Ricordo il discorso finale del film
di Chaplin The great dictator (1940): il barbiere, sosia
di Hynkel - Hitler, scambiato per il grande dittatore deve fare un discorso che
legittimi e anzi esalti la prepotenza del tiranno, presentato alla folla come
il futuro imperatore del mondo dal ministro della propaganda Garlitsch - Goebbels.
Ebbene il piccolo grande uomo non rispetta la parte che gli hanno assegnato e
dice di non volere comandare su nessuno, ma aiutare tutti. Poi continua
dicendo: “Our knowledge has made us
cynical, our cleverness hard and unkind. We think to much and feel to little. More than machinery we need
humanity. More than cleverness we
need kindness and gentleness”, la nostra conoscenza ci ha resi
cinici, la nostra intelligenza duri e scortesi. Noi pensiamo troppo e sentiamo
troppo poco. Più che di macchinari abbiamo bisogno di umanità. Più che di
intelligenza abbiamo bisogno di bontà gentilezza.
Nelle Storie di Erodoto la
teoria antitirannica è attribuita al nobile persiano Otane il quale, durante il
dibattito costituzionale, contrappone alla monarchia il potere del popolo che
prima di tutto ha il nome più bello: " ijsonomivhn", poi non fa nulla
di quanto perpetra l'autocrate: infatti esercita a sorte le magistrature ed ha
un potere soggetto a controllo:" uJpeuvqunon de; ajrch;n
e[cei" (III, 80, 6). Erodoto attraverso Otane
formula già la teoria, poi riproposta da Polibio, secondo la quale la monarchia
degenera inevitabilmente in tirannide. Tra i sette nobili Persiani, quando
ebbero parlato anche Megabizo, che propugnava l'oligarchia, quindi Dario, il
quale sosteneva la monarchia e l'inevitabilità della degenerazione sia della
democrazia sia dell'aristocrazia (III, 82) verso le rispettive forme deteriori,
prevalse quest'ultimo con l'argomento che a loro la libertà era venuta da un
monarca. Allora Otane non entrò in lizza per diventare re, dicendo parole belle
assai, una specie di manifesto dell'antisadismo:"ou[te
ga;r a[rcein ou[te a[rcesqai ejqevlw"
(III, 83, 2), infatti non voglio comandare né essere comandato[1].
“Una forte tendenza al rifiuto di obbedire
è spesso accompagnata da una tendenza altrettanto forte al rifiuto di dominare
e di comandare”[2] .
Sentiamo Bertolt Brecht:
“Io son cresciuto figlio
di benestanti. I miei genitori mi hanno
messo un colletto, e mi hanno educato
nelle abitudini di chi è servito
e istruito nell’arte di dare ordini. Però
quando fui adulto e mi guardai intorno
non mi piacque la gente della mia classe,
né dare ordini né essere servito.
E io lasciai la mia classe e feci lega
I contadini di mia nonna, mezzadri poveri
negli anni Cinquanta quando ero bambino e le zie mi portavano a battiture e
vendemmie a Montegridolfo, Tavullia e Tavollo, mi chiamavano “padroncino” e io
me ne vergognavo e sentivo in colpa. Poi il ’68 mi ha autorizzato a diventare
quello che già allora ero: un uomo umano
Giovanni ghiselli, Bologna 13 gennaio 2019
[1] Diodoro Siculo racconta una cosa del
genere a proposito degli Indiani: essi hanno una bella usanza introdotto dai
filosofi: non ci sono schiavi e rispettano in tutti l’uguaglianza: “tou;~
ga;r maqovnta~ mhvq j uJperevcein mhvq j uJpopivptein a[lloi~ kravtiston e{xein
bivon pro;~ aJpavsa~ ta;~ peristavsei~” (Biblioteca storica, 2, 39, 5),
poiché quelli che hanno imparato a non prevalere e a non sottomettersi ad altri
avranno una vita migliore in tutte le circostanze.
Diodoro Siculo racconta una cosa del genere a proposito degli Indiani: essi
hanno una bella usanza introdotto dai filosofi: non ci sono schiavi e
rispettano in tutti l’uguaglianza: “tou;~ ga;r maqovnta~
mhvq j uJperevcein mhvq j uJpopivptein a[lloi~ kravtiston e{xein bivon pro;~
aJpavsa~ ta;~ peristavsei~” (Biblioteca storica, 2, 39, 5), poiché quelli
che hanno imparato a non prevalere e a non sottomettersi ad altri avranno una
vita migliore in tutte le circostanze.
[2] Hannah Arendt, Sulla
violenza, p. 41.
[3] Scacciato per
buone ragioni in Poesie di Svendborg del 1939.
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