Se
vi chiedete che cosa procacci l’inverno con i suoi ghiacci, ve lo dico subito. Ai
poveri, ai barboni e ai derelitti procaccia pene, malattie e morte; a certi giornalisti
che strombazzao e sbandierano i luoghi comuni invece procura il brodo caldo, la
pagnotta e il companatico.
Sentite
questa. Nel settimanale “L’Espresso” distribuito oggi 29 dicembre 2019 con il
quotidiano “la Repubblica”, c’è un articolo di tal Fabrizio Gatti intitolato “A Milano non fa freddo”. Quasi
subito però ci troviamo spostati a
sessanta chilometri dalla metropoli lombarda e leggiamo di alture e di un “davanzale
mozzafiato”, un aggettivo che da solo toglie ogni credito a chi scrive. Comunque
da questo davanzale affacciato sulla pianura padana “il sole di dicembre colora
i prati di erba primaverile”. Sulle strade “per salire a pian del Tivano “Anche
quando nevica, non gela come prima e le strade restano pulite” rivela l’autista
di un pullman.
Il proprietario di un ristorante situato nelle montagne a sua volta menziona un fatto che secondo il
cronista preannuncia la catastrofe: “Prima
un palo non lo piantavi d’inverno, tanto il terreno era gelato, duro come il
cemento. Due anni fa invece stavamo fuori in maniche corte a gennaio. Da noi
crescevano solo broccoli, verze e isalata. Oggi coltiviamo pomodori, cetrioli, peperoncino piccante”. Io ne sarei
contento e probabilmente anche l’autista e il ristoratore lo sono. Il gazzettiere no. Egli presenta tutto questo
come preannuncio di qualche vicino sfacelo già quasi presente in pianura, sui
monti e nel cielo.
A me
l’erba primaverile i cetrioli et cetera
sembrano cose buone. Oltre dare sollievo
ai poveri morsi dal freddo e rosi dalla fame, l’aria meno cruda risente in maniera positiva
del bisogno di una minore necessità di riscaldamento artificiale da parte dei
fragili effimeri che siamo. Ma ora è di moda esecrare il caldo il sole, la luce,
che è la più rallegrante delle cose, e la vita stessa. Sono fiero di non
seguire questa moda e denunciarla quale sorella e amica della morte.
giannetto
il poverello di Pesaro dove oggi fa freddo.
Mi sono congelato mentre, straziato dal vento,
pedalavo affamato lungo la ciclabile verso
la povera mensa di Fano a me sì cara.
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