mercoledì 29 gennaio 2020

Il tempo e la felicità


Siamo contenti, se non addirittura felici quando sentiamo che la nostra vita è piena di cose da fare e che tutte queste ci piacciono.
Quando amiamo una donna che ci contraccambia e abbiamo voglia di stare con lei e lei con noi, e nessuno dei due sente la noia, tanto meno il dolore. Non  abbiamo tempo per annoiarci perché ci piace anche - e faccio il mio caso - leggere, scrivere, studiare, insegnare, correre a piedi e in bicicletta,  andare al cinema o a teatro, frequentare gli amici, parlare con loro. Magari condividere almeno un paio di queste attività belle e sane con l’amante amata quanto nessun'altra.
Allora le giornate passano in fretta ma i mesi e gli anni si allungano. La vita stessa intera.
Allora stimiamo noi stessi perché il tempo è "distentio ipsius animi"[1], un'estensione dell'animo stesso, e, se non lo sprechiamo, non sciupiamo l’animo, non ci perdiamo d’animo, non diventiamo pezzenti dello spirito.
Il tempo secondo Seneca è l'unico bene di cui la natura ci ha dotati, e pure precariamente. Sicché dobbiamo difenderne la proprietà e il diritto di uso con tutte le forze:"Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult " (Epist., 1, 3), tutto quanto è roba degli altri, soltanto il tempo è nostro; la natura ci ha messi in possesso di questo solo bene che fugge e scivola via, e da questo ci sbatte fuori chiunque vuole.
Credo che se lo utilizziamo tutto, e bene, possiamo addirittura prolungarlo su questa splendidissima terra inducendo chi ci ha mandato qua e non mandarci via troppo presto rispetto alle tante cose belle che abbiamo ancora da fare.
Dedico questa riflessione di un fine gennaio già primaverile alle donne di casa mia, a Helena Sarjantola, ai miei studenti  più bravi, agli ascoltatori e lettori che mi seguono ancora differendo la dipartita  e rendendo più bella questa mia vita mortale.
Baci
gianni   

p.s. il sole è appena tramontato rispetto al mio studio alle 16, 58 minuti e 15 secondi. Una "borsa di studio" di 50 minuti rispetto al minimo dicembrino.   


[1] Cfr.  Le Confessioni, XI, 25.

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