NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 11 gennaio 2020

Umano e disumano. Parte 3

Jean-Antoine-Théodore Giroust: Oedipus at Colonus

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Tratto dal percorso preparato per la conferenza che terrò nel Liceo classico M. Tondi di San Severo durante la notte di Licei (17 gennaio 2020)

Espressioni di umanesimo
L’ espressione di umanesimo più efficace e sintetica è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono: "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura ridotta a un rudere  come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande e ascoltandolo:"kaiv s j oijktivsa" - qevlw jperevsqai[1], duvsmor j Oijdivpou, tivna - povlew" ejpevsth" prostroph;n[2] ejmou' t j e[cwn", vv. 556 - 558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui.
 Questo significa comprendere che siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. Quindi aiutare chi è nel bisogno.
"Anche io - dice il re di Atene al mendicante cieco - sono stato allevato xevno" esule come te" (vv.562 - 563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567 - 568).
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età
ellenistica e partorirà l'humanitas  latina.  
Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo nel  più    famoso verso di Terenzio:"  :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[3].
E’ quanto risponde Cremete a Menedemo che gli ha chiesto se abbia tanto tempo libero da prendersi cura di guai non suoi.

Umano è mettersi nei panni degli altri
Maurizio Bettini suggerisce questa cura:" Possiamo però dire che, fra i rimedi più sicuri per guarire da questo morbo, sta la terapia del rovesciamento. Con questa espressione intendiamo un esercizio quasi quotidiano che consiste nel rovesciare sistematicamente il proprio punto di vista per assumere quello dell'"altro": in modo da poter guardare se stessi con gli occhi altrui. Di questo esercizio è stato maestro uno dei più grandi pensatori che l'Europa del XVI secolo possa vantare, Michele de Montaigne"[4].

Disumana è la mancanza di immaginazione

Insomma dobbiamo essere capaci di uscire dalla parte che stiamo vivendo, o recitando, per assumerne un'altra.
Certamente per fare questo ci vuole esperienza di vita, o immaginazione: a  proposito della prima, negli Adelphoe di Terenzio, Micio critica l’eccessiva severità del fratello Demea dicendo: “Homine imperito numquam quicquam iniustiust,/qui nisi quod ipse fecit nil rectum putat” (vv. 98 - 99), non c'è niente di più ingiusto di un uomo senza esperienza, che considera tutto sbagliato tranne quello che ha fatto lui.

A questo proposito sentiamo Leopardi: “gli scolari partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon maestro e la più utile, non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza nel saperla comunicare”[5].


Oscar Wilde De profundis Epistola in carcere et vinculis 1897 a Bosie
In te l’odio vinse sempre (…) L’amore è alimentato dall’immaginazione, per cui diventiamo più saggi di quanto sappiamo, migliori di quanto sentiamo, più nobili di quanto siam, per cui possiamo vedere la vita nel suo insieme, per cui e pe cui soltanto possiamo capire gli altri nelle loro relazioni vere e ideali (…) L’odio accieca (…) l’odio ti rese cieco a tal punto che non riuscisti a vedere oltre  l’angusto e chiuso giardino dei tuoi volgari desideri già così inaridito dalla lussuria. La tua tragica mancanza di immaginazione  (…) era esclusivamente dovuta al troppo odio che viveva in te”[6]
Sentiamo ora Luigi Pirandello, L’umorismo (1908)  Dedicato alla buon’anima di Mattia Pascal, bibliotecario
L’umorismo è il sentimento del contrario
Primo esempio
:"Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere (...) Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s' inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario, mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui  la differenza tra il comico e l'umoristico".

Gli altri 2 esempi: Marmeladov di Delitto e castigo e Sant’Ambrogio di Giusti.

Il secondo esempio è questo tratto da Dostoevskij: “Signore, signore! oh! Signore, forse, come gli altri, voi stimate ridicolo tutto questo; forse vi annojo raccontandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia vita domestica; ma per me non è ridicolo, perché io sento tutto ciò…” - Così grida Marmeladoff nell’osteria, in Delitto e Castigo[7] del Dostoevskij, a Raskolnikoff tra le risate degli avventori ubriachi. E questo grido è appunto la protesta dolorosa ed esasperata d’un personaggio umoristico contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo avvertimento superficiale e non riesce a vederne altro che la comicità”[8].

Il terzo esempio deriva da S. Ambrogio di Giusti: “Un poeta, il Giusti, entra un giorno nella chiesa di S. Ambrogio a Milano, e vi trova un pieno di soldati…Il suo primo sentimento è d’odio: quei soldatacci ispidi e duri son lì a ricordargli la patria schiava. Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo: poi quel cantico tedesco lento lento,
D’un suono grave, flebile, solenne[9]
Che è preghiera e pure lamento. Ebbene, questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel poeta, avvezzo a usare il flagello della satira politica e civile: determina in lui la disposizione propriamente umoristica: cioè lo dispone a quella particolare riflessione che, spassionandosi dal primo sentimento, dell’odio suscitato dalla vista di quei soldati, genera appunto il sentimento del contrario. Il poeta ha sentito nell’inno
La dolcezza amara/Dei canti uditi da fanciullo: il core/Che da voce domestica gl’impara,/Ce li ripete i giorni del dolore./Un pensier mesto della madre cara,/Un desiderio di pace e d’amore,/Uno sgomento di lontano esilio[10].
E riflette che quei soldati, strappati ai loro tetti da un re pauroso,
A dura vita, a dura disciplina,/Muti, derisi, solitari stanno, /Strumenti ciechi d’occhiuta rapina,/che lor non tocca e che forse non sanno[11]
Ed ecco il contrario dell’odio di prima:
Povera gente! Lontana da’ suoi,/In un paese qui che le vuol male[12].
Il poeta è costretto a fuggire dalla chiesa perché
Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, /Colla su’ brava mazza di nocciolo/Duro e piantato lì come un piolo”[13]

Questo è il terzo esempio di avvertimento del contrario passato a sentimento del contrario.

Sentiamo anche T. Mann sull’argomento: “Indifferenza e ignoranza della vita intima degli altri esseri umani finiscono per creare un rapporto affatto falso con la realtà, una specie di abbigliamento. Dai tempi di Adamo ed Eva, da quando uno divenne due, chiunque per vivere ha dovuto mettersi nei panni altrui, per conoscere veramente se stesso ha dovuto guardarsi con gli occhi di un estraneo. L’immaginazione e l’arte di indovinare i sentimenti degli altri, cioè l’empatia, il con - sentire con gli altri, è non solo lodevole ma, in quanto infrange le barriere dell’io, è anche un mezzo indispensabile di autopreservazione”[14].
gianni



[1] =ejperevsqai: infinito aoristo di ejpeivromai, domando.
[2] Prostrevpw, mi volgo verso, chiedo supplicando.
[3]Heautontimorumenos  ,77.
[4] Le orecchie di Hermes, p. 242.
[5] Zibaldone, 1376.
[6] In Oscar Wilde, Opere (Mondadori 1982, pp. 670 - 671)
[7] Parte I, cap. II.
[8] Luigi Pirandello, L’umorismo, p. 174
[9] Giuseppe Giusti (1809 - 1850) S. Ambrogio, v. 60
[10] S. Ambrogio, vv. 65 - 71.
[11] S. Ambrogio, vv. 81 - 84.
[12] S. Ambrogio, vv. 89 - 90.
[13] Luigi Pirandello, L’umorismo (1908), p. 175.
[14] T. Mann, Il giovane Giuseppe, p. 117 (1934)

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