Guido Reni, Ratto di Elena (particolare |
"alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti,
altri di navi
dicono che sulla terra nera
sia la cosa più
bella, io quello
che uno ama.
Ed è facile
assai rendere questo
comprensibile a
ognuno: infatti quella che di gran lunga superava
nella bellezza
gli esseri umani, Elena, dopo avere lasciato il marito,
che pure era il più
valoroso di tutti,
andò a Troia
navigando
e non si ricordò
per niente della figlia
né dei suoi
genitori, ma Cipride la
trascinò, in
preda all'amore.
...
...
Anche a me ora
ha fatto ricordare
di Anattoria
assente.
Di lei ora
vorrei vedere l'amabile
passo e il
fulgido scintillio del volto
piuttosto che i
carri dei Lidi e i fanti
che combattono
nell'armatura".
Strofe saffiche
Fromm in Marx e Freud (1962)
afferma che l’intelligenza è espressione di indipendenza, coraggio, vitalità,
mentre la stupidità è sottomissione. Per l’intelligente vivere è un’avventura,
non è solo evitare il dolore. Gli intelligenti sono indipendenti
intraprendenti, innamorati della vita. Si progredisce soltanto sviluppando la
propria razionalità e la propria capacità affettiva (p. 176).
Saffo afferma il proprio gusto di persona
e di donna: al mondo maschile della guerra, quando la Lidia era la grande
potenza militare dell'epoca, ella contrappone quello femminile dell'amore, e
non dell'amore matrimoniale, bensì dell'Eros come rapimento dei sensi e
dell'anima travolti da Afrodite.
Comincia di qui la palinodia su Elena (la
quale nell'Odissea , IV, 145, tornata a essere buona moglie, brava
regina di sparta e avveduta padrona di casa, pentita dei propri trascorsi,
chiama se stessa kunw'pi~,
"faccia di cagna").
Una rivalutazione questa di Saffo che non
ha bisogno, come quelle operate da Stesicoro e da Euripide di affermare che la
bella donna in realtà rimase fedele a Menelao, siccome a Troia andò solo un
fantasma, né adduce il motivo patriottico, come farà Isocrate (Elena ,
67) sostenendo che la splendidissima fu la causa dell'unità del mondo greco
contro la barbarie asiatica in una guerra che prefigurò quella preparata da
Filippo di Macedonia, né deve accumulare una disordinata caterva di giustificazioni
come Gorgia, il maestro di Isocrate, nell'Encomio di Elena :"
ella in ogni caso sfugge all'accusa poiché fu presa da amore, fu persuasa dalla
parola, fu rapita con la violenza, e fu costretta da necessità
divina"(20).
Saffo è semplice e diretta: la
poetessa approva la scelta amorosa della donna che ha seguito il richiamo della
cosa più bella, senza tenere conto di convenzioni sociali, convenienze
economiche o pastoie di qualsiasi genere.
Questa prima affermazione di indipendenza
della donna risuonerà nelle parole dei drammi greci, e procederà a mano a mano fino
ad arrivare alla Nora di Ibsen (1879):"io devo, anzitutto, pensare ad
educare me stessa. Ma tu non sapresti aiutarmi..per questo ti lascio." E
quando il marito le obietta:"prima di ogni altra cosa, tu sei sposa e
madre", ella risponde:"Non credo più a questi miti. Credo di essere
anzitutto un essere umano, come lo sei tu..So che la maggioranza degli uomini
ti darà ragione, e che anche nei libri dev'esserci scritto che hai ragione. Ma
io non posso più ascoltare gli uomini, né badare a quello ch'è stampato nei
libri. Ho bisogno di idee mie e di vederci chiaro" (Una casa di bambola ,
atto terzo).
“Come si vede, si tratta di una
riabilitazione di Elena basata su una vera e propria rivoluzione di valori
etici e però ben maggiore della riabilitazione razionalistica operata da
Stesicoro, che nasce semplicemente da una variante narrativa”[1].
La conclusione di Saffo del resto anticipa
quanto scriverà Virgilio nella decima bucolica:"omnia vincit Amor, et
nos cedamus Amori "(v. 69), l'amore vince tutto, cediamo
all'amore anche noi.
Entrambe le odi di Saffo qui
presentate hanno una "struttura ad anello" in quanto gli ultimi versi
tornano sul tema dei primi, secondo quel movimento circolare che gli antichi
notavano nell'eterno volgersi delle stagioni e nell'intera natura.
Riporto, per contrasto anche alcune
condanne dell’adulterio, in particolare di quello femminile
Scegliete voi. Io ho frequentato adultere
e non ne sono pentito siccome considero il matrimonio una istituzione
innaturale, almeno per me e per quanti praticano l’adulterio
Riporto anche alcune condanne dell'adulterio.
Teocrito nell' Encomio di Tolomeo (XVII) fa
l'elogio del padre e della madre del Filadelfo ossia di Tolomeo I Soter e Berenice che si
piacevano e amavano reciprocamente: mai nessuna donna piacque al marito quanto
Tolomeo amò la sua sposa. Ebbene lei lo contraccambiò e questa è la condizione
per la quale un uomo può affidare la casa ai figli:"oJppovte
ken filevwn baivnh/ levco" ej" fileouvsh"". (XVII, 42), quando innamorato entri nel letto
di lei innamorata.
Le nozze,
seppure endogamiche, dei loro figli Tolomeo II Filadelfo e Arsinoe sono
altrettanto sante; anzi il loro iJero;"
gavmo" (XVII,
130) matrimonio sacro è assimilato alla ierogamia di Era e Zeus, fratello e
sorella anche loro .
Altrimenti c'è la rovina del gevno" : l'animo di una donna che non ama è rivolto
sempre a uno di fuori, i parti sono facili e i figli non assomigliano al padre
(vv. 43 - 44). La moglie fedele dunque è necessaria per garantire la
trasmissione del patrimonio accumulato a figli "di paternità
indiscussa".
Secondo F. Engels (1820 - 1895) è questa la ragione più vera della
famiglia monogamica e della sottomissione della donna:"la monogamia nasce dalla concentrazione di
più ricchezze in una mano sola, precisamente quella di un uomo, e dal bisogno
di trasmettere in eredità tali ricchezze ai figli di quest'uomo e a nessun
altro"[2].
Ma torniamo alla fedeltà delle spose dei primi Tolomei.
Catullo nel carme 66 traduce la Chioma di Berenice di
Callimaco e aggiunge cinque distici ( 79 - 88) che contengono un biasimo dell'adulterio. La storia
d'amore è nota. La regina aveva promesso di offrire la propria capigliatura al
tempio di Arsinoe Zefirite se suo marito
Tolomeo III Evergete (246 - 221) fosse tornato sano e salvo dalla
spedizione contro Seleuco II re di Siria (246 a. C.). Sciolto il voto, la
treccia sparì e l'astronomo Conone affermò di averla scoperta in cielo in una
costellazione dove gli dèi l'avevano assunta.
Callimaco per assecondare questo elogio cortigianesco raccontò
l'episodio in distici elegiaci e lo inserì negli Aitia .
"Questo poeta rese omaggio anche in altre occasioni alle donne della
famiglia reale, e quando l'astronomo di corte Conone riscoprì in cielo,
trasformata in costellazione, la ciocca di capelli che la moglie dell'Evergete
aveva deposto in un tempio come offerta votiva per il felice ritorno del
marito, il poeta, ormai vecchio, dedicò alla giovane regina un galante carme
augurale, la Chioma di Berenice, che dovette indubbiamente
esser letto con la stessa sorridente intelligenza con cui era stato
composto. Da allora, nel regno
tolemaico, le donne ebbero sempre una posizione di rilievo nella politica, fino
alla diabolica Cleopatra, che seppe incantare con i suoi vezzi un Cesare
e arrivò a sognare di stabilirsi, signora del mondo, sul Campidoglio a fianco
di Antonio"[3].
Dunque Berenice maior era la moglie di Tolomeo I Sotèr; Arsinoe di
Tolomeo II Filadelfo; Berenice minor di Tolomeo III Evergete.
[2] F.
Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (del
1884) , p.86 e p. 100.
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