mercoledì 10 gennaio 2024

T. Mann, La montagna incantata - Der Zauberberg. 2

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Il sanatorio. I caratteri. Settembrini suonatore d'organetto e Satana

Numero 34 p. 15
Hans riceve la stanza n. 34. Due giorni prima vi era morta un’americana, poi la camera era stata disinfettata con fumi di formalina. E’ il primo agosto e fa freddo, ma non c’è riscaldamento. Hans sentì un tossire raccapricciante: un orrendo rovistarsi nella poltiglia di un organismo in decomposizione. Non manca il macabro senecano.
Era un aristocratico austriaco messo male. Hans ne fu impressionato ma Joachim ci aveva fatto l’abitudine.
Andarono al ristorante.
Al ristorante p. 19
Hans mangiava molto anche senza una gran fame, “semplicemente per rispetto di sé” (p. 21). E’ il rispetto della borghesia che trova l’identità nel denaro e in quello che si può comprare con il denaro.
Il padre di Tony Buddembrook  dice alla figlia: “non puoi seguire le tue vie irregolari”.
Joachim invece inveì contro il vitto ma bevve il vino con trasporto.
I due cugini ridevano delle strane usanze di lassù, come portare a valle i cadaveri con le slitte, o deridevano l’ignoranza, gli strafalcioni degli ospiti, ma poi Joachim si rabbuiò pensando al suo destino. “Sono costretto a marcire qui come in uno stagno di acqua putrida” (p. 23)
Aappare il dottor Krokowski, l’aiuto di Behrens il primario e consigliere aulico. Aveva circa 35 anni e il volto di “un pallore diafano, addirittura fosforescente” (p. 24).  Pallore fosforescente è una callida iunctura. Fa pensare a un robot.
Hans disse di essere perfettamente sano e il dottore rispose che non aveva mai incontrato una persona perfettamente sana. Hans andando a letto, ebbe un brivido: pensò che era un letto di morte, ma poi si corresse, un normalissimo letto di morte. Morire è normale Il pensiero della morte comincia a invaderlo.
 Hans sogna che Joachim scendeva su una slitta da bob, era di un pallore fosforescente e tossiva in modo atrocemente fangoso.
Hans nel sogno pianse poi rise. La discesa sulla slitta è un’autocitazione

II capitolo
Della vaschetta battesimale e del duplice aspetto del nonno  (p. 29)
I ricordi di Hans
L’infanzia fu segnata dalla morte precoce dei genitori. U
Per un anno e mezzo Hans andò a vivere con il nonno, un vecchio signore che con la gente del popolo usava il dialetto basso-tedesco. Il bambino osservava l’avo come un modello. Il nonno mostrava i nomi degli antenati incisi nel piatto della vaschetta battesimale e il nipote ascoltava quel prefisso cupo Ur-Ur (antico) cupo suono di tombe e di tempo sepolto. Urhan è “antenato”.
Quel prefisso dunque mostrava un legame tra la sua vita e il tempo passato.  
Al bambino piaceva quel suono. Hans aveva 8 anni. Ha avuto una dimestichezza precoce con la morte.
Il nonno ricorda al nipote anche il battesimo del padre di Hans, 44 anni prima, e il proprio, 75 anni prima. L’immagine del nonno si era impressa nell’animo di Hans più profondamente che quella dei genitori. Il nonno era stata la figura più caratteristica  e la personalità più pittoresca della famiglia.
 
Figli e nipoti guardano padri e nonni per ammirare, e ammirano per imparare  e perfezionare quello che in loro è già predisposto dall’ereditarietà. (p.36). Cfr. i legami di sangue in Sofocle e in Euripide.
Cfr. Neottolemo che nel Filottete di Sofocle è schietto come suo padre Achille.
La negligenza signorile
Il nonno aveva una negligenza: lasciava pendere lembi di fazzoletti rossi dalla tasca posteriore della sua redingote. Era una licenza senile, una di quelle trascuratezze che la vecchiaia si concede di proposito e con una certa aria scanzonata o si tira dietro inconsapevolmente con venerabile dignità.
Cfr. la sui neglegentia del Petronio di Tacito l’elegantiae arbiter di Nerone e la successiva sprezzatura  degli aristocratici
habebaturque non ganeo et profligator, ut plerique sua haurientium, sed erudito luxu.  Ac dicta factaque eius quanto solutiora et quandam sui neglegentiam praeferentia, tanto gratius  in speciem simplicitatis accipiebantur"  (Annales , XVI, 18), ed era considerato non un dissoluto o un dissipatore, come i più tra quelli che sperperano le proprie fortune, ma uomo dalla voluttà raffinata
 
Ma il nonno era più bello come appariva in un dipinto che lo mostrava nella sua toga di membro del consiglio cittadino. Ecco l’identità fatta di orpelli
 Il nonno di ogni giorno in confronto era un nonno ad interim, di ripiego dell’intervallo, non perfettamente adeguato (p. 38). La cravatta bianca era l’allusione ad interim della gorgiera spagnola del ritratto. Insomma il quadro era la realtà superiore, l’archetipo del nonno.
Possiamo pensarlo da vecchi guardando una fotografia di quando eravamo in fiore.
Poi vide il nonno morto, dopo la madre e il padre.
La morte era una realtà pia, significativa e tristemente bella ma anche terrena, corporea, brutta e triste. La morte come res bina si leggerà più avanti.
La realtà solenne e spirituale si esprimeva nella pomposa composizione della salma, Ma c’era anche una realtà indecente, bassamente corporea da coprire. Il nonno somigliava a una bambola di cera che lo aveva sostituito
 
Anche Hanno dei Buddenbrook (1901) vedendo la nonna Elisabeth morta  pensa: “quella non era la nonna…Era una bambola di cera. E guardò la porta come se da un momento all’altro dovesse entrare la nonna. Le morti sono le anse del fiume epico
 
Il nonno era diventato materia gialla, cerea, liscia e compatta come formaggio, materia di consistenza caseosa (casĕus, cacio)
 
Dai Tienappel e della situazione morale di Hans Castorp (43)
Hans andò a vivere dagli zii e dal prozio, i fratelli e lo zio della mamma. Avevano un’azienda vinicola
Da ragazzo mostrava nei bei lineamenti un’impronta antica dove si vedeva un’alterigia ereditaria e inconsapevole con una certa asciutta indolenza.
L’alterigia ereditaria fa pensare a come Didone vede Enea: “Degeneres animos timor arguit. Heu, quibus ille-iactatus fatis! Quae bella exhausta canebat! ” (Eneide, IV, 13-14), il timore rivela le indoli ignobili.
Ahiquanti tormenti nel suo destino, quali conflitti portate a termine narrava!
Ma l’alterigia di Hans non è quella derivata dalle prove superate, bensì quella del ragazzo economicamente privilegiato.
 L’atmosfera della città, Amburgo, e della famiglia era fatta di commerci mondiali e vita agiata che era stata per i suoi avi soffio vitale e Hans la respirava con naturalezza e piacere.
Le enormi gru girevoli a vapore sulle banchine del porto sembravano imitare la calma, l’intelligenza e la forza immane di servizievoli elefanti.
Questo paragone rientra nel linguaggio poetico di cui parla Aristotele.
Sono degne di nota alcune considerazioni  che il poeta deve usare: "Levxew~ de; ajreth; safh' kai; mh; tapeinh;n ei\nai” (Poetica , 1458a, 18 ).   Pregio del linguaggio  è essere chiaro e non pedestre.
Il poeta è libero di variare rispetto all’usuale. Il linguaggio si scosta dall’ordinario quando usa espressioni peregrine:“xeniko;n de; levgw glw'ttan kai; metafora;n kai; ejpevktasin kai; pa'n to; para; to; kuvrion” (1458a, 22 ), con peregrino intendo la glossa, la metafora, allungamento e ogni forma contraria all’usuale. Glossa è la locuzione non comune, quella di cui non tutti fanno uso (1457b, 4). Metafora è il trasferimento del nome da una cosa a un’altra: “metafora; dev ejstin ojnovmato~ ajllotrivou ejpiforav” (1457b, 7).
Nella Retorica Aristotele dà questo suggerimento :"bisogna rendere peregrino il linguaggio (dei' poie'n xevnhn th;n diavlekton), poiché gli uomini sono ammiratori delle cose lontane" (III, 1404b). 
 
Hans aveva un aspetto raffinato e anemico, gli piaceva vivere bene ed era attaccato ai grossolani piaceri della vita come un voluttuoso poppante al seno materno. Recava con disinvoltura sulle spalle la superiore civiltà che il ceto dominante delle democrazie commerciali cittadine trasmette ai figli.
Era sempre fresco di bagno come un pupo e molto curato.
Mangiava con grande educazione: estraeva con posate opportune la polpa rosea dalla chela di un astice.
Ma cfr. Musil sulla neglegentia della aristocrazia molto meno formale.
Fumava sigarette russe di contrabbando commettendo agevoli frodi. Il sigaro Maria Mancini mescolava in modo appagante i suoi veleni aromatici con quelli del caffè.
Solo con riluttanza avrebbe mangiato del burro presentato in panetto anziché in riccioli scanalati. Non vedeva ragioni incondizionate per gli sforzi.
L’epoca in cui viveva, nonostante l’esteriore alacrità, aveva rinunciato alle speranze e alle prospettive.  
Cfr. Joseph Roth La cripta dei Cappuccini (1938): “la morte incrociava già le sue mani ossute sopra i calici dai quali noi si bevevo, lieti e puerili” (p. 41)
Non lo attiravano le idee stravaganti da morti di fame. Rispettava il lavoro ma non lo amava perché non gli faceva bene.
 Preferiva il tempo libero-otium scolhv- non gravato dai piombi della fatica.
 Poteva rimanere un conservatore come il nonno, oppure spregiudicato come un ebreo e spietato come un americano. Identità indefinita e incompiuta. A Davos troverà i suoi Mentori: la Chauchat, Settembrini, Naphta, Peeperkorn.
Quando partì per Davos aveva 23 anni non compiuti.
Aveva da poco acquisito la laurea senza pompa e squilli di fanfare, ma più che degnamente .
Era impallidito e stanco e gli fu consigliata l’alta montagna.
Ma il console Tienappel  lo zio  non l’avrebbero trascinato lassù nemmeno con la quadriga. Joachim malato era lassù e si annoiava a morte
Era la fine di luglio. Hans partì per rimanere 3 settimane.
 
III capitolo
 Pudico rabbuiarsi p. 55
La mattina Hans si mette in ordine sorridendo con il senso di superiorità propria dell’uomo intento a sbarbarsi alla luce diurna della ragione. Ricordò i suoi sogni ingarbugliati e sorrise con un senso di superiorità.
 
Questa Tagerlicht luce diurna della ragione ha un modello nel Crepuscolo degli idoli di Nietzsche, aforisma 10 del capitolo Il problema di Socrate. La ragione vista come un tiranno “Socrate e i suoi malati non erano liberi ma obbligati a essere assurdamente razionali. Ogni cedimento agli istinti, all’inconscio, trascina in basso”.
 Aschenbach è caratterizzato da un’analoga freddezza socratica ma poi viene travolto dalle passioni rimosse.
 
Hans era fresco come il nuovo giorno.
Uscì in terrazza con indosso le mutande di filo di scozia e le pantofole di marocchino rosso. Molto accurato nel vestiario.
Sentiva della musica che lo placava intimamente come la birra Porter a colazione. Nel giardino vide un vessillo che esibiva al centro l’emblema dell’arte medica, la verga di Mercurio  e degli aaldi, il caduceo caducĕum, un’asta con avvinghiati due serpenti. Poi notò un’anziana dall’aspetto tetro, addirittura tragico. Gli occhi neri come il carbone cerchiati da flaccide borse.
Ricorda a Castorp una famosa attrice tragica (la Duse). Gli sembrò che quella triste apparizione oscurasse il sole del mattino. Dalla stanza attigua di coniugi russi proveniva un rumore che sembrava lordare la mattina in modo viscido.
Capì che i due avevano un atteggiamento sconveniente, di quelli da trattare con la discrezione che sta politicamente a mezzo tra una tollerante intesa e un’onorevole riprovazione. Hans ebbe un pudico rabbuiarsi del volto. Arrossì invece sotto la cipria quando il gioco si fece animalesco.
 
Prima colazione p. 58
I due russi chiassosi stavano al tavolo dei russi cattivi, maleducati, barbari ma c’era anche quello dei russi buoni con persone distinte.
Hans studia i caratteri, come Teofrasto.
Entrarono nella sala da pranzo. Ritto dietro la sedia, Hans si inchinava rigido e cortese verso i suoi commensali mentre Joachim lo presentava con fare cerimonioso.
Nota solo la figura e il nome della signora Stöhr con un viso dall’espressione stolida e ostinata ( p. 62). Questa è l’idiota ignorante.
Poi notò che la prima colazione era trattata alla stregua di un pranzo coi fiocchi.
Seguiranno abbuffate trimalchionesche. Allora mangiare non era un vetitum
Joachim si informava per cortesia sulla salute e mostrava un educato rincrescimento se le notizie non erano buone.
C’era via vai nella sala poiché la prima colazione non era pasto da consumarsi inderogabilmente tutti insieme.
Hans sentì con sdegno il rumore di una porta sbattuta. E’ un segno forte.
Un rumore che si rivelerà epifanico come il mormorio dell’Adda nei Promessi Sposi: “Cominciò a sentire un rumore, un mormorio d’acqua corrente. Fu il ritrovamento d’un amico, di un fratello, di un salvatore”  capitolo. (XVII)
I cugini incontrano i due medici.
Behrens dice che per essere pazienti ci vuole talento mentre Joachim, questo mirmidone qua, non ne aveva.
 
Agamennone in Iliade I, 180-181 dice ad Achille vai a casa, Murmidovnessin a[nasse, sevqen d ’j egw; oujk ajlegivzw, regna sui Mirmidoni, di te non mi curo
 
Quindi radamanto aggiunge: “Il giovane ha fretta di andarsene a farsi squartare, mentre lassù si sta benone. Non mancano nemmeno le signore: molte sono dei veri figurini”.
In questo sanatorio fioriscono molti amori tra questi tubercolosi dissoluti.
Cfr. il collegio di Debrece,
Poi dice dice a Hans che deve abbronzarsi.
Quindi cita il Goethe: “certo, verde è l’albero d’oro della via”
Mefistofele dice a uno scolaro: “Mio caro, tutte le teorie sono grigie, ma l’albero aureo della vita è verde” (Faust, Parte prima, Studio II, 2038-2039)
 
 Si può pensare anche al ramo d’oro di Virgilio (Eneide VI, 137)
 Non si può scendere sotto terra se non si coglie l’aureus ramus.
 
Comunque il verde non è il colore più adatto al viso aggiunge Bohrens.
Dà un consiglio del tutto sine pecunia (p. 68) deve comportarsi come il cugino. Devono ficcarsi in bocca il sigaro di argento vivo.
 
IIICelia. Viatico. Ilarità interrotta.
I cugini escono per una passeggiata e Hans si accende un Maria Mancini
Poi fa l’elogio del sigaro e del fumo. Joachim gli dà del borghese
Un villeggiante sapeva fischiare con il pneumotorace (gas  nella cavità pleurica).
 I malati erano allegri e Joachim disse che morte e malattia non sono cose serie ma “una specie di flemmatico gingillarsi”. La serietà esiste solo nella vita laggiù (p. 75), in pianura. Flemma è imperturbabilità
Hans ribatte che un moribondo è un essere più nobile di quei tangheri che se ne vanno in giro a fare quattrini ridendo e riempiendosi la pancia.
Ma Joachim biasima la pusillanimità dei moribondi e approva Behrens che li sgrida dicendo: “Non si comporti in questo modo!”.
 
Arriva Settembrini: un bell’uomo, bruno dai baffi neri e ben arricciati, Si appoggiò al bastone in atteggiamento aggraziato
 
III Satana p. 81
Era un uomo fra i 30 e i 40 con qualche filo bianco e un’incipiente calvizie. Vestiva senza pretese di eleganza. Aveva comunque l’espressione dell’uomo di cultura.
Tuttavia a Hans venne in mente il misto di miseria e grazia di un suonatore d’organetto
Il modello è Ruggero Leoncavallo  che Mann incontrò a Monaco in gioventù (I pagliacci 1892).
 Più che altro Mann vuole dire che Settembrini aveva l’aspetto tipico dell’italiano. Comunque nel suo diario (Tagebücher), elogia i Pagliacci ma attribuisce l’epiteto di suonatore d’organetto  all’aspetto di Leoncavallo.
Inoltre i calzoni a scacchi indossati da Settembrini ricordano quelli del diavolo apparso a Ivan nei Fratelli Karamazov: erano troppo chiari con una giacca logora e una camicia sporchina.
Sentiamo Dostoevskij: “ I pantaloni a quadretti larghi erano troppo chiari e troppo stretti. La camicia non era troppo pulita. Aveva l’aspetto di una persona perbene ma dalla tasca abbastanza sfornita” (I Fratelli Karamazov, Il diavolo. L’incubo di Ivan, p. 755)
Un altro modello fu il letterato italiano Luigi Settembrini-1813-1876-, un”amabile fanfarone”.
Passeggiano . Settembrini elogia la giornata di sole ridente sollevando al cielo la mano piccola e giallastra. Faceva domande senza ascoltare la risposta. Domandò: “Quanti mesi le hanno appioppato i nostri Minosse e Radamanto?.
Hans dice di non essere malato e Septem, come lo ha chiamato Hans, fa: “E’ sano, ed è solo ospite qui come Odisseo nel regno delle ombre?” p. (83) Che audacia discendere nelle profondità dove dimorano i morti privi di sensi e le ombre degli estinti.
Ma se siamo saliti di 6000 piedi, la prego! Replica Hans
“Le è solo sembrato, fu inganno. Non è vero sottotenente?”
Joachim fu contento di essere chiamato così.
Poi Settembrini prese a fissare il volto del novizio con intensità da ipnotizzatore.
“Lei è venuto tra noi derelitti e decaduti e quanto tempo si infligge dato che non è Radamanto a decidere?”
“Tre settimane” disse Hans non senza vanità, vista l’invidia che suscitava
E Settembrini: “Noi contiamo per mesi. È un privilegio delle ombre”.
Joachim informa il cugino che Settembrini aveva scritto un necrologio di Carducci per dei giornali tedeschi. Carducci era morto in febbraio e qui siamo nell’agosto del 1907. C’è l’ipotesi che Mann faccia riferimento a un saggio che affiancava Carducci a Mazzini e Garibaldi in un triumvirato della massoneria italiana.
Settembrini dice di essere stato discepolo di Carducci a Bologna. Il mio grande maestro ha dedicato un Inno a Satana: “Salute o Satana o Ribellione o forza vindice della Ragione!
Ecco dunque il nesso tra Satana e Settembrini che si professerà ammiratore di Prometeo, la cui u{bri~ è santa in quanto significa la ribellione della ragione al dispotismo.
Quindi Settembrini recita: O salute, o Satana, o Ribellione, o forza vindice della Ragione” – capitolo Satana p. 88.
 
Bologna 10 gennaio 2023 ore 16, 58 
giovanni ghiselli.

p. s
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