Anche la guerra del nostro scontento come l’inverno deve finire.
Presenterò la Pace di Aristofane sabato pomeriggio a Cento.
Il massimo commediografo greco associa la guerra ai profitti dei mercanti di armi che soffrono e si lamentano per il ritorno della dea Irene sulla terra.
Alla pace desiderata dai contadini invece si associano il lavoro dei campi, il benessere, l’amore, le danze, le feste, l’amicizia tra gli uomini e tra i popoli.
Malfamati, oltre i costruttori e i mercanti di armi, sono i militari fanfaroni, i falsi vati che benedicono la guerra e i due capi l’ateniese Cleone e lo spartano Brasida, guerrafondai chiamati pestelli della Grecia.
Questo in estrema sintesi. Ma il dramma è articolato in molte scene e presenta parecchie trovate interessanti come vedremo.
Pirandello nel pregevole saggio L’umorismo sostiene che Aristofane è comico, non umorista in quanto nella sua opera non c’è il sentimento del contrario che è peculiare dell’umorismo. Tale sentimento è una forma di compassione che spinge chi lo prova a mettersi nei panni di chi soffre.
Invero le critiche mosse alla guerra dal commediografo ateniese sono utilizzabili per denigrare tutti conflitti di sempre.
La guerra del Peloponneso, che nel 421, l’anno della prima rappresentazione di questa commedia, venne intervallata con una tregua malsicura- (mevt j ajnokwch`~ ouj bebaivou, Tucidide, V, 25, 3) non è stata la prima né l’ultima nel mattatoio della storia dove continuano a perpetrarsi atti di sadismo da tutte le parti coinvolte nei conflitti anche se la propaganda degli uni e degli altri attribuisce i crimini esclusivamente ai nemici.
Oltre le vite umane vittima delle guerre è la verità che dovrebbe essere ajlhvqeia, non latenza e invece viene nascosta:
“Famā [1] enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit ” (Curzio Rufo, Storie di alessandro Magno, VIII, 8, 15), le guerre sono fatte di propaganda, e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha occupato il posto della verità.
Bologna 24 gennaio 2024 ore 18, 17
p. s.
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[1] Cfr. fhmiv. La gente non solo vive e mangia ma pure fa e interpreta la guerra seguendo il “si dice”. Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".
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