C’è chi vuole saltare sul carro delle sardine e non fa che elogiarle e chi, invece, come Cacciari nel quotidiano “la Repubblica” di oggi (p. 10) dice a chi lo intervista che questi giovani scesi in pazza in tanti “per non scomparire dovranno entrare nell’agone politico con loro proposte concrete e precise”. Sono contento che tale richiesta fatta anche da me ieri e ieri l’altro in questo blog non sia rimasta isolata.
Viceversa, nello stesso giornale (a p.
11) c’è un panegirico di Michele Serra con l’apoteosi delle sardine. Ne esalta
la fisicità, i branchi che riempiono le piazze. Alcune parole citate, poi un
breve commento mio: “La fisicità, il corpo delle persone, come ‘unico elemento
non manipolabile’ “. Le ultime sono parole citate dagli ideatori del movimento.
Il corpo invero è
manipolabilissimo dalla pubblicità che spinge, per esempio a mangiare panettoni
e altri dolci in questi giorni di "festa", a bere liquidi iperdolcificati,
e induce all’obesità, o a bere alcol, coca cola e tanti altri
prodotti deformanti e nocivi per la salute somatica, talora velenosi e mortali.
Un’altra citazione che Serra prende da
Marco Revelli celebra l’nnocenza delle sardine quale “la stonatura più
insopportabile per il cinismo egemonico”.
L’innocenza però, aggiungo, deve
associarsi alla chiarezza delle idèe e alla perspicuità delle parole che le
esprimano. Queste si ricavano da tante letture. Altrimenti l’innocenza è quella
del selvaggio, non sempre e non necessariamente buono. O addirittura quella del
bruto tipo Moosbrugger di Musil.
Dice bene Cacciari: “Le loro proposte,
sono sostanzialmente prepolitiche, di buon senso, nel segno dell’antifascismo e
dell’antisalvinismo. Bravi ma non è sufficiente”
Come non è sufficiente scendere
fisicamente in piazza.
Il pezzo di Michele Serra, che in altre
occasioni ho potuto apprezzare, si intitola “La politica fatta con i corpi.
Questa è la vera rivoluzione”. Il titolo di solito non lo fa chi manda l’articolo
ma Serra insiste su questo concetto a parer mio discutibile:“E’ una richiesta,
anzi è una pratica di ri-materializzazione della politica, della vita civica”.
Io al contrario mi aspetto e pretendo da
chi fa politica una buona dose di preveggenza anche idealistica, certamente
fondata su un’acuta analisi del presente e una conoscenza vasta e profonda del
passato, ma pure in grado di antivedere.
Le parole chiave del pezzo di Serra
secondo me sono queste: “Mentre i peggiori rompiballe della sinistra sputano
sentenze, cercano il pelo nell’uovo e danno consigli non richiesti. Le sardine
forniscono ben altri indizi circa i sentimenti, i ragionamenti e le intenzioni
che le hanno riunite in branchi così numerosi, e fitti, e imprevedibili allo
sguardo dei predatori”.
Forse “branchi” è la chiave
che apre tutto: il detto e il non detto. Lascio decidere a voi che mi leggete.
Mi metto tra questi sputasentenze
fastidiosi esecrati da Serra e suggerisco, non tanto alle sardine che forse non
mi leggono ma piuttosto ai miei lettori sicuri, di guardarsi da tali
panegiristi e incensatori che saltano fuori nel momento del successo di un
gruppo o di una persona. Soprattutto se questo "vincente" non
dà fastidio al potere. Si pensi al successo di Greta che ha detto solo delle
ovvietà note a tutti ed è diventata secondo uno dei giornali “autorevoli” la
persona dell’anno.
Io invece scrivo per educare e
l’educazione deve contenere della critica fatta di opinioni e, perché no, di
giudizi anche dissenzienti e sgraditi. Ripeto dunque quanto ho scritto due
giorni fa: questo movimento, se vuole continuare a esistere e contare
politicamente deve fare proposte politiche, uscire dal generico non rimanerci a
lungo.
Mi vengono in mente due versi di Bertolt
Brecht:
“Si porta alta la testa,
si resta sul generico” (da Canzone di Polly
Peachum)
giovanni ghiselli
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