domenica 31 luglio 2022

Attualità dell'Edipo re di Sofocle

Attualità dell'Edipo re: da Sofocle a Visconti, Fellini e Mastroianni.

Si può inserire sotto i vv. 878 e sgg.

Ovidio in Amores (I,15,15) predice che alla tragedia di Sofocle il tempo non porterà alcun danno:"Nulla Sophocleo veniet iactura cothurno ". I secoli gli hanno dato ragione. Per quale motivo la lettura dell'Edipo re sofocleo è ancora oggi proficua, produttiva di idee e sentimenti? Non solo perché è un'opera densa di significati molteplici e tuttora vivi, ma anche per il fatto che parla di noi tutti e arricchisce l'autocoscienza di ciascuno.

Werner Jaeger in Paideia (I vol. p. 482) afferma che l'idea della misura greca si può contemplare come da una vetta collocandosi sul punto dove è Sofocle. Ebbene, tale misura è quella delfica del "nulla di troppo" e del "conosci te stesso"; è l'ingrandimento dell'Io a spese dell'Es, che, per dirla con Freud, va bonificato al pari di una palude; è il pio riconoscimento di una giustizia insita nelle cose, e, in definitiva, è il reperimento dell'armonia tra se stessi e la vita: valori da considerare eterni.

 

Leggiamo alcune parole di Freud"Rafforzare l'Io rendendolo più indipendente dal Super Io, ampliare così il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell'Es, è il compito della psicoanalisi: dove era l'Es deve subentrare l'Io. E' un'opera di civiltà, come, ad esempio, il prosciugamento dello Zuiderzee"[1].

Viceversa, come scriveva Oscar Wilde In carcere et vinculis :" Il vero stolto, quello che gli dèi scherniscono o riducono in rovina, è colui che non conosce se stesso"[2]. 

 

 Un poeta tanto più è universale, quanti più persone e situazioni umane la sua opera abbraccia e comprende, quanto più profonde sono le caverne dell'anima nelle quali si interna.  Questo dramma possiede la forza di condurre chi lo ascolta, o lo legge, a inabissarsi in se stesso, come può fare un sogno molto denso di significati, rappresentato però con chiarezza apollinea. E' il massimo pregio di Sofocle e dell'Edipo re.

Ma ci sono altri aspetti che possono andare incontro ai bisogni spirituali dei giovani e dei non giovani. C'è la lotta dell'anima religiosa contro la sofistica. Questa tendeva a screditare, smontare o abbattere tutti i monumenti della tradizione sacra,  cominciando dagli oracoli attraverso i quali il popolo devoto sentiva pullulare il numinoso e risuonare la volontà degli dei intesa a dare una forma e un significato alla vita umana altrimenti caotica e insensata.

Il poeta tradizionalista ingaggia una battaglia contro il relativismo gnoseologico diffuso tra gli intellettuali come Protagora che influivano pure sulla direzione politica della città. All'uomo misura di tutte le cose, e dunque sfrenato nel proprio arbitrio, Sofocle contrappone il punto fermo della fede negli dei olimpi che non possono tramontare né invecchiare senza che il mondo ripiombi nel caos primordiale. Per lui, misura di tutte le cose è Dio. Tale idea del resto si può trovare in autori religiosi di altri tempi e di altri luoghi. Tolstoj, in Guerra e pace (p. 1607) scrive:" Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità".

Certamente il poeta di Colono non poté cambiare il corso della storia, però ebbe l'ardire di nuotare contro le onde della moda culturale del suo tempo. La parabola della religione olimpica di fatto era in fase discendente, ma il bisogno del sacro è insopprimibile nell'uomo, e l' Edipo re, ancora oggi, dà voce a questa esigenza, indicando con dito teso le nefandezze cui può giungere l'intelletto quando presume troppo di sé, e, gonfio di vano orgoglio, soffoca la vita con la dialettica  atea e con i sofismi.

Il tiranno Edipo è l'antieroe esemplare dell'individuo che, fidando ciecamente nella propria intelligenza, produce una dicotomia tra la sua esistenza effimera e la vita eterna del cosmo significata da oracoli e profeti. Il figlio di Laio fallisce  per l’angustia della propria visione mentale che si allargherà solo in un secondo tempo, in seguito alla  perdita del potere e della superbia derivata dai suoi orpelli ingannevoli, e, paradossalmente, anche a quella della vista oculare. Allora il despota, degradato a mendicante, comprenderà che nella fase dei presunti successi, quando credeva di capire tutto e di arrivare dovunque volesse, aveva danneggiato la natura e offeso la vita. A questa affermazione colpevolista si può obiettare che Edipo ha ucciso il padre e sposato la madre senza saperlo. Supporto  autorevole  a tale difesa è un passo della Poetica  (1453a), dove Aristotele dice che il protagonista del nostro dramma è tale da suscitare pietà e terrore, e dunque funziona bene nell'ingranaggio tragico, in quanto si trova in condizione atroce senza essersela meritata completamente, e piomba sì nell'infelicità con peripezia precipitosa, ma solo per un qualche errore, di j aJmartivan tinav, un difetto piuttosto intellettuale che morale.

Noi riteniamo che Sofocle abbia voluto denunciare entrambe le carenze del protagonista: quella etica e quella mentale, le quali del resto coincidono. Il ragazzo che si allontana da Corinto misurandone la distanza con le stelle (v.795) ha perpetrato comunque una strage ammazzando quattro uomini, tra i quali un anziano che per giunta gli assomigliava (v. 743) insomma reagendo a una spinta  del guidatore e a un colpo del vecchio con  spropositato puntiglio omicida. Così il trovatello "piedone", divenuto principe di Corinto, e poi vagabondo, ha imbrattato la madre terra con il sangue delle sue creature e l'ha offesa, per la simpatia organica che la lega a queste. Già Eschilo nell'Orestea   aveva proclamato che il sangue, soprattutto se di un genitore, versato al suolo non si raccatta né si riscatta ( Eumenidi vv.260 e sgg.); che vana è la fatica di spargere tutti i libami per cancellare una goccia sola di sangue (Coefore  vv.520-521); e che il nero sangue di un uomo, una volta caduto sulla terra, nessuno può chiamarlo indietro con incantesimi (Agamennone vv.1019-1021).  Sulla stessa linea si trova il Manzoni quando, nelle Osservazioni sulla morale cattolica  (cap. VII) scrive:" Il sangue di un uomo solo, sparso per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra".

I delitti di Edipo dunque continuano a girare nel mondo finché egli non viene confutato dalla umiliazione di quel suo intelletto orgoglioso e violento il quale aveva osato proclamare la propria superiorità nell'indipendenza dai segni del cielo e della terra che i vati invece considerano divini.

 

Uno dei centri ideologici del dramma è costituito dai versi 396-398:"arrivato io ejgw; molwvn,/ Edipo, che non sapevo nulla, la feci cessare e[pausav nin/ azzecandoci con l'intelligenza e senza avere imparato nulla dagli uccelli gnwvmh/ kurhvsa" oujd  j ajp j oijwnw'n maqwvn -".

 

Sofocle vuole insegnarci che la vita umana in disarmonia rispetto  al ritmo di quella cosmica, prima si inalbera in convulsioni atroci, poi diviene identica al nulla (v.1188).

Egli è abilissimo nel condurci passo dopo passo fino alla soluzione del mistero che avvolge la città di Tebe: questa ha un ottimo re, paterno e generoso verso i sudditi che lo considerano, se non proprio uguale agli dei (v.31), certamente il primo degli uomini (v.33), eppure soffre di peste e sterilità, i mali che solitamente toccano alle comunità dominate da un capo cattivo la cui nequizia si riverbera sulla sua gente. Si tratta di un tovpo" letterario già presente e vivo nell'Odissea: :"h\ gavr seu klevo" oujrano;n eujru;n ijkavnei,- w{" tev teu h] basilh'o" ajmuvmono", o{" te qeoudh;"- ajndravsin ejn polloi'si kai; ijfqivmoisin ajnavsswn- eujdikiva" ajnevch/si, fevrh/si de; gai'a mevlaina-purou;" kai; kriqav", brivqh/si de; devndrea karpw'/,- tivkth/ d& e[mpeda mh'la, qavlassa de; parevch/ ijcqu'"- ejx eujhgesivh", ajretw'si de; laoi; uJp j  aujtou'.", ché la tua fama   l'ampio cielo raggiunge,/ proprio come quella di un re irreprensibile che timoroso di dio,/ regnando su uomini numerosi e gagliardi,/ tenga alta la giustizia; allora produce la nera terra/frumento e orzo, e si piegano gli alberi per i frutti,/ e figliano costantemente le greggi, e il mare gli porge i pesci,/ in seguito al suo buon governo, prospera il popolo sotto di lui (XIX,108-114).

E’ Odisseo che parla a Penelope prima di farsi riconoscere.

Nel poema Opere e giorni  di Esiodo (vv.240-244) troviamo l’altro lato di questa medaglia.

 Il lettore, o lo spettatore, anche solo mediamente colto, sa bene che pure nel caso di Tebe sconciata,"la mala condotta/ è la cagion che il mondo ha fatto reo".

Ho citato anche Dante (Purgatorio XVI,103-104) per spiegare Sofocle, con l'intenzione di significare che la sintesi del poeta di Colono influenza, direttamente o indirettamente,  i successivi monumenti letterari, in quanto tutta la letteratura europea, come dice bene T. S. Eliot, da Omero in avanti ha un'esistenza simultanea grazie ad autori i quali utilizzano la tradizione apportandovi il loro contributo e consegnandola ai successivi rinnovata e arricchita. L'atteggiamento morale del capo (il cardinal Federigo Borromeo) verso i sudditi è definito bene da Manzoni nel ventiduesimo capitolo di I Promessi Sposi  :" Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il  quale professi  cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità..."

La storia di Edipo è già presente nel canto dei morti dell'Odissea, l'undicesimo (vv.271-280). La versione del mito però in Omero è differente, a cominciare dal nome della madre-moglie che si chiama Epicasta. Tale diversità fa venire in mente la grande madre mediterranea, quella che il Prometeo incatenato  di Eschilo chiama: pollw'n ojnomavtwn morfh; miva (vvv.210), una sola forma di molti nomi.

 

E. Fromm in Il linguaggio dimenticato  considera il parricida Edipo, e Giocasta, quali rappresentanti di quella civiltà matriarcale, antiautoritaria, antistatale, che viene faticosamente sconfitta dalla seguente cultura patriarcale, foriera del principio di autorità impersonato da Creonte. In questo conflitto, il desiderio sessuale del figlio per la madre non entra: "Nel mito non vi è indizio alcuno che Edipo sia attratto o si innamori di Giocasta"(p.192). L'interpretazione dello psicoanalista americano è fondata sulla lettura di parti del Mutterrecht di Bachofen, contaminate con l'Estetica  di Hegel, e polemizza con quella di S. Freud il quale sostiene che in parecchi miti di vari popoli, l'eroe è il giovane che sopravvive alla malevolenza del padre, quindi lotta contro di lui per il possesso della madre fino ad uccidere l'aborrito rivale, realizzando così il desiderio inconscio di tutti i maschi.

Ma vediamo alcune parole di L'interpretazione dei sogni :"Il destino di Edipo ci commuove perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno la convinzione. Il re Edipo che ha ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta, è soltanto l'appagamento di un desiderio della nostra infanzia (...) Davanti alla persona in cui si è compiuto quel desiderio primordiale dell’infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo"(p.248).

Sofocle è dunque da un lato poeta arcaicizzante e omerida siccome ripropone uomini disposti ad affrontare l'estrema rovina pur di non cedere alla pressione della norma e di salvare la propria identità minacciata, o anche solo di conoscerla; dall'altro offre  spunti e suggerimenti agli autori dei secoli successivi. Molti ne ho indicati nel commento al testo, e uno ne voglio aggiungere in questa parte conclusiva: come Edipo trova la sua dimensione positiva nella passività di Colono, dopo avere fatto soffrire e avere sofferto assai nella fase dell'attività sconsiderata, così Giovanni Drogo in Il deserto dei Tartari di Buzzati scopre"l'ultima sua porzione di stelle"(p.250) e sorride nella stanza di una locanda ignota, completamente solo, mangiato dal male,  accettando la più eroica delle morti, dopo avere sperato invano, per decenni, di battersi"sulla sommità delle mura, fra rombi e grida esaltanti, sotto un azzurro cielo di primavera". Invece il suo destino si compie al lume di una candela, dove"non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra i sorrisi di giovani donne. Non c'è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo".

Del resto gli eroi della passività nella letteratura moderna sono tanti, da Oblomov  di Gončarov, a Zeno  di Svevo, per dire solo i più noti, e il prototipo può essere considerato l'Edipo a Colono del quale Nietzsche ne La nascita della tragedia (p.67)  scrive:" L'eroe raggiunge appunto nell'attitudine puramente passiva la sua attività suprema, la quale continua ad agire molto al di là della sua stessa vita, mentre il cosciente tendere e sforzarsi della sua  vita precedente lo ha condotto solo alla passività".

 

La soluzione positiva si trova nell'ultimo dramma, quando il cieco comprenderà di avere agito senza l'uso supremo della coscienza (cfr. Edipo a Colono, vv.266-267:" ejpei; tav g j  e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon  h] dedrakovta", le mie azioni piuttosto che compierle io le soffersi"), e allora gli dei che lo avevano abbattuto, lo rimettono in piedi (v.394).

Il lunatic king Shakespeare dirà parole simili: E il lunatic kung: “I am a man/more sinned against than sinning” (King Lear, III, 2), io sono un uomo contro il quale si è peccato , più che un peccatore  

 

Non so se Buzzati conoscesse Edipo. E' probabile. Sono certo però che la poesia di Sofocle è un momento cruciale della letteratura europea, è una di quelle grandi arterie dove passa la corrente sanguigna della nostra civiltà, e non è possibile ignorarla senza anemia culturale.

Nel Satyricon il poeta Eumolpo afferma la  necessità di una cultura letteraria assai ampia e profonda per il raggiungimento di risultati significativi :"ceterum neque generosior spiritus vanitatem amat, neque concipere aut edere partum mens potest nisi ingenti flumine litterarum inundata" (118, 3), del resto uno spirito di razza non ama il vuoto, né una mente può concepire o produrre un'opera se non è inondata dall'ampio fiume della letteratura

In occasione della morte di Federico Fellini, rivisitando Otto e mezzo  con la sensibilità attizzata dai drammi di Sofocle, ho notato un'accettazione edipica del destino e di se stesso anche nelle parole conclusive del protagonista del film, il regista Guido, alter ego del maestro riminese:"Tutto é di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io; io come sono, non come vorrei essere". In questi giorni di correzione delle bozze è morto anche Marcello Mastroianni cui voglio rendere omaggio come a un grande interprete di caratteri e a un uomo umano e classico poiché amava il bello con semplicità.

 L'Edipo re  dunque serve  a interpretare con qualche consapevolezza non pochi fatti della vita, privata e politica: le angosce personali, i meccanismi del potere, l'ascesa più o meno irresistibile e la caduta ineluttabile di  uomini arroganti, che, come il re di Tebe, sono stati portati su alti fastigi dalla miseria dei tempi e dalla loro stessa tracotanza, ma poi sono precipitati nella necessità scoscesa (ajpovtomon eij" ajnavgkan  v. 877).

 

Anticipo questa conclusione sul significa dell’Edipo di Sofocle

 

“Oedipus is great, not in virtue of a great wordly position-for his wordly position is an illusion which will vanish like a dream- but in virtue of his inner strength: strength to pursue the truth at whatever personal cost, and strength to accept and endure it when found. “This horror is mine’, he cries, ‘and none but I is strong enough to bear it (1414).

Oedipus is great because he accepts the responsibility of all his acts, including those which are objectively most horrible, though subjectively innocent. To me personally Oedipus is a kind of symbol of the human intelligence which cannot rest until it has solved all the riddles-even the last riddle, to which the answer is that human happiness is built on an illusion (…) Certainly in the last lines of the play (which I firmly believe to be genuine) he does generalize the case, does appear to suggest that in some sense Oedipus is every man and every man is potentially Oedipus. Freud felt this (he was not insensitive to poetry), but as we know he understood it in a specific psycological sense.”[3]

Edipo è grande, non in virtù di una grande posizione nel mondo-poiché la sua posizione mondana è un’illusione che svanirà come un sogno.- ma in virtù della sua forza interiore: la forza di perseguire la verità a qualunque costo personale, e la forza di accettarla e sopportarla quando essa è stata trovata.

“Questo orrore è mio-egli grida. E nessuno tranne me è forte abbastanza da sostenerlo.

Edipo è grande poiché egli accetta tutta la responsabilità dei suoi atti, incluso quello che è obbiettivamente il più orribile, benché soggettivamente innocente, secondo me Edipo è una specie di simbolo dell’intelligenza umana che non può fermarsi finché non ha risolto tutti gli enigmi, anche l’enigma estremo, la cui risposta è che la felicità umana è costruita su un’illusione (…) Certamente gli ultimi versi della tragedia –che io credo sicuramente autentici- egli generalizza il caso e sembra suggerire che in un certo senso Edipo è pgni uomo e ogni uomo è Edipo. Freud ha sentito questo( egli non era insensibile alla poesia) ma ecome sappiamo egli lo ha compreso nel particolare significato psicologico.

Aggiungo che Sofocle con Edipo insegna non solo a capire attraverso il dolore, come ha già fatto Eschilo, ma a ribaltare la svetura in uno strumento di progresso, di crescita, addirittura di beatificazione

 

Bologna 2 giugno 2022 ore 10, 35

giovanni ghiselli

 

 



[1]Introduzione alla psicanalisi , in Freud Opere , Volume 11, p. 190.

[2]De Profundis , in Wilde Opere , p. 635.

[3] Dodds,  On Misunderstanding the Oedipus rex in The Ancient Concept Of Progress, p. 77.

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