Sono appena tornato a Bologna
da San Severo dove ho presentato il percorso preparato per gli studenti, il preside e i colleghi del
Liceo Tondi. E’ stata una bella serata. Mentre parlavo, sentivo che davo qualcosa
di buono ai giovani e ricevevo del bene loro: ci siamo educati e vivificati a
vicenda. “Homines dum docent, discunt”.
Soprattutto gli uomini umani.
Ho gradito molto le domande
intelligenti e appropriate ricevute da studenti,
femmine e maschi, bene informati sui classici e appassionati allo studio delle
opere. Sono molto contento anche del fatto che alcuni di loro mi hanno chiesto
di inviare i parerga e paralipomena che ho potuto solo menzionare per via del
tempo, del resto non breve.
Durante il viaggio di ritorno
in treno ho letto sul settimanale D del quotidiano “la Repubblica” un aricolo
di Concita De Gregorio che mi suggerisce un’altra aggiunta al tema di ieri.
Ebbene l’illustre
giornalista, sempre “politicamente corretta”, torna sull’eterna ferinità del maschio nei confronti della donna. Da una parte tutte vittime, dall’altra tutti stupratori,
almeno potenziali, comunque tutti bramosi di infliggere stupro. Secondo questo
anatema degli uomini non esiste tra gli eterosessuali dei due generi né simpatia né confidenza né fiducia né amore: mai sentimenti buoni, sempre e per sempre intenzioni cattive che sfociano spesso nella violenza più brutale e tutta da
una parte per giunta.
La donna secondo l’esimia
scrittrice non può girare vestita come le pare.
La minigonna ha avuto un
significato rivoluzionario, ricorda Concita, e questo è vero. A parer mio però
un significato molto più forte sta nel fatto che ora le ragazze vanno a scuola
fino all’università quanto e più dei ragazzi. E spesso somo più brave dei ragazzi. Lo dico per
esperienza di insegnamento dalle medie
inferiori all’università.
Ma sentiamo le parole del
canone ultrafemminista: “Sono passati più di cinquantanni, le piazze del mondo
sono piene di ragazzine, cantano in piazza il diritto a vestirsi vome vogliono
e noi siamo ancora qui a discutere se non sia una provocazione, invece”. Intende
la minigonna nominata sopra
Andiami avanti: “perché è chiaro che se liberi
le gambe, la scollatura, le braccia, allora vuoi essere toccata. Ho sentito
questa convinzione da uomini pubblici, direttori di giornali, l’ho letta nei
loro editoriali”
Non sono specificati nomi e
luoghi, dunque gli uomini sono tutti tali farabutti, a partire da quelli che
hanno qualche potere.
Ma proseguiamo: “La
convinzione è semplicissima : l’istinto predatore dell’uomo è insopprimibile. Non
può controllarsi. Scatta alla vista dei centimetri di pelle nuda”.
Bastava scrivere pelle: se
non è nuda non è nemmeno in vista. Questo per la precisione logica, ma è una
piccolezza.
Poi: “ Perciò chi si scopre
sta eccitando la bestia”
A questo punto devo
rispondere all’egregia scrittrice ricordandole che cosa è umano. A parer mio, i
mostri che violentano le donne non solo non sono umani ma non sono
nemmeno uomini: non è che scatenano la bestia ma sono vere bestie feroci dalla
testa ai piedi.
Il Suo, distinta signora, è
razzismo anche di bassa lega. Un razzismo che distingue i generi, li assolve e
li condanna in blocco a seconda di come sono fatti sotto l'ombelico invece di
valutare l’interiorità delle singole persone e intendo l’anima, i sentimenti i
pensieri, non le viscere.
Ci sono tante persone perbene
tra le donne e perfino tra gli uomini.
Allora non tutti gli uomini
hanno dentro la bestia pronta a scatenarsi. Alcuni uomini, magari non molti ma
sicuramente più di uno, di dieci e di cento, hanno dentro tesori di sensibilità,
delicatezza, cultura e addirittura del genio.
Costoro per fortuna trovano
una corrispondenza fino a un travaso di anime-reciproco intendo- con donne simili
a loro, cioè capaci di distinguere l’uomo umano da quello disumano, cioè dalla bestia.
In conclusione il razzismo
che divide l’umanità in maschi bruti ferini e donne sbranate da tali mostri è disumano.
giovanni ghiselli
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