l'evento"[9].
Platone fa dire a Socrate: “kalo;ς ga;r oJ kivndunoς” (Fedone, 114d), bello è infatti il rischio. E’ il rischio di credere nei miti relativi alla sorte delle anime, dato che è chiaro che l’anima è immortale.
Nella IV Pitica il poeta tebano racconta la conquista del vello d'oro da parte degli eroi Argonauti nei quali la dea Era attizzava la voglia di non essere lasciati presso la madre a smaltire una vita senza rischio (vv. 329-331).
Vediamo la diversità dell’eroe dall’uomo comune, come il poeta ispirato è diverso dai corvi che gracchiano e il genio dall’indottrinato.
Nell’Olimpica II troviamo un nodo ideologico di Pindaro: la sofiva non è insegnabile: il sapiente sa molte cose per natura (sofo;ς oJ polla; eijdw;ς fua`/, (86-87), né la sapienza dell'atleta è insegnabile né quella del poeta. Pindaro quale paragona se stesso all'aquila, il divino uccello di Zeus (v. 89), mentre i suoi rivali, probabilmente Simonide e Bacchilide, non sono molto sapienti per natura ( 86) bensì soltanto "addottrinati"(maqovnteς 87)
Bologna 4 gennaio 2024 ore 10, 56
giovanni ghiselli
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[1]Iliade , IX, 443.
[2]Orazio, Odi , I, 6, 5- 6:" gravem /Pelidae stomachum cedere nescii ", la funesta ira di Achille incapace di cedere.
[3] Aiace, vv. 479-480.
[4]Trad. it. Garzanti, Milano, 1974, p. 288.
[5] Op; cit., p. 1222.
[6]Iliade , IX, 319
[7]Iliade , I, 505
[8]Iliade , I, 507
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[2]Orazio, Odi , I, 6, 5- 6:" gravem /Pelidae stomachum cedere nescii ", la funesta ira di Achille incapace di cedere.
[3] Aiace, vv. 479-480.
[4]Trad. it. Garzanti, Milano, 1974, p. 288.
[5] Op; cit., p. 1222.
[6]Iliade , IX, 319
[7]Iliade , I, 505
[8]Iliade , I, 507
[9]vv. 81-85.
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