Alcuni mi considerano un misantropo o un matto per
il fatto che non ho mai voluto né avuto il cellulare. Leggo su “la Repubblica”
di ieri, 14 dicembre (Arianna Cerri, p. 23), di una ragazza diciottenne,
Francesca studentessa del IV anno del liceo Cavour di Roma, che racconta come
viva meglio senza lo smartphone. Riferisco alcune parole sue: “E’ come se
avessi ritrovato la voglia di vivere, l’entusiasmo, il piacere di osservare
l’ambiente e le persone. Sono più attiva nel mondo, e mi sento libera di
decidere per me stessa” Alla domanda se lo smartphone sia una forma di
dipendenza risponde: “Ma certo, l’ho vissuta sulla mia pelle. Il
neuroscienziato Manfrd Spitzer parla di “demenza digitale” Poi: “Sono sola dal
mondo virtuale, ma ne ho guadagnato in vita reale. La tecnologia sta prendendo
troppo il sopravvento: noi siamo animali sociali, ci stiamo rinchiudendo in una
bolla”
Brava Francesca: non sei una del gregge!
La terra è malata perché il modello di sviluppo, il
mercato e il lucro di alcuni impongono consumi di cose non necessarie, spesso
anche non naturali e malefiche. Ma quelli del gregge seguono gli slogan contro
la cultura, la bellezza, l’amore. Brava signorina, spero che molti giovani ti
seguano
Saluti
Gianni
p.s. non mancano quelli che vedendomi privo di cellulare
(lo smartphone non so nemmeno che cosa sia, immagino qualcosa di simile ma più
avanzato) dicono: “beato te!”. Allora io domando: “allora perché tu non lo
elimini?” e coloro rispondono: “io non posso farne a meno” volendo farmi
pensare che il loro lavoro, o la famiglia, o l’amante li obbliga.
In realtà si tratta davvero di una forma di
dipendenza. Liberatevene ragazzi, guardate il cielo come Francesca:
“mi godo quel tramonto rosso e rosa”
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