La critica contrastiva. Il
giudizio dissacratore di Des Esseintes su Virgilio. Più difficile è trovare interpretazioni
contrastanti della storia: gli storiografi santificano il successo
Poco tempo
fa era di moda la “traduzione contrastiva”; ebbene io credo che la critica
contrastiva sia non meno importante al fine di sviluppare l'intelligenza degli
allievi. Si può dare un esempio[1] indicando
la biblioteca di Des Esseintes il quale su alcuni classici, usualmenti
celebrati come sommi, il solitario esteta dà giudizi dissacratòri, tanto da
ribaltare quelli canonici, che il giovane può così vedere capovolti, trovando
magari autorizzata la sua antipatia per questo o quell'altro autore
universalmente consacrato.
Vediamone
uno. "Virgilio (…) gli appariva
non solo uno dei più esosi pedanti, ma anche uno dei più sinistri rompiscatole che
l'antichità abbia mai prodotto. I suoi
pastori, usciti pur mo' dal bagno e azzimati di tutto punto, che si
scaricano a vicenda sul capo filastrocche di versi sentenziosi e gelati; il
suo Orfeo ch'egli
paragona a un usignolo in lacrime[2];
il suo Aristeo che
piagnucola per delle api; il suo Enea,
questo personaggio indeciso e ondeggiante che si muove come un'ombra cinese,
con mosse da marionetta"[3].
Già Ovidio aveva dato una
intrpretazione non “ortodossa” riguardo all’ortodossia relativa al pius Enea.
"Tra gli amanti infedeli è menzionato Enea, che causò la morte di Didone;
e tuttavia egli “famam pietatis habet “ (Ars III 39):
giocosa polemica con Virgilio che aveva giustificato il suo pio eroe"[4].
Nel proemio dell'Eneide[5] in
effetti Virgilio domanda con meraviglia:"Musa, mihi causas memora, quo
numine laeso,/quidve dolens regina deum tot volvere casus/insignem pietate
virum, tot adire labores/impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?" (vv,
8-11), o Musa, dimmi le ragioni, per quale offesa volontà divina, o di che cosa
dolendosi la regina degli dèi abbia spinto un uomo insigne per la devozione a
passare per tante peripezie, ad affrontare tante fatiche. Così grandi sono le
ire nell'animo dei celesti?
Ebbene
Ovidio trova la ragione delle grandi ire divine: dopo avere affermato che gli
uomini ingannano spesso, più spesso delle tenere fanciulle (saepe viri
fallunt, tenerae non saepe puellae, Ars, III, 31) il poeta aggiunge
Enea al duetto dei seduttori perfidi, il fallax Iaso (Ars,
III, 33) e Teseo[6]:
"et famam pietatis habet, tamen hospes et ensem[7]/praebuit
et causam mortis, Elissa, tuae" (Ars, III, 39-40), ha la nomèa
di uomo pio, tuttavia da ospite ti offrì la spada e il motivo della morte tua,
Elissa.
In A
midsummer-night’s dream Hermia accoglie questa interpretazione di Enea
e lo menziona come amante infido: “when the false Troyan under sail was seen”
(I, 1), quando il Troiano falso fu visto alzare la vela.
Ovidio
dunque smaschera Enea, ne svela la spietatezza e sbugiarda e il vate che lo
celebra come antenato di Augusto. Infatti l'mperatore lo mandò in esilio a Tomi
dove il poeta morì.
E’ molto più
difficile trovare interpretazioni in contrasto dei fatti storici poiché le
opere che parteggiano per chi ha perso le guerre vengono annientate oppure
oscurate. Filino di Agrigento che
raccontò la prima guerra punica con ottica filocartaginese lo conosciamo solo
attraverso i biasimi di Polibio favorevole ai Romani, e così pure
Filarco favorevole al re riformatore spartano nemico degli Achei Cleomene III,
e Cherea, Sosilo, Sileno, gli storici annibalici che vengono criticati come
storiografi tragici.
Anche oggi è
biasimato o addirittura incriminato chi mette in discussione delle verità e
perfino delle menzogne accettate o inculcate da decenni. Per esempio se è vero
che la liberazione dalla barbarie nazifascista è stata un bene grande,
necessario, salvifico, non si sente dire abbastanza che Hitler e Mussolini sono
stati sconfitti prima di tutto dall’Armata Rossa e che i nostri celebrati
liberatori hanno anche bombardato le città italiane ammazzando tanti civili e
che le nostre donne per giunta in certi momenti sono state stuprate da orrendi
elementi di questo esercito pur latore di libertà per altri versi. Io per
onestà, per amore della verità e della giustizia devo dirlo.
Credo che la
retorica enfatica, spesso gonfia appunto e vuota, talora gravida di falsità,
vada sgonfiata e smascherata.
Spero che
nessun cretino insorga dandomi del fascista. Mi piace l’obiettività che è in
grado di riconoscere i propri difetti. Io ne ho molti e li vedo e cerco di
contrastarli, come faccio con quelli degli altri.
Saluti
gianni
[2] Cfr. Georgica IV: "qualis populea maerens
philomela sub umbra/amissos queritur fetus… " ( vv. 511-512), quale
l'usignolo addolorato, sotto l'ombra del pioppo, lamenta le creature perdute.
[6] Tanto perfido questo che, se fosse dipeso da lui, Arianna avrebbe
nutrito gli uccelli marini (Ars, III, 35-36). La Fedra di Seneca
entrando in scena, afferma che la fedeltà di Teseo è quella di sempre: “stupra
et illicitos toros/Acheronte in imo quaerit Hippolyti pater” (Fedra,
vv. 97-98), cerca adulterii e letti illegittimi il padre di Ippolito in fondo
all’Acheronte. Interessante è la versione dell’Odissea (11,
324-325) : Artemide uccise Arianna in Dia in seguito alle accuse di Dioniso
abbandonato per Teseo che comunque rimane il seduttore principe.
[7] Spada lasciata da Enea ( Eneide, IV, 507) e impiegata
quale dono funesto (non hos quaesitum munus in usus., Eneide,
IV, 647, dono richiesto non per questo uso.
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