sabato 8 ottobre 2022

L’ Umanesimo contro il terrorismo

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Si levano proteste giustamente
  forti  e ripetute contro le violenze anche mortali subite dalle ragazze iraniane.
Vorrei che molte proteste si fossero unite alle mie contro l’atto terroristico che ha massacrato una ragazza russa: Darja Dugina. Da parte delle nostre istituzioni non c’è stata una parola di condanna. Prima menzogne che davano la colpa agli stessi Russi arrivando perfino a dire che Dugina se l’è voluta e meritata, poi il silenzio.
Ieri c’è  stato un altro atto terroristico che ha provocato morti e feriti civili su un ponte che collega la Crimea regione abitata da Russi, al resto della Russia. Non ho ancora sentito condanne da parte dei parlamentari.
A tanta disumana complicità con uno paese armato fino ai denti anche da noi, contrappongo una serie di espressioni dell’umanesimo che significa amore per l’umanità.
Sono parole già uscite in questo mio blog, ma le ripeto perché credo che sia di nuovo necessaria questa confutazione della disumanità che viene propagandata dai media affinché occupi le menti degradandole da acropoli delle persone a bui sotterranei con camere di tortura.
Si discute se il tal ministero debba andare a questo o a quello, e si tace sul terrorismo o addirittura lo si approva.
 
Ripeto dunque queste nobili parole di amore per l’umanità.
Le dedico a tutte le vittime del terrorismo: italiane,  russe, ucraine, iraniane, americane.
 
La principessa dei Feaci Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea (207-208) vuole  aiutare Ulisse giunto naufrago nell’isola di Scheria e  dice queste parole alle ancelle in fuga spaventate dall’aspetto miserabile e orribile di Odisseo: “to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~ - xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te”, dobbiamo prenderci cura di questo: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro
  Le stesse parole (Odissea, XIV, 57-59)  dice Eumeo il guardiano dei porci di Itaca quando Ulisse gli si presenta travestito da mendicante, irriconoscibile, e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui.
  
Quindi  Antigone di Sofocle che si oppone al decreto disumano Creonte dicendogli:  Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore (ou[toi sunevcqein, ajlla; sumfilei`n e[funAntigone, v.523) :"- E' questo uno dei versi chiave della tragedia.
 
L'Antigone di Brecht afferma come quella sofoclèa di vivere per l'amore, non per l'odio, e al tiranno, che l'accusa di non vedere "il divino ordinamento dello Stato", ribatte:"Sarà divino, ma lo vorrei piuttosto/Umano, figlio di Meneceo, Creonte".
 
Un'altra espressione di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo  nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so bene di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura mezza distrutta come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande:"kaiv s j oijktivsa"-qevlw  jperevsqai[1], duvsmor j Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556-558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui. Poi significa ascoltare e comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io-dice il re di Atene al mendicante cieco-sono stato allevato fuggiasco come te" (vv.562-563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567-568).
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età ellenistica e partorirà l'humanitas  latina.   
 
Un’altra dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo nel  più    famoso verso di Terenzio:"  :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[2].
 
In Virgilio c'è una regina, che, prima di decadere a donna abbandonata, esprime questo tw/' pavqei mavqo" :" non ignara mali miseris  succurrere disco ", Eneide, I, 630, non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati. Enea, l’uomo dalla pietas spietata dopo essere stato soccorso da lei la abbandona senza nemmeno salutarla.
Tale spietatezza viene rilevata da Ovidio. Il poeta di Sulmona, dopo avere affermato che gli uomini ingannano spesso, più spesso delle tenere fanciulle (saepe viri fallunt, tenerae non saepe puellae, Ars, III, 31)  aggiunge Enea al duetto dei seduttori  perfidi,  il fallax Iaso  (Ars, III, 33) e Teseo[3]: "et famam pietatis habet, tamen hospes et ensem[4]/praebuit et causam mortis, Elissa, tuae" (Ars, III, 39-40), ha la nomèa di uomo pio, tuttavia da ospite ti offrì la spada e il motivo della morte tua, Elissa.
In A midsummer-night’s dream Hermia accoglie questa interpretazione di Enea e lo menziona come amante infido: “when the false Troyan under sail was seen” (I, 1), quando il Troiano falso fu visto alzare la vela.
 
Seneca afferma la naturalezza e la necessità dell'amore reciproco nell'Epistola 95:"natura nos cognatos edidit, cum ex isdem et in eădem gigneret; haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocēre quam laedi, ex illius imperio paratae sint iuvandis manus. Ille versus et in pectore et in ore sit:
homo sum, humani nihil a me alienum puto[5].
Ita habeamus: in commune nati sumus. Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent, hoc ipso sustinetur" ( 95, 52, 53), la natura ci ha messi alla luce legati da parentela, poiché ci ha fatto nascere dai medesimi elementi e per i medesimi scopi; questa ci ha messo dentro un amore reciproco e ci ha reso socievoli. Essa ha disposto l'equità e la giustizia; secondo il suo ordinamento è più deplorevole recare danno che riceverlo[6], in conseguenza dei suoi ordini le mani siano pronte per quelli che hanno bisogno di aiuto. Ci stia sempre nel cuore e in bocca quel verso famoso:
sono uomo, e non mi sento  ostile a nulla di umano.
Facciamo questa considerazione: siamo nati per metterci a disposizione. La nostra società è molto simile a una volta di pietre che, destinata a cadere se non se lo impedissero a vicenda, proprio da questo fatto è tenuta in piedi.
Ma la ricerca della voluptas ha capovolto questo fatto naturale:"Homo, sacra res homini, iam per lusum ac iocum occiditur" (95, 33), l'uomo, cosa sacra per l'uomo, oramai viene ucciso per gioco e per scherzo.   
 
La formulazione sintetica di tale principio si trova in un' altra
epistola di Seneca:" Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur "[7], vive chi si rende utile a molti, vive chi si adopera.
 
Una humanitas  questa che viene echeggiata  dalle prime parole del Decameron :"Umana cosa è l'aver compassione degli afflitti"[8].
 
Tanta parte di questa umanità si è perduta o per lo meno smarrita in molti umani disumanizzati dall’avidità di potere, di denaro e dall’ignoranza che suscita sdegno né vergogna ma una sorta di compiacimento da quando, degradata la scuola, è diventata di moda
 

Bologna 8 ottobre  2022 ore 17, 19

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[1] =ejperevsqai: infinito aoristo di ejpeivromai, domando.
[2]Heautontimorumenos  ,77.
[3] Tanto perfido questo che, se fosse dipeso da lui, Arianna avrebbe nutrito gli uccelli marini (Ars, III, 35-36). La Fedra di Seneca entrando in scena, afferma che la fedeltà di Teseo è quella di sempre: “stupra et illicitos toros/Acheronte in imo quaerit Hippolyti pater” ( Fedra, vv. 97-98), cerca adulterii e letti illegittimi il padre di Ippolito in fondo all’Acheronte. Interessante è la versione dell’Odissea (11, 324-325) : Artemide uccise Arianna in Dia in seguito alle accuse di Dioniso abbandonato per Teseo che comunque rimane il seduttore principe.
[4] Spada lasciata da Enea ( Eneide, IV, 507) e impiegata quale dono funesto (non hos quaesitum munus in usus., Eneide,  IV, 647,  dono richiesto non per questo uso. 
[5]Terenzio,  Heautontimorumenos, v. 77.  Lo dice il vecchio Cremete al vecchio Menedemo, il punitore di se stesso
[6] Socrate nel Gorgia indica dikaiosuvnh e swfrosuvnh, giustizia e temperanza, come i bersagli cui deve mirare l'uomo buono che vuole essere felice, non permettendo che le passioni divengano sfrenate (507d-e). E tra commettere ingiustizia e subirla il male minore è subirla (mei'zon mevn famen kako;n to; ajdikei'n, e[latton de; to; ajdikei'sqai, 509c).
[7] Epist. 60, 4.
[8] Che nella fattispecie sono in particolare le donne innamorate.

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