NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 29 dicembre 2019

Saffo. Parte 3. "Io amo la delicatezza"

Saffo

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Una caratteristica di Saffo è la delicatezza. Saffo,  nel fr. 58 Voigt, nota delicatamente la sua sopraggiunta vecchiaia gh'ra" che toglie luce alla pelle e colore ai capelli: “leu'kai d jj ejgenovnto trivce" ejk melaivnan”, i capelli da neri sono diventati biannchi. Quindi menziona Titono che Aurora dalle braccia di rosa portò ai confini del modo. E infine: e[gw de; fivlhmm j ajbrosuvnan. Io amo la delicatezza.
Eros a me ha fatto ottenere la bellezza e la luce del sole.

Ricordo delicatezza di Euridice la quale non si lamenta poiché un’amante non può lamentarsi di essere amata: “flexit amans oculos: et protinus illa relapsa est/bracchiaque intendens prendique et prendere certans/nil nisi cedentes infelix adripit auras./Iamque iterum moriens non est de coniuge quicquam/questa suo (quid enim nisi se quereretur amatam?)/supremumque “vale”, quod iam vix auribus ille/acciperet, dixit revolutaque rursus eodem est” (X, vv. 56-63), girò indietro gli occhi l’amante: e subito lei cadde, e sebbene lui tendesse le braccia lottando per essere preso e prendere, nulla afferrò l’infelice se non soffi fugaci. E lei mentre già moriva per la seconda volta non emise un lamento sul coniuge suo (di che cosa infatti si sarebbe lamentata se non di essere amata?) e gli disse l’ultimo “addio” che oramai quello appena prendeva nelle orecchie, poi cadde di nuovo nel luogo di prima.
Questi versi vengono letti dalle due ragazze amanti reciproche del film Ritratto della donna in fiamme
Si pensi viceversa alla moglie della satira sesta di Giovenale: quando si trova sulla nave dove l’ha fatta salire il marito, gli vomita addosso, se invece segue l’amante, sta bene di stomaco, pranza in mezzo ai marinai, passeggia per la poppa e gode nel maneggiare le dure funi: “quae moechum sequitur, stomacho valet; illa maritum/convomit; haec inter nautas et prandet et errat/per puppem et duros gaudet tractare rudentis” (vv. 100-102) .    


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