Józef Simmler Ritratto di Jadwiga Łuszczewska in veste di Diotima |
Lo scopo cui tende amore, secondo Diotima del Simposio platonico è la procreazione nel bello secondo il corpo e secondo l'anima: "tovko" ejn kalw'/ kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn" (206b).
Plotino riprende Platone.
Le cose belle sono quelle congeniali alla Yuchv che è una
manifestazione del Nou`~ che è il primo prodotto
dell’Uno.
Plotino (205 - 270 d. C.) Sei Enneadi, ciascuna con nove
scritti. Furono edite dal discepolo Porfirio che scrisse una Vita di
Plotino.
La sesta parte della prima Enneade (I, 6) riguarda il
bello: Peri; tou' kalou'. C’è il bello nella
combinazione delle parole, nei ritmi, nella virtù. Alcune cose come i corpi
sono belli non per la loro stessa sostanza, ajlla; meqevxei, per la loro partecipazione (all’dea).
La natura della virtù invece è bella per se stessa.
Confutazione: molti
affermano che la bellezza dei corpi consiste nella simmetria delle parti tra
loro (summetriva tw'n merw'n pro;~ a[llhla). Simmetria e
misura. Dottrina stoica. Per costoro il bello non è ajplou'n, semplice, ma composto da parti.
Per questi che sbagliano, i colori, come la luce del sole, sarebbero privi
di bellezza perché sono semplici[1].
Ma la simmetria può esserci anche tra pensieri cattivi, come credere
che la temperanza sia una sciocchezza e che la giustizia sia una generosa
ingenuità. Fine confutazione
La virtù è una bellezza dell’anima senza che in lei ci siano parti
simmetriche. L’anima è nipote dell’Uno ed è semplice.
Che cosa è dunque la bellezza
dei corpi tiv dh'tav ejsti to; ejn
toi'~ swvmasi kalovn; (2).
L’anima respinge ciò che le è discordante ed estraneo. L’anima (Yuchv) è manifestazione del Nou'~ che è il
primo prodotto dell’Uno. L’anima
dunque si compiace di contemplare ciò che vede dello stesso genere suo (suggenev~) o le tracce del
congeniale ( h] i[cno~ tou' suggenou'~). Allora gioisce e rimane stupita e lo riporta a se stessa e si ricorda
di sé e di ciò che le appartiene (cfr. Fedro 250 e Simposio 209). Le bellezze inferiori e superiori hanno
una oJmoivoth~, rassomiglianza in quanto in loro c’è
la metochv ei[dou~, la partecipazione a una idea, a una forma.
Di nuovo Cicerone
Cicerone
consiglia una semplicità elegante al suo gentiluomo quando pone le basi del
galateo nel De officiis [2]
": quae sunt recta et simplicia laudantur. Formae autem
dignitas coloris bonitate tuenda est, color exercitationibus corporis.
Adhibenda praeterea munditia est non odiosa nec exquisita nimis, tantum quae
fugiat agrestem et inhumanam neglegentiam. Eadem ratio est habenda vestitus, in
quo, sicut in plerisque rebus, mediocritas optima est " ( I, 130), viene lodata la
naturalezza e la semplicità. Ora la dignità dell'aspetto deve essere conservata
mediante il bel colore dell'incarnato, il colore con gli esercizi fisici.
Inoltre deve essere impiegata un'eleganza non sfacciata né troppo ricercata,
basta che eviti la trascuratezza contadinesca e incivile. Lo stesso criterio si
deve adottare nel vestire dove, come nella maggior parte delle cose, la via di
mezzo è la migliore. Lo stesso, vedremo, Seneca (Ep. 5).
La bellezza può essere quella del corpo, del viso, dei capelli,
La bellezza
può essere curata attraverso il cultus, ma può essere anche
trasandata.
Ovidio
scrive: "Forma viros
neglecta decet; Minoida Theseus/abstulit, a nulla tempora comptus
acu;/ Hippolitum Phaedra, nec erat
bene cultus, amavit;/ cura deae silvis aptus Adonis erat "
(Ars amatoria, I,
vv. 507 - 510), agli uomini sta bene la bellezza trasandata; Teseo rapì la
figlia di Minosse senza forcine che tenessero in ordine i capelli sulle tempie;
Fedra amò Ippolito e non era gran
che curato; Adone avvezzo alle selve era oggetto d'amore di una dea.
Ancora Curzio Rufo, Ovidio Seneca
Degenerazione di Alessandro che imitava la magnificenza persiana. Voleva
vedere i vincitori di tante genti iacēre humi venerabundos ipsum (Curzio
Rufo, 6, 6, 3). Si mise sul capo un purpureum diadēma distinctum
albo, diadema purpureo guarnito di bianco, come Dario, e si vestì alla
persiana senza temere l’omen di indossare l’abito del vinto (6, 6,
4).
Determinismo vestiario: Cum illis, quoque mores induerat (6,
6, 5).
Il cultus misurato
Ovidio " nelle sue oscillazioni poco tormentate si ferma alla proposta
di un cultus misurato che eviti gli eccessi del lusso e, nello
stesso tempo, di una raffinatezza dannosa. Per l'uomo egli rifiuta un
trattamento dei capelli e della pelle che lo renda simile agli eunuchi
servitori di Cibele (Ars I 505 sgg.): l'ideale virile è un equilibrio
fra la mundities e la robustezza data dagli esercizi del Campo
Marzio (ibid. 513 sg.): Munditiae placeant, fuscentur corpora
Campo;/sit bene conveniens et sine labe toga.
Dunque, né rusticitas né effeminatezza"[3]. L'eleganza piaccia, siano
abbronzati i corpi al Campo Marzio; la toga stia bene e sia senza macchie (vv.
511 - 512).
Anche per Seneca è auspicabile
la via di mezzo:"non splendeat toga, ne sordeat quidem" (Epist., 5,
3), non brilli la toga, ma neppure sia sudicia.
A proposito dell’abbronzatura, interessante notare che nella Repubblica di
Platone la rivolta contro l'oligarchia parte dal povero snello e
abbronzato ijscno;" ajnh;r pevnh" hJliwvmeno" (556d) il quale è schierato in battaglia accanto al ricco cresciuto
nell'ombra con molta carne superflua (paratacqei;" ejn mavch/
plousivw/ ejskiatrofhkovti, polla;" e[conti savrka" ajllotriva"), lo vede pieno di affanno e difficoltà e capisce che non vale nulla e che
quindi il suo potere non è naturale.
Cfr. la dialettica servo signore di Hegel: “il signore si rapporta alla cosa in guisa mediata,
attraverso il servo”; il servo invece “col suo lavoro non fa che trasformarla”[4]
Vero è che
attraverso il lavoro del servo e il suo rapporto diretto con la realtà, avviene
un rovesciamemto dialettico. Secondo Hegel in termini di coscienza. Lavorando
il servo giunge alla consapevolezza, alla coscienza di sé e del mondo oggettivo
La servitù
una volta compiuta diventerà il contrario di quello che è immediatamente.
Diventata autocoscienza la servitù si trasformerà nel proprio rovescio. Marx
utilizzerà questa dialettica servo - signore come chiave di lettura dell’intera
storia che è storia di lotta di classi.
Aggiungo di
mio che l’autocoscienza, il conosci te stesso, si raggiunge pure e forse più
profondamente attraverso la lettura e la comprensione dei classici antichi e
moderni.
Torniamo ai
latini. La semplicità insomma non sia rozza, sprovveduta e inopportuna ma
voluta e conquistata. Marziale[5] la
chiama prudens simplicitas (X, 47, 7) semplicità accorta e la
considera uno dei mezzi che abbelliscono la vita (vitam quae faciant
beatiorem , v. 1). Si sente la lezione ovidiana: la simplicitas
rudis (A. a. III, 113) non si confà alla Roma moderna.
Pirra
è simplex munditiis (Odi I, 5, 5) semplice
nell'eleganza.
[1] Teniamo conto che secondo Plotino noi giungiamo al
Sommo, all’Essere originario (to; prw'ton) quando ci
innalziamo al di sopra anche del pensiero in uno stato di e[kstasi~ e di a[plwsi~, di semplificazione.
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