giovedì 28 luglio 2022

Eracle di Euripide XVI parte. Versi 1229-1339.


 

Traduzione senza commento che farò a voce durante il corso su Euripide.

 

Segue un excursus su Dio che non ha bisogno di niente, e su Socrate, l’uomo che, assimilatosi a Dio, è contento dello stretto necessario

 

Ho notizia di 5 iscrizioni già nei primi giorni. Mi dicono che posso mandare del materiale a chi è già iscritto. Lo farò dietro richiesta.

 

Eracle

Teseo vedi questa lotta contro i miei figli?

 

Teseo

Ne ho sentito e tu indichi i mali a chi li guarda 1230

 

Eracle

Allora perché hai scoperto il mio capo al sole?

 

Teseo

Perché no? Tu sei mortale e non contamini quanto è divino

 

Eracle

Fuggi tu, infelice, la sacrilega contaminazione mia

 

Teseo

Nessun demone vendicatore passa dagli amici agli amici

 

Eracle

Ti ringrazio,  non nego di averti beneficato per primo. 1235

 

Teseo

E io che allora ricevevo del bene, ora ho compassione di te…

 

Eracle

Sono miserando infatti io che ho ammazzato i miei figli

 

Teseo

Per il bene che ti voglio piango su sventure non mie.

 

Eracle

Hai mai trovato altri in mali più grandi?

 

Teseo.

Tocchi dal basso il cielo per il tuo stare male 1240

 

Eracle

Perciò mi sono preparato a morire

 

Teseo

Credi che agli dei importi qualche cosa delle tue minacce?

 

Eracle

Arrogante è il dio, ed io con gli dèi

 

Teseo

Trattieni la bocca, perché dicendo grosse empietà tu non abbia a patire di più.

 

Er

Sono pieno di mali e non c’è più dove metterli

 

Teseo

Che cosa farai allora? dove ti lasci portare dal pathos?

 

Eracle

Da morto, me ne vado da dove sono venuto, sotto terra

 

Teseo

Hai detto parole di un uomo qualunque

 

Eracle

Tu che sei fuori dalla disgrazia mi ammonisci.

 

Teseo

L’Eracle  che ha avuto tanto coraggio nel sopportare parla così?1250

 

Eracle

Non certo disgrazie così enormi: nella misura si deve soffrire.

 

Teseo

Il benefattore degli uomini e il grande amico?

 

Eracle

Essi in nulla mi giovano, mentre Era comanda.

 

Teseo

Non sopporterebbe la Grecia che tu morissi per  insensatezza.

 

Eracle

Ascolta ora,  perché io possa fare a gara con le parole

Contro gli ammonimenti tuoi: ti spiegherò

che per me ora e già da prima non è  possibile vivere.

Innanzitutto sono nato da quest’uomo, che dopo avere ucciso

il vecchio padre di mia madre, lui che era macchiato di colpa,

sposò Alcmena che mi ha generato.

Quando le fondamenta di una stirpe non sono state gettate

bene, è una necessità che i discendenti siano disgraziati.

Zeus, chiunque sia Zeus- o{sti~ oj Zeuv~-, mi ha generato in odio

a Era (e tu non te la prendere, vecchio:

io considero te padre invece di Zeus),

e quando ero ancora lattante introdusse

tra le mie fasce serpenti dagli occhi di Gorgone

la moglie di Zeus, perché io morissi.

Poi, quando ebbi acquisito l’involucro fiorente della carne, che bisogno c’è di dire le fatiche che ebbi la forza di sostenere?1270

Quali leoni  mai, o  tricorporei

Tifoni, o Giganti, o quadrupede

Guerra piena di centauri non ho portato a termine?

E dopo avere ucciso l’idra, la cagna dalla testa molteplice e risorgente, passai attraverso il branco 1275

di innumerevoli altre fatiche e giunsi tra i morti

per condurre alla luce il cane tricipite

guardiano dell’Ade per ordine di Euristeo.

Questa è l’ultima fatica che, infelice  ho affrontato,

uccidendo i figli per coronare di sciagure la casa. 1280        

Sono arrivato a questo punto della necessità; nemmeno mi è lecito

Abitare nella mia amata Tebe; se anche rimango

a quale tempio  o riunione di amici

mi recherò? Infatti non ho addosso sciagure che consentano facile approccio./1284

Devo invece andare ad Argo? E come, visto che sono esule dalla patria?

Ma allora verso quale altra città mi muoverò?

E poi facciamoci guardare di traverso, conosciuti come siamo,

inchiodati da amari aculei di lingua:

‘non è questo il figlio di Zeus, quello che un giorno ammazzò i figli

e la moglie? Non se ne andrà in malora lontano da questa terra?’

Per l’uomo un tempo chiamato beato

I rovesci sono dolorosi; per quello invece che è stato sempre

male, non c’è sofferenza, essendo malmesso dalla nascita.

Credo che un giorno arriverò a tal punto di miseria

che la terra manderà fuori la voce vietandomi

di toccare il suolo e il mare di attraversarlo

e pure le correnti dei fiumi, e dovrò imitare del tutto Issione

che gira in ceppi fissato a una ruota.

Questa è la cosa migliore: che nessuno mi veda dei Greci,

tra i quali eravamo prosperi nella fortuna. 1300

Dunque perché devo vivere? Quale guadagno avremo

Dopo avere acquistato una vita inutile, empia?

Danzi pure l’illustre sposa di Zeus

battendo con il calzare il fulgido suolo dell’Olimpo

attuò infatti lo scopo che voleva

ribaltando con lo stesso piedistallo e mettendo sottosopra

Il primo uomo della Grecia. A una tale dea

Chi rivolgerebbe preghiere? Una dea che, per una donna,

gelosa dei letti di Zeus, ha distrutto

i benefattori della Grecia che non erano per niente colpevoli 1310

 

 

Coro

Non è questa lotta di un altro degli dèi

che della moglie di Zeus, e questo lo hai capito bene

 

Teseo

<   > mancano delle parole

Io ti esorterei ad altro piuttosto che subire il male

Nessuno dei mortali è illeso dai colpi della fortuna,

neppure degli dèi, se i racconti dei poeti non sono falsi. 1315

Non hanno unito i letti tra loro fuori da ogni

legge? Non hanno insozzato i padri con ceppi

per il potere? Ma abitano comunque

L’Olimpo e sopportano di avere sbagliato. 1319

Davvero, che cosa dirai se tu che sei nato mortale

porti con dismisura le sorti, e gli dei no?

Lascia dunque Tebe in obbedienza alla legge

e seguimi nella città di Pallade.

Là dopo avere purificato le mani dalla contaminazione

Ti darò una casa e una parte dei miei beni 1325

e quei doni che ho ricevuto dai cittadini per avere salvato  i quattordici

ragazzi, ammazzando il toro di Cnosso,

li darò a te. In ogni parte del territorio mi

mi sono stati assegnati dei lotti: questi saranno chiamati

con il tuo nome dai mortali per il resto del tempo

finché vivi; poi da morto,  quando tu sia giunto nell’Ade, 1331

tutta la città degli Ateniesi innalzerà te onorandoti  

con sacrifici e monumenti di pietra 1333

Bella corona è infatti per i cittadini ottenere

dai Greci la fama gloriosa di avere fatto del bene a un uomo di valore.

E io ti darò questa gratitudine in cambio

della mia salvezza: ora infatti sei bisognoso di amici.

Quando gli dèi onorano, non c’è bisogno di amici

Basta infatti il dio ad aiutare come ne ha voglia.

 

 

Eracle

Ahimé: questo è secondario rispetto ai miei mali 1340;

ma io non credo che gli dèi amino letti che non sono leciti.

 né ho mai considerato degno né crederò che attacchino lacci alle braccia

né che uno sia padrone dell’altro.

Infatti il dio se è veramente dio, non ha bisogno

di nulla: queste sono povere favole di aedi. 1346

 

Contro i miti che attribuiscono vizi agli dèi.

Contro il consumismo: il divino non ha bisogno di niente.L’umano

Cfr. questo rifiuto dei miti immorali con quello di Pindaro che nega veridicità alla favola tràdita secondo la quale Pelope sarebbe stato mangiato dagli dèi cui il padre Tantalo lo avrebbe imbandito: “  Poiché tu eri sparito, né alla madre ti/portarono gli uomini sebbene ti cercassero molto,/  subito uno dei vicini invidiosi spargeva di nascosto la diceria/che ti avevano tagliato membro a membro con il coltello/nel culmine bollente dell'acqua sul fuoco,/e al momento dell'ultima portata sulle mense si / spartirono le tue carni e le divorarono./Per me è inconcepibile chiamare/ghiotto uno dei beati: me ne tengo lontano;/una perdita tocca spesso ai malèdici. ( Olimpica I, vv. 45-54)

 

Nell'Olimpica IX  Pindaro scrive:"diffamare gli dei è odiosa sapienza (ejpei; tov ge loidorh'sai qeouv"-ejcqra; sofiva, vv. 37-38), con un ossimoro che denuncia la critica filosofica dei miti, una lapidaria affermazione  di ultratradizionalismo che sarà ripresa dall'Euripide postfilosofico o antifilosofico delle Baccanti :"Il sapere non è sapienza"(v.395), canta il coro delle menadi, quindi si augura di "tenere il cuore e la mente lontani dagli uomini straordinari, per accettare quello che il popolo più semplice pensa e crede"(vv. 427-432).

Ebbene il tradizionalismo aristocratico di Pindaro è più vicino alle credenze popolari che alla sapienza intellettualistica degli "uomini straordinari". Del resto la spienza non è a portata di tutti ma è "scoscesa"(Olimpica IX, 108).

 

 

Dio non ha bisogno di niente

L’ idea della divinità  che non ha bisogno di niente si ritrova nel De rerum natura di Lucrezio: “ Omnis enim per se divum natura necessest/immortali aevo summa cum pace fruatur/semota ab nostris rebus seiunctaque longe./nam privata dolore omni, privata periclis,/ipsa suis pollens opibus, nihil indiga nostri,/nec bene promeritis capitur nec tangitur ira” (II, 646-651), infatti ogni natura divina per sé deve fruire di un’età immortale con pace suprema, lontana dalle nostre vicende e di gran lunga distinta.  Infatti preservata da ogni dolore, preservata dai pericoli, potente da sola delle sue forze, per niente bisognosa di noi, non viene accattivata dai nostri servizi buoni e non è toccata dall’ira.

 

 

 

Un  biasimo per la povertà e la trascuratezza fisica  veniva rivolto a Socrate  da  Antifonte sofista il quale accusava Socrate di essere maestro di miseria, ma egli ribatteva che "non avere bisogno di niente è divino, di pochissimo è assai vicino al divino”[1]

Antifonte disse a Socrate che la sua filosofia non portava alla felicità poiché lui faceva una vita che nemmeno uno schiavo potrebbe sopportare:

mangi e bevi la roba più ordinaria, porti un mantello che non solo è ordinario ma è il medesimo per l’estate e per l’inverno, e vivi costantemente senza scarpe e senza tunica. Per giunta non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista.

Dunque considera di essere un maestro di infelicità: nomivze kakodaimoniva" didavskalo" ei\nai (Memorabili, I, 6, 3)

Socrate risponde che non accettando denaro non è costretto a frequentare nessuno.

I miei cibi sono ordinari ma li condisco con l’appetito, suscitato  a sua volta con il movimento.

Io che vivo esercitandomi anche fisicamente sono in grado di sopportate il caldo il freddo, la fame meglio di te. Non c’è niente di meglio che evitare la schiavitù del ventre e della lascivia cercando i veri benefici. Io voglio diventare migliore e acquistare amici migliori.

“Tu credi Antifonte che la felicità sia lussuria e lusso (trufhv, polutevleia), ejgw; de; nomivzw to;  me;n mhdeno;" devesqai qei'on ei\nai, io invece penso che non avere bisogno di niente sia cosa divina, e siccome il divino è il meglio, esserne vicino significa essere vicino al meglio (I, 6, 10).

 

Pesaro  28 luglio 2022 ore 9, 57

giovanni ghiselli

p. s

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[1] Senofonte, Memorabili  , I, 6, 10.

 

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