domenica 17 luglio 2022

Elettra di Euripide XI e ultima parte

Il coro domanda ai Dioscuri perché, quali fratelli di Clitennestra, e per giunta dèi, non hanno respinto dalla famiglia le Chere, i destini di morte.

Rispondono che è stata  moi`ra, il destino e quanto è dovuto alla necessità- ajnavgkh~ to; crewvn a portare le cose a questo punto 1301.   

 

Il potere assoluto dell'  jjjjAnavgkh  viene apertamente affermato da Euripide nell'Alcesti.  Nel terzo Stasimo della tragedia più antica ( è del 438) tra le diciassette a noi pervenute,  il Coro eleva un inno alla Necessità vista come la divinità massima, quella che vincola e subordina tutti, compresi gli dèi:

"Io attraverso le muse/mi lanciai nelle altezze, e/ho toccato moltissimi ragionamenti (pleivstwn aJyavmeno" lovgwn),/ma non ho trovato niente più forte/della Necessità né alcun rimedio (krei'sson oujde;n  jAnavgka"-hu|ron oujdev ti favrmakon)/nelle tavolette tracie che scrisse la voce di/Orfeo, né tra quanti rimedi/diede agli Asclepiadi Febo/dopo averli ricavati dalle erbe come antidoti/per i mortali afflitti dalle malattie"(vv. 962-972). Da questi versi si vede che la Necessità è più forte del lovgo" , della poesia, dell'arte medica.

 

Anche le voci prive di saggezza della lingua di Febo (Elettra, 1302) hanno contribuito alle sciagure.

Queste voci ejnopaiv  del resto vengono considerate a[sofoi e pure poco influenti: sono stati l’acciecamento dei padri a[th patevrwn, le azioni comuni e i comuni destini a portare distruzione.

La stirpe dei Pelopidi era maledetta già dal tempo di Tantalo e dei suoi figli Niobe e Pelope. Euripide non perde occasione per screditare Apollo e l’oracolo delfico che spartaneggiava

Il due fratelli Elettra e Oreste dunque devono separarsi.

I Dioscuri  obiettano che Elettra in fondo ha uno sposo e una casa e non è il caso di compiangerla a parte che dovrà allontanarsi da Argo.

Ma la ragazza replica che la fuoriuscita dalla partria è uno dei dei più grandi motivi di pianto.

 

Euripide nelle Fenicie  stabilisce un nesso tra l’esilio e la perdita della parrhsiva, la libertà di parola: Polinice risponde alla madre sulla cosa più odiosa per l’esule: “e{n me;n mevgiston, oujk e[cei parrhsivan” (v. 319), una sopra tutte: non ha libertà di parola.

 

Oreste cerca di consolare la sorella dicendo che a lui andrà peggio perché dovrà affrontae un processo e voti da gente estranea.

Euripide così ha l’occasione di elogiare ancora una volta la sua città e compiacere al pubblico.

I Doiscuri infatti incoraggiano il nipote perché dovrà andare nella città santa di Pallade- avrei: Pallavdo~-oJsivan h{xei~ povlin-1320.

Il mito di Stato è presente in tutti e tre tragici.

Elettra chiede un abbraccio a Oreste come difesa dalle maledizioni del sangue della  madre – mhtro;~ fovnioi katavrai- 1324

I due fratelli si abbracciano e suscitano la compassione dei di Dioscuri.

Quindi l’addio dei figli di Clitennestra alla loro polis e alle donne del coro.

Oreste affida la sorella a Pilade e i Dioscuri invitano il matricida a recarsi ad Atene fuggendo dalle cagne.

 

Nel dramma La Riunione di famiglia (1939) T. S.   Eliot mostra come tali visioni siano un privilegio.

Secondo l'autore di The waste land  bisogna seguire le Erinni come segni mandati da un altro mondo, non cercare invano di evitarle con un'impossibile fuga in quella "deriva infinita di forme urlanti in un deserto circolare" che è la storia umana. Quelli che vedono le Erinni insomma, sono monocoli in una terra di ciechi.

Non sempre del resto c’è redenzione dopo un delitto del genere: Nerone, dopo avere ammazzato Agrippina (59 d. C.) sebbene rassicurato dalle congratulazioni dei soldati, del Senato e del popolo: “neque tamen conscientiam sceleris…aut statim aut umquam ferre potuit, saepe confessus exagitari se materna specie verberibusque Furiarum ac taedis ardentibus” (Svetonio, Neronis vita, 34), tuttavia non poté subito né poi sopportare il rimorso del delitto, e spesso confessò di essere tormentato dalla visione della madre e dalle fruste e dalle fiaccole ardenti delle Furie.

 

 Ma I Dioscuri  considerano queste divinità tremende come quelle che con braccia fatte di serpenti portano un frutto di dolori atroci- deinw`n ojdunw`n karpo;n e[cousai (1346). Castore e polluce andranno verso il mare siculo per salvare le navi sul mare. Deve esserci un riferimento alle difficoltà della spedizione ateniese in Sicilia poco prima della catastrofe del 413.

I Dioscuri aiutano solo chi ha a cuore il santo e il giusto. Ancora il mito di Stato

Il Coro ci saluta proclamando beato chi non è oppresso da sciagure.

Pesaro 17 luglio 2022 ore 10, 47

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXXVIII Non è possibile entrare due volte nello stesso fiume.

  Il 20 agosto ci portarono a Visegrád, sul gomito del Danubio, dove il 20 agosto di cinque anni prima avevo passato uno dei pomeriggi...