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mercoledì 29 gennaio 2020

Donne nell'epica greca. Parte 3. La Magna Mater mediterranea

il culto della Magna Mater

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Prima parte della conferenza che terrò il 3 febbraio nella biblioteca Pezzoli di Bologna dalle 17

La Magna Mater mediterranea
Artemide signora delle belve
Era e Tetide però sono subordinate a Zeus
Nell’Iliade (VIII se. A. C.) la donna esiste come femmina umana e come divinità femminile, sostanzialmente subordinata a quella maschile, sebbene non manchi qualche sporadico ricordo della Magna Mater mediterranea, la povtnia prevalente sul maschio paredro, che le siede accanto al secondo posto.
 Vediamo di che si tratta.

La grande madre mediterranea.
Di questa Signora suprema che risale al tempo della civiltà minoica, pregreca, si trova una traccia in Iliade XXI, 470 dove Artemide è chiamata povtnia qhrw'n, signora delle belve.
Il termine povtnia (presente anche nell’ Odissea in I, 14 per esempio, a proposito della nuvmfh Calipso ) contiene un'idea di potenza: doveva essere un appellativo della Magna Mater mediterranea signora del mondo.
 [Artemi" del resto era solo uno dei molti nomi dati alla matriarca primordiale che infatti il protagonista del Prometeo incatenato invoca come "Qevmi" - kai gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva," Temide e Gea, una sola forma di molti nomi (vv. 209 - 210).
Tale dea, la Grande Madre chiamata in vari modi, doveva essere in origine anche Giocasta la moglie - madre di Edipo che Omero menziona quale "kalh;n jEpikavsthn, la bella Epicasta (Odissea, XI, 271).
 Con questa incestuosa regina di Tebe siamo a due soli nomi che nell'Antigone vengono funzionalizzati:"mhvthr kai; gunhv diplou'n e[po"" (v.53), madre e moglie, doppio nome. 

Nelle Baccanti di Euripide la "povtna qew'n" (v. 370) è diventata " JOsiva" , la Pietà dionisiaca, di un culto seguito dalle donne, le menadi seguaci di Bacco, un dio e una religione cui Penteo dichiara guerra, e la perde con la propria vita.

 Nelle Metamorfosi di Apuleio, Iside, la divinità egizia ai cui riti viene iniziato Lucio dopo varie peripezie, tornando da asino uomo, fa l'elenco dei nomi con i quali la dea viene chiamata e venerata presso i vari popoli:" primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropeiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem "(XI, 5), i Frigii primigeni mi chiamano madre degli dèi di Pessinunte[1], qui gli autoctoni Attici Cecropia Minerva, di là i Ciprioti marittimi Venere Pafia, i Cretesi sagittari Diana Dictinna, i Siculi trilingui Stigia Proserpina, gli Eleusini antica dea Cerere, altri Giunone, altri Bellona, questi Ecate, quelli Ramnusia; e quelli che vengono rischiarati dai primi raggi del sole nascente, e gli uni e gli altri Etiopi, e gli Egizi ricchi di antica sapienza, onorandomi con le cerimonie che mi sono proprie, mi chiamano con il vero nome "regina Iside".
Che la figura femminile sia stata predominante in una fase della storia "non è inconcepibile se si pensa alla corrispondenza tra il greco gunhv 'donna' e l'inglese queen 'regina'[2].
Il romanzo di Apuleio insegna che una vita senza Iside è una vita da asino.

Ma nell’Iliade, di fatto, le divinità femminili sono subordinate a quelle maschili, ed Era, per conseguire un suo scopo non può dare ordini ma deve ricorrere alla cosmesi, al trucco, all’inganno, alla seduzione, alla lusinga nei confronti di Zeus (Iliade XIV, 170 ss.).
Era prima si lava, si unge, si pettina, si veste si infila attraverso i lobi ben bucati gli orecchini (e{rmata) a tre perle grosse come una mora, poi va da Afrodite che le dà per il petto una fascia ricamata dove c’è l’amore (filovth"), il desiderio ( i{mero") e la seduzione (pavrfasi") che ruba il senno anche ai saggi (217). Poi va da Zeus che quando la vede nomina una decina di altre amanti dicendo che nessuna di loro (Dia, Europa, Danae, Semele, Alcmena, Semele, Demetra, Latona) gli è mai piaciuta tanto. Neppure la stessa Era Zeus ha mai desiderato come in quel momento - oujde; seu' aujth'" - w" sevo nu'n e[ramai (327 - 328)

Nel I canto Tetide deve implorare l’onnipotente per impetrare un favore al figlio cui è stato negato l’onore meritato con il valore.




[1]Si tratta di Cibele.
[2]E. Benveniste, op. cit., p. 15.

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