Jean-Antoine-Théodore Giroust: Oedipus at Colonus |
Tratto dal
percorso preparato per la conferenza che terrò nel Liceo classico M. Tondi di
San Severo durante la notte di Licei (17 gennaio 2020)
Espressioni di umanesimo
L’
espressione di umanesimo più efficace e sintetica è quella che il vecchio
Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a
Colono: "e[xoid j ajnh;r
w[n"(v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza
della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere
di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura ridotta a
un rudere come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande
e ascoltandolo:"kaiv s j oijktivsa" - qevlw jperevsqai[1], duvsmor j Oijdivpou, tivna - povlew"
ejpevsth" prostroph;n[2] ejmou' t
j e[cwn", vv.
556 - 558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale
preghiera per la città e per me ti sei fermato qui.
Questo
significa comprendere che siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e
destinati alla morte. Quindi aiutare chi è nel bisogno.
"Anche
io - dice il re di Atene al mendicante cieco - sono stato allevato xevno" esule come te" (vv.562 - 563)."Dunque
so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv.
567 - 568).
E' una
dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età
ellenistica
e partorirà l'humanitas latina.
Una simile
dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo,
leggiamo nel più famoso verso di
Terenzio:" :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[3].
E’ quanto
risponde Cremete a Menedemo che gli ha chiesto se abbia tanto tempo libero da
prendersi cura di guai non suoi.
Umano è
mettersi nei panni degli altri
Maurizio
Bettini suggerisce questa cura:" Possiamo però dire che, fra i rimedi più
sicuri per guarire da questo morbo, sta la terapia del rovesciamento. Con questa espressione intendiamo un
esercizio quasi quotidiano che consiste nel rovesciare sistematicamente il
proprio punto di vista per assumere quello dell'"altro": in modo da
poter guardare se stessi con gli occhi altrui. Di questo esercizio è stato
maestro uno dei più grandi pensatori che l'Europa del XVI secolo possa vantare,
Michele de Montaigne"[4].
Disumana è
la mancanza di immaginazione
Insomma
dobbiamo essere capaci di uscire dalla parte che stiamo vivendo, o recitando,
per assumerne un'altra.
Certamente
per fare questo ci vuole esperienza di vita, o immaginazione:
a proposito della prima, negli Adelphoe di
Terenzio, Micio critica l’eccessiva severità del fratello Demea dicendo: “Homine
imperito numquam quicquam iniustiust,/qui nisi quod ipse fecit nil rectum putat”
(vv. 98 - 99), non c'è niente di più ingiusto di un uomo senza
esperienza, che considera tutto sbagliato tranne quello che ha fatto lui.
A questo
proposito sentiamo Leopardi:
“gli scolari partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla
partecipato alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza d’immaginazione, e quel
giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il
che si chiama comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la
principal dote di un buon maestro e la più utile, non è l’eccellenza in quella
dottrina, ma l’eccellenza nel saperla comunicare”[5].
Oscar
Wilde De profundis Epistola in carcere et vinculis 1897 a
Bosie
In te l’odio
vinse sempre (…) L’amore è alimentato dall’immaginazione, per cui diventiamo
più saggi di quanto sappiamo, migliori di quanto sentiamo, più nobili di quanto
siam, per cui possiamo vedere la vita nel suo insieme, per cui e pe cui
soltanto possiamo capire gli altri nelle loro relazioni vere e ideali (…)
L’odio accieca (…) l’odio ti rese cieco a tal punto che non riuscisti a vedere
oltre l’angusto e chiuso giardino dei tuoi volgari desideri già così
inaridito dalla lussuria. La tua tragica mancanza di
immaginazione (…) era esclusivamente dovuta al troppo odio che
viveva in te”[6]
Sentiamo ora
Luigi Pirandello, L’umorismo (1908) Dedicato alla
buon’anima di Mattia Pascal, bibliotecario
L’umorismo è il sentimento del contrario
Primo esempio
:"Vedo
una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale
orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti
giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario
di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere (...) Il comico è appunto un avvertimento del
contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce
che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come
un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s'
inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a
trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non
posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel
primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario, mi ha fatto passare a questo
sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza
tra il comico e l'umoristico".
Gli altri 2
esempi: Marmeladov di Delitto e castigo e Sant’Ambrogio di
Giusti.
Il secondo esempio è
questo tratto da Dostoevskij: “Signore, signore! oh! Signore, forse, come gli
altri, voi stimate ridicolo tutto questo; forse vi annojo
raccontandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia vita domestica;
ma per me non è ridicolo, perché io sento tutto
ciò…” - Così grida Marmeladoff nell’osteria, in Delitto e Castigo[7] del
Dostoevskij, a Raskolnikoff tra le risate degli avventori ubriachi. E questo
grido è appunto la protesta dolorosa ed esasperata d’un personaggio umoristico
contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo avvertimento superficiale e
non riesce a vederne altro che la comicità”[8].
Il terzo esempio deriva
da S. Ambrogio di Giusti: “Un poeta, il Giusti, entra un
giorno nella chiesa di S. Ambrogio a Milano, e vi trova un pieno di soldati…Il
suo primo sentimento è d’odio: quei soldatacci ispidi e duri son lì a
ricordargli la patria schiava. Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo:
poi quel cantico tedesco lento lento,
D’un suono
grave, flebile, solenne[9]
Che è
preghiera e pure lamento. Ebbene, questo suono determina a un tratto una
disposizione insolita nel poeta, avvezzo a usare il flagello della satira
politica e civile: determina in lui la disposizione propriamente umoristica:
cioè lo dispone a quella particolare riflessione che, spassionandosi dal primo
sentimento, dell’odio suscitato dalla vista di quei soldati, genera appunto il
sentimento del contrario. Il poeta ha sentito nell’inno
La dolcezza
amara/Dei canti uditi da fanciullo: il core/Che da voce domestica gl’impara,/Ce
li ripete i giorni del dolore./Un pensier mesto della madre cara,/Un desiderio
di pace e d’amore,/Uno sgomento di lontano esilio[10].
E riflette
che quei soldati, strappati ai loro tetti da un re pauroso,
A dura vita,
a dura disciplina,/Muti, derisi, solitari stanno, /Strumenti ciechi d’occhiuta
rapina,/che lor non tocca e che forse non sanno[11]
Ed ecco il
contrario dell’odio di prima:
Povera
gente! Lontana da’ suoi,/In un paese qui che le vuol male[12].
Il poeta è
costretto a fuggire dalla chiesa perché
Qui, se non
fuggo, abbraccio un caporale, /Colla su’ brava mazza di nocciolo/Duro e
piantato lì come un piolo”[13].
Questo è il
terzo esempio di avvertimento del contrario passato a sentimento del contrario.
Sentiamo
anche T. Mann sull’argomento:
“Indifferenza e ignoranza della vita intima degli altri esseri umani finiscono
per creare un rapporto affatto falso con la realtà, una specie di
abbigliamento. Dai tempi di Adamo ed Eva, da quando uno divenne due, chiunque per vivere ha dovuto mettersi nei
panni altrui, per conoscere veramente se stesso ha dovuto guardarsi
con gli occhi di un estraneo. L’immaginazione e l’arte di indovinare i
sentimenti degli altri, cioè l’empatia, il con - sentire con gli altri, è non
solo lodevole ma, in quanto infrange le barriere dell’io, è anche un mezzo
indispensabile di autopreservazione”[14].
gianni
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