Bellezza e intelligenza
Sentiamo il seduttore di Kierkegaard: "Che
cosa teme una ragazza? Lo spirito. Perché? Perché lo spirito rappresenta la negazione di
tutta la sua esistenza femminile. Una bellezza maschile, un aspetto
lusinghevole eccetera, sono ottimi mezzi. Con essi si può anche giungere a
varie conquiste, ma non mai a una vittoria completa. Perché? Perché con essi si
porta guerra a una fanciulla nel suo stesso campo, e nel proprio campo ella è
sempre la più forte. Con tali mezzi si può spingere una fanciulla ad arrossire,
ad abbassare gli occhi, ma mai si arriva a ingenerarle quell'ansia soffocante e
indescrivibile che rende interessante la bellezza. Non formosus erat, sed erat facundus
Ulixes/et tamen aequoreas torsit amore deas "[1].
La bellezza giustifica la
vita. Senza bellezza non si può vivere.
La giustificazione estetica della vita umana, il culto
della bellezza, è un'altra delle ragioni per cui i Greci sono nostri padri
spirituali.
Soltanto nella bellezza si può tollerare il dolore di
vivere, afferma Polissena quando antepone una morte dignitosa a una vita senza
onore: "to; ga;r zh'n mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Ecuba ,
v. 378), vivere senza bellezza è un grande tormento".
Il culto della bellezza nella vita e nella morte non
manca in Sofocle: Antigone dice a Ismene: ma lascia che io e la pazzia che spira da
me/soffriamo questa prova tremenda: io non soffrirò/nulla di così grave da non
morire nobilmente"peivsomai ga;r ouj - tosou`ton oujden
w{ste mh; ouj kalw`~ qanei`n ( Antigone, vv. 95 - 97).
Aiace manifesta
al corifeo il proprio proposito suicida ( Aiace, vv.479 - 480):"ajll
j h] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai - - to;n eujgenh' crhv" ma
il nobile deve o vivere con stile, o con stile morire.
Neottolemo, il
figlio schietto dello schietto Achille rifiuta la brutta propostagli dal subdolo
Odisseo del Filottete :"
bouvlomai d j,
d' , a[nax, kalw'" - drw'n ejxamartei'n
ma'llon h] nika'n kakw'" " (vv. 94 - 95),
preferisco, sire, fallire agendo con nobiltà che avere successo nella
volgarità.
L’Elettra di Sofocle, riconosciuto il fratello, si affida a lui: “Ora
guidami tu”. Quindi precisa: “Sappi comunque che anche da sola non avrei
fallito uno di questi due scopi: o salvarmi nella bellezza o nella bellezza
morire: oujk a]n duoi'n h{marton: h] ga;r a]n
kalw'" - e[sws j ejmauth;n h] kalw'" ajpwlovmhn (Elettra, 1320 - 1321)
Nell'Eracle , Euripide attraverso "il
cantuccio" del coro fa questa sua dichiarazione d'amore alla bellezza e
alla poesia:"non cesserò mai di unire le Grazie alle Muse, dolcissimo
connubio - ouj pauvsomai ta;" Cavrita" - tai'"
Mouvsai" sugkatameignuv", hjdivstan suzugivan - . Che io non viva senza la Poesia ma sia sempre tra le
corone - mh; zw/hn met j ajmousiva", aijei; d j ejn
stefavnoisin ei[hn - . Ancora vecchio l'aedo fa risuonare la
Memoria"(vv. 673 - 679).
"L'uomo privo di ogni bisogno spirituale", o
" a{mouso" ajnhvr" che dire si voglia è quello la cui
esistenza ha come vertice ostriche e champagne, siccome e lo scopo della sua
vita consiste nel procurarsi tutto ciò che contribuisce al suo benessere
materiale" .
Del resto la carenza di desideri spirituali rende impossibili i godimenti
elevati. “propria e caratteristica del filisteo, è dunque una serietà ottusa e
arida, prossima alla serietà animalesca”.
Queste definizioni si trovano nei Parerga e Paralipomena di A.
Schopenhauer (pp.462 - 465 del primo tomo). Il filosofo tedesco afferma che
“tale individuo non sente alcun impulso alla conoscenza e non è capace di
godimenti estetici; egli si sobbarca i presunti piaceri imposti dalla moda e
dall'autorità "
La bellezza si accompagna alla semplicità e alla
sobrietà.
La bellezza deve essere coniugata con la semplicità, come dice in sintesi
il Pericle di Tucidide:"filokalou'mevn te ga;r met j
eujteleiva"[2] kai;
filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in
effetti amiamo il bello con semplicità e amiamo la cultura senza mollezza.
La Sfinge è l’antitesi della semplicità che gli Ateniesi di Pericle
associavano alla bellezza.
Nell'Edipo re il figlio di Laio chiede:" Ma quale male,
caduta così la tirannide,/stando tra i piedi (ejmpodwvn), vi impediva di sapere
questo?" (vv. 128 - 129).
E Creonte risponde: La Sfinge dal canto variopinto (poikilw/dov") ci spingeva a guardare/quello
che era lì tra i piedi (to; pro;" posiv), e a lasciare perdere
quanto non si vedeva (tajfanh'). (vv. 130 - 131). Il canto variopinto è
la parola ingannevole e adulatoria della propaganda, del demagogo, del sofista,
oggi è quella della pubblicità.
E' il brutto senza semplicità.
L'essere variopinto è un difetto
anche per le costituzioni: Platone biasima la mancanza di serietà della
democrazia, una politeiva piacevole, anarchica e variopinta (hJdei'a
kai; a[narco" kai; poikivlh, Repubblica 558c) che
non si dà pensiero delle abitudini morali da cui proviene chi entra alla
politica ma lo onora purché dica di essere amico del popolo.
Bettini connette la poikiliva ai molti colori dell'arcobaleno[3] il
quale è un intreccio inestricabile e confuso, come l'incesto, e come l'enigma.
Un aspetto della bellezza è
la giovinezza.
La giovinezza è preferibile alla ricchezza, ed è
bellissima tanto nella prosperità quanto nella povertà: “kallivsta
me;n ejn o[lbw/, - kallivsta d j ejn peniva/”, Euripide, Eracle,
vv. 647 - 648.
Il coro di vecchi tebani continua:
Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza (xuvnesi"
- kai; sofiva) secondo i criteri umani donerebbero una doppia
giovinezza (divdumon h{ban) come segno evidente di virtù a quanti la posseggono,
ed essi, una volta morti, di nuovo nella luce del sole (eij"
aujga" pavlin aJlivou), percorrerebbero una
seconda corsa, mentre la gente ignobile avrebbe una sola possibilità di vita (
vv.661 - 669).
Marziale afferma che l’uomo buono, privo
di rimorsi, gode del frutto del suo passato e accresce lo spazio della propria
esistenza: “ampliat aetatis spatium sibi vir bonus: hoc est/vivere bis, vita
posse priore frui” (X 23, 7 - 8).
[1] S. Kierkegaard, Diario
del seduttore , p. 75. La citazione è tratta da Ovidio, Ars
Amatoria , II, 123 - 124. Bello non era ma bravo a parlare Ulisse e
pure fece struggere d'amore le dee del mare.
[2] eujtevleia è frugalità,
parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\,
tevloς) è la bellezza preferita dai veri signori, quelli
antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti
costosi.
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