lunedì 25 luglio 2022

Simulazioni e dissimulazioni


Seneca consiglia di prendere tempo quando siamo invasi dall’ira: “Pugna tecum ipse, si vis vincere iram, non potest te illa. Incipis vincere, si absconditur, si illi exitus non datur. Signa eius obruamus et illam quantum fieri potest occultam secretamque teneamus (De ira, V, 13, 1-4).

 

Queste parole fanno parte del brano dato all’esame di maturità il 5 luglio del 1977.

In quel tempo era un esame con un minimo di serietà e apriva ancora le porte dell’Università.

 Ero membro interno al liceo Minghetti di Bologna. Ero giovane e credevo in tante cose belle: l’amore, la scuola, la politica.

Credevo e facevo. Mi resta la scuola. Mi resterà finché vivrò.

 

Bisognerebbe dissimulare l’ira dunque. In questo inizio di campagna elettorale vediamo degli aspiranti parlamentari che in effetti la dissimulano, altri che invece la simulano. Ne abbiamo abbastanza di simulatori e dissimulatori, di mimi volgari e impolitici che pretendono di fare politica. Anche i rapporti umani sono spesso adulterati dal simulare e dissimulare. In primis quelli di amore e di amicizia. Resta la ricerca del profitto, dissimulata ma reale. Tali rapporti fanno schifo.

 

Quanti mi leggono e mi ascoltano ne ricavano un profitto santo:  un progresso proficuo (proficio) in termini di coscienza.

Lo ricevono e lo danno a me: “ Mutuo ista fiunt, et homines dum docent, discunt ” (Seneca, Ep. 7, 8) . Dagli studenti ho imparato e imparerò sempre molto: "Quaeris quid doceam? etiam seni esse discendum"[1], vuoi sapere che cosa insegno? che anche un vecchio deve imparare.

Dobbiamo dirlo ai nostri studenti: “Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari”[2].

  Tutti gli insegnanti, tutte le persone per bene, non dovrebbero mai smettere di  imparare :"semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa  tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale (12, 51, 2). Procediamo dunque nel nostro tirocinio a vita.

 

Nel blog si leggono le note

 

Pesaro 25 luglio 2022 ore 9, 35

giovanni ghiselli

 



[1] Seneca, Epist., 76, 3.

[2] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 92.

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