martedì 12 luglio 2022

Nietzsche, La nascita della tragedia. Capitolo VI (pp. 45-50)


 

Il poeta lirico e la musica.

 

Archiloco dunque ha introdotto il canto popolare che è il perpetuum vestigium dell’unione dell’apollineo con il dionisiaco. Per prima cosa il canto popolare è uno specchio musicale del mondo. La melodia è dunque l’elemento primario che genera la poesia sprizzando immagini che non hanno il tranquillo fluire di quelle epiche. Nella poesia del canto popolare il linguaggio è teso al massimo per imitare la musica. Il ritardare è epico, il precipitare è lirico. La parola subisce la violenza della musica. Tra Omero e Pindaro cambia del tutto il materiale lessicale: tra loro due “debbono essere risuonate le melodie orgiastiche del flauto di Olimpo”

 

Pindaro secondo Leopardi:  “Chi non sa quali altissime verità sia capace di scoprire e manifestare il vero poeta lirico, vale a dire l’uomo infiammato del più pazzo fuoco, l’uomo la cui anima è in totale disordine, l’uomo posto in uno stato di vigor febbrile, e straordinario (principalmente, anzi quasi indispensabilm. corporale), e quasi di ubbriachezza? Pindaro ne può essere un esempio: ed anche alcuni lirici tedeschi ed inglesi abbandonati veram. che di rado avviene, all’impeto di una viva fantasia e sentimento” (Zibaldone, 1856).

Per dare un’idea della poesia pindarica cito alcuni versi dell’Olimpica I.

"Ottima è l'acqua (a[riston me;n u{dwr) e l'oro ardendo come

fuoco splende nella notte al di sopra di ogni superba ricchezza;

e se tu vuoi dare voce

alle gare, cuore mio,

smetti di cercare  un altro 5

astro più caldo del sole, che brilla

di giorno nell'etere deserto,

e non cantiamo un agone più prestante di Olimpia:

da dove l'inno pieno di gloria si lancia intorno

alle menti dei poeti, così che celebrano

il figlio di Crono, giunti al ricco 10

e felice focolare di Ierone,

 

che tiene il giusto scettro nella Sicilia

ferace di frutti mietendo le cime da tutte le virtù,

e risplende anche

nel fiore dei canti 15

quali sono i carmi che componiamo per diletto, noi uomini

spesso intorno alla mensa ospitale. Avanti, stacca

dal piolo la dorica cetra (dwrivan fovrmigga), 18

se in qualche modo anche a te la gloria di Pisa e di Ferenīco

ha posto la mente sotto pensieri dolcissimi,

quando lungo l'Alfeo si lanciò con20

 il corpo senza sproni nella corsa,

e unì il suo padrone alla vittoria,

 

il re siracusano

che si allieta dei cavalli; e brilla la sua gloria

nella colonia ricca di prodi del lidio Pelope

del quale si innamorò lo scuotiterra di grande forza 25

Poseidone, quando Cloto lo tirò fuori

dal puro lebète,

ornato di avorio il fulgido omero.

Certo sono molti i portenti, e in qualche modo, credo, anche le favole (mu'qoi),

diceria dei mortali oltre la verità,

intarsiate di iridescenti bugie (dedaidalmevnoi yeuvdesi poikivloi~),

traggono in inganno.

 

Il fascino (Cavri~) che foggia tutte le dolcezze per i mortali, 30

portando onore, procura pure che l'incredibile divenga

credibile, spesso;

ma i giorni a venire (aJmevrai d’ ejpivlopoi)

sono i testimoni più sapienti (mavrture~ sofwvtatoi).

è naturale per l'uomo dire cose belle 35

dei numi: minore infatti  è la colpa (meivwn ga;r aijtiva).

O figlio di Tantalo, io canterò di te al contrario di quelli di prima  (ajntiva protevrwn).

Quando tuo padre fece inviti al banchetto

ottimamente governato nella cara Sipilo,

offrendo cene di contraccambio agli dèi,

allora ti rapì il Signore dal fulgido tridente, 40

 

domato dal desiderio nel cuore, e su cavalli d'oro

ti trasportò all'eccelsa dimora di Zeus largamente onorato;

dove in un secondo tempo

giunse anche Ganimede

per lo stesso servigio a Zeus. 40

Come tu eri sparito, né alla madre ti

 portarono gli uomini sebbene ti cercassero molto,

 subito uno dei vicini invidiosi spargeva di nascosto la diceria

che ti avevano tagliato membro a membro con il coltello

nel culmine bollente dell'acqua sul fuoco,

e al momento dell'ultima portata sulle mense si  50

spartirono le tue carni e le divorarono.

diadatevomai

Per me è inconcepibile chiamare

vorace uno dei beati: me ne tengo lontano;

una perdita tocca spesso ai malèdici.

Ma se mai i protettori dell'Olimpo onorarono un uomo

mortale, era Tantalo questo; però 55

di fatto non seppe

digerire la grande felicità (ajlla; ga;r katapevyai-katapessw- mevgan o[lbon oujk ejdunavsqh), e con la sazietà attirò

un accecamento (a[tan) smisurato, e su di lui

il padre sospese un macigno possente,

che egli desidera sempre stornare dal capo

ed erra lontano dalla gioia.

Personalmente non prediligo il genere lirico, anzi lo pospongo al drammatico e all’epico in quanto lo trovo spesso alquanto soggettivo, ma Archiloco, Saffo, Pindaro, Leopardi e Brecht sono lirici poetici e politici.

 

 

 

Ma torniamo a Nietzsche.

La musica appare come volontà nello specchio delle immagini e dei concetti, volontà nell’accezione di Sch. cioè in antitesi alla disposizione estetica e puramente contemplativa. La musica dunque non è volontà che “è ciò che in sé non è estetico, ma appare come volontà. Il lirico interpreta la musica con immagini apollinee  e quindi vede un mondo turbinoso attraverso il medium della musica ma egli riposa nella tranquilla bonaccia della contemplazione apollinea. Egli interpreta la musica attraverso l’immagine turbinosa della volontà, ma staccato dalla brama della volontà è un puro e imperturbato occhio solare (p. 49). La musica non ha bisogno dell’immagine e del concetto ma solo li tollera accanto a sé. Il linguaggio non può realizzare esaurientemente il simbolismo cosmico della musica che simboleggia una sfera al di sopra di ogni apparenza: la contraddizione e il dolore originari nel cuore dell’uno primordiale. Il linguaggio è organo e simbolo delle apparenze e non può tradurre all’esterno la più profonda interiorità della musica.

"L'intellettuale tedesco è sempre stato un frondista contro la parola e contro la ragione e ha fatto l'occhiolino alla musica"  (H. Hesse, Il lupo della steppa, p. 181)

Sentiamo invece la svalutazione della musica da parte dell’intellettuale razionalista Settembrini, personaggio del romanzo  La montagna incantata di T. Mann

Capitolo IV Politicamente sospetta!

L’italiano disse che non gli piaceva ascoltare la musica a comando: quando veniva inflitta per ragioni sanitarie e puzzava di farmacia “ La musica è qualcosa di non completamente articolato, di ambiguo, di irresponsabile, di indifferente. Nutro nei confronti della musica un’avversione politica: l’ho in sospetto di quietismo”.

Settembrini è un cultore della parola doppiamente articolata in significanti e significati.

Dice che la musica deve essere preceduta dalla letteratura. Da sola è pericolosa e non fa progredire il mondo. E’ ambigua e politicamente sospetta

Può fare l’effetto degli oppiacei che provocano servile ristagno (p. 159) .

 

Cesare  sospetta di Cassio, è troppo magro , ha l’aria smunta e affamata : would he were fatter!; inoltre non ascolta la musica. “ he loves no plays, as thou dost, Antony; he hears no music” (Shakespeare, Giulio Cesare, II, 1).

Vedi sopra la musica e il quietismo

Personalmente amo la musica associata alle parole, insomma il melodramma che strutturalmente può ricordare la tragedia greca.

Pesaro 12 luglio 2022 ore 18, 40

giovanni ghiselli

p. s.

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