domenica 24 luglio 2022

Euripide Supplici. Terza parte.


 

Primo Stasimo

Il coro auspica eterna amicizia tra Teseo e Argo, la terra di Inaco.

Una fatica santa è un bel monumento per le città e riceve gratitudine eterna- cavrin  t’ e[cei ta;n ej" aijeiv (374)

Atene viene pregata come la città che soccorre sempre lo sventurato (381)

Teseo manda un araldo da Creonte offrendogli amicizia o guerra secondo la risposta che darà. Non manca la minaccia dell’esercito accampato presso la fonte di Callìcoro a Eleusi

Ma arriva l’araldo di Creonte divenuto re di Tebe dopo la morte di Eteocle per mano di Polinice. L’araldo chiede del re, ma Teseo rifiuta questo titolo: la città non viene comandata da uno solo ma è libera. “ouj ga;r  a[rcetai-eJno;" pro;" ajndrov", ajll j ejleuqevra povli" (404-405). Anche i Romani dopo la cacciata di Tarquinio il superbo non volevano sentire né avere questo titolo.

Dunque non cè l’autocrate ma la sovranità è nelle mani del popolo dh'mo"  d’ ajnavssei, esercitata a turno per un anno, e per giunta la città non dà parte maggiore a chi è ricco ma il povero ha parte uguale-oujci; tw'/ plouvtw/ didou;"-to; plei'ston, ajlla; cwv pevnh" e[cwn i[son (407-408).

Teseo è proprio il paradigma mitico di Pericle: il primo cittadino.

Cfr“ Tucidide: “ a parole si trattava dunque di una democrazia, ma in realtà del governo del primo cittadino” (II 65, 9).

 

L’araldo di Creonte risponde che Teseo gli ha dato lo spunto per una replica vincente. Tebe è retta da un uomo solo, non da una moltitudine  e non c’è il demagogo che gonfiando la città con le chiacchiere la rivolta da una parte e dall’altra per il proprio lucro-pro;" kevrdo" i[dion (413). In un primo momento uno del genere è piacevole e dà molta contentezza, ma poi danneggia e con nuove calunnie, nascondendo gli sbagli, sfugge alla giustizia. Del resto il popolo che non tiene dritte in piedi le parole come potrebbe dirigere la città?

a[llw" te pw'" a]n mh; diorqeuvwn lovgou"- ojrqw'" duvnait j a]n dh'mo" eujquvnein povlin; (417-418).

E’ il tempo, invece della fretta, che fa crescere la conoscenza: “ oJ ga;r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou"-kreivssw divdwsi (419-420)

Un povero che lavora la terra con fatica-gapovno" d j ajnh;r pevnh" (420), anche se non fosse ignorante, non potrebbe volgere la mente alla vita politica. E’ una malattia- nosw'de"-423 per i migliori quando una canaglia che prima era una nullità ha del potere padroneggiando il popolo con la lingua- glwvssh/ katascw;n dh'mon- 425.

 

 A questo punto “Teseo si produce in un'esaltazione del sistema democratico (...) replicando alle accuse dell'araldo, puntualizza un aspetto della democrazia che in questa sede ha grande rilevanza: mentre nella città governata da un tiranno la legge è del tutto arbitraria, in un regime democratico (Eur. Suppl. 433-437) le leggi sono scritte (gegrammevnwn tw'n novmwn), la giustizia è uguale per il debole e per il ricco”[1].

Teseo dunque propugna la democrazia e dice all’araldo tebano che

Il tiranno è l’entità più malevola per la polis-oujde;n turavnnou dusmenevsteron povlei 429- Con tale capo non ci sono leggi uguali per tutti-oujk eijsi;n novmoi-koinoiv (430-431) ma comanda uno che si è impadronito della legge- kratei' d j ei|" to;n novmon kekthmevno", lui da solo, e questo non è più uguaglianza- kai; tovd j oujkevt j e[st j i[son (432)  

E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~-oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv. 433-434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti. 

La libertà consiste in questa domanda alla quale ogni cittadino può rispondere: “chi ha qualche consiglio utile per la città e vuole metterlo a disposizione di tutti?- qevlei ej" mevson ferein:” 438-439

Il sovrano ammazza i migliori quelli dei quali pensa che capiscono in quanto teme per il proprio potere- kai; tou;" ajrivstou" ou{" t j an hJ gh'tai fronei'n- kteivnei, dedoikw;" th'" turannivdo" pevri (445-446)

Non può essere forte una città quando uno falcia e miete i giovani come la spiga di un campo di primavera- wJ" leimw'no" hjrinou' stavcun-(448- e[ar-ver-)

Inoltre il tiranno si impossessa dei beni sicché uno non può lasciarli ai propri figli. Né può allevare bene figlie vergini in  casa: piaceri graditi- terpna;" turavnnoi" hJdonav"-453- ai tiranni se e quando lo vogliano- e lacrime per chi li prepara.

Vorrei morire prima di vedere le mie figlie costrette al connubio con la forza. Te ne andresti piangendo se non ti avesse inviato una polis: perissa; fwnw'n (459) siccome straparli.

Creonte mandi da noi h|sson lavlon sou-462 uno meno ciarliero di te.

Il coro commenta che quando un demone dà del bene ai malvagi questi imperversano come se dovesse sempre andargli bene –ujbrivzous j wJ" ajei; pravxonte" eu\ (464)

 

L’araldo di Creonte minaccia Teseo di guerra. Questa farà molto male a tutti.

Quando il popolo vota la guerra nessuno ancora mette nel conto la propria morte- oujdei;" e[q  j aujtou' qavnaton ejklogivzetai-(482) e volge la sventura sempre su un altro, ma se nel momento del voto avesse  la visione della morte, non sarebbe andata in rovina la Grecia smaniosa di guerra- oujk a[n poq j  J Ella;" dorimanh;" ajpwvlluto- 485

L’araldo continua a parlare contro la guerra. Tebe è stata assalita dai comandanti cui Teseo vorrebbe che venissero resi gli onori funebri. Non è giusto che il cadavere folgorato devma" kerauvnion (496-7) di Capaneo continui a emanare fumo lui che accostò la scala a una porta e giurò pevrsein povlin che avrebbe devastato la città, che gli dèe lo volessero o no?

 

Cfr. Eschilo i Sette a Tebe 423 ss. Ma Euripide ai vv. 857 ss. lo riabiliterà 861-867

 

Anfiarao, l’indovino argivo, fu inghiottito da una voragine. Gli dèi dunque abbattono i malvagi secondo giustizia.

La previdenza hj promhqiva, è anche coraggio- 510.

 

Teseo zittisce Adrasto che  insulta l’araldo  chiamandolo w\ pagkavkiste, infame,  e risponde civilmente che è giusto seppellire i morti nel rispetto della legge panellenica – to;n Panhllhvnwn novmon- sw/zwn 526-527.

Lasciate che i cadaveri vengano sepolti e che lo spirito torni all’etere, il corpo alla terra-pneu'ma me;n pro;" aijqevra,-to; sw'ma d j ej" gh'n (533-534). Del resto la nostra vita è fatta di lotte- palaivsmaq j  hjmw'n oJ bivo" (550) e non dobbiamo lottare più del necessario.

 

L’araldo minaccia Teseo ricordandogli la lovgch spartov", la lancia dei seminati (578).

Ma il comandante Ateniese mette in moto l’esercito chiedendo il favore degli dèi.

Il Coro di donne argive prega. Chiedono aiuto a Zeus che fecondò la loro antica madre-palaiomavtwr-628- Iò, figlia di Inaco

Pesaro 24 luglio 2022 ore 10

giovanni ghiselli

 

 



[1] Ugolini, Sofocle e Atene, p. 150.

 

 

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