giovedì 21 luglio 2022

Significato del nome Antigone.

Antigone

Io spiego questo nome con “contro la procreazione- antiv e govno~-.

Altri pensano a “nata contro” .

 

Commento la mia scelta

La figlia di Edipo considera la propria stirpe conclusa nella sua persona.

Trovo una analogia nel gesto dell’adolescente Hanno Buddembrook il quale aveva tirato una riga sotto il proprio nome nell’albero genealogico della famiglia. Il padre, senatore Thomas Buddenbrook, gridava percuotendo piano la guancia di Hanno col fascicolo arrotolato “che cosa ti viene in mente?  Che ti prende? Rispondi! Perché questa monelleria?”  

Il ragazzo, ritraendosi e portando una mano alla guancia, balbettò:

“Credevo…credevo…non dovesse seguire altro”

Thomas Mann, I Buddenbrook, parte VIII, capitolo 7, trad. it. Mondadori 1875

 

Quanto alla tragedia di Sofocle allego alcune parti della mia traduzione- commento completi.

 

Per la pietas verso il fratello preferito al fidanzato Emone che non sposerà per poter rendere gli onori funebri al proprio fratello, nata dalle stesse viscere dalle quali era uscita lei.

segnalo questi versi dal secondo episodio.

v. 51O:"E tu non ti vergogni se la pensi in maniera diversa da questi?"-ejpaidh'/: seconda persona di ejpaidevomai. La propaganda di ogni tirannide tende a inculcare la necessità del conformismo. Creonte sa che i più sono capaci soltanto di un'identità gregaria basata su un sentimento di appartenenza alla massa. Ma Antigone è di altra stoffa, e, ben lontana dal vergognarsi, è fiera della sua diversità. Per lei anzi è inconcepibile che ci sia gente pronta "a rinunciare alla libertà, a far sacrificio del proprio pensiero, per essere uno del gregge, per conformarsi e ottenere così un sentimento di identità, benché illusorio"[1].-

v. 511:"No perché non è per niente vergognoso onorare quelli nati dalle stesse viscere".-oujdevn: accusativo avverbiale.-oJmosplavgcou": formato da oJmov", "uguale" e splavgcnon, generalmente usato al plurale, come l'italiano "viscere". L'aggettivo, di un crudo realismo, rende l'idea della forza con cui Antigone sente il legame di sangue. Del resto "il realismo, in arte, è greco, l'allegorismo è ebraico"[2].  Questo termine si trova già nei Sette a Tebe  di Eschilo (v. 890). 

v 512:"Non era dello stesso sangue anche quello morto dall'altra parte?"-ou[koun: corriponde al latino nonne igitur .-oJvmaimo": formato da oJmov" e ai'Jma. -cwJ: crasi di kai; oJ. Si tratta ovviamente di Eteocle che ha difeso la città e ha messo la propria morte predestinata al servizio di Tebe scegliendo di renderla eroica:"tiv ou'jn e[t& aj;n saivnoimen ojlevqrion movron;", perché dunque dovremmo scodinzolare ancora davanti al destino di morte? domanda nei Sette a Tebe  (v. 704) quando ha deciso di non blandire più il fato .

v. 513:"Dello stesso sangue, nato da una sola madre e anche dal medesimo padre".-oJvmaimo": Antigone ribadisce l'aggettivo; infatti ella non ha proposto che Eteocle non venga sepolto, ma vuole lo stesso trattamento per i due fratelli. Secondo Fromm, Antigone con questa richiesta di uguaglianza incarna il principio matriarcale:" Secondo la concezione matriarcale tutti gli uomini sono uguali, dato che essi sono tutti figli di madri e ognuno è figlio della Madre Terra. Una madre ama allo stesso modo tutti i suoi figli, senza preferenze, dato che il suo amore si basa sul fatto che sono suoi figli e non su un particolare merito o successo". Ella dunque "si rifiuta di violare le leggi del sangue e della solidarietà di tutti gli esseri umani in omaggio al sistema autoritario e gerarchico"[3].-ejk mia'": sottinteso mhtrov".-tau'tou': crasi per tou' aujtou'.

v. 514:"Come mai allora rendi  un onore empio per quello?"-dussebh': l'aggettivo, in finzione predicativa, forma ossimoro con cavrin.  Un accostamento di concetti opposti già fatto da Antigone che aveva definito il proprio atto di  disobbedienza al tiranno il compimento di un'illegalità santa (oJvsia panourghvsa"&, v. 74).-ejkeivnw/: cioè Eteocle.

v. 515:"Non testimonierà questo il cadavere morto".-marturhvsei: futuro di marturevw. Sembra che Antigone neghi un processo terreno o pensi a un tribunale negli inferi dove le ombre rendono testimonianza davanti a giudici imparziali. Il mito del giudizio infallibile sulle anime  è raccontato poeticamente da Platone nel Gorgia (523a-527a).-oJ katqanw;n  : participio dell' aoristo epico, kavtqanon per katevqanon, da kataqnhvskw).- nevku": dalla radice nek- su cui si formano anche nekrov", morto e nevkuia, evocazione dei morti. Sono imparentate etimologicamente con le parole latine neco , uccido, noceo , danneggio, nex  , uccisione, pernicies , rovina, e con le italiane nocivo, innocente, necroforo, necromante (o negromante), l'indovino, l'evocatore dei morti e così via.

v. 516:""Sì se lo onori nello stesso modo dell'empio".-toi: enclitica asseverativa. sfe=aujtovn, ossia Eteocle.-dussebei': dativo sociativo retto da ejx i[sou. Si tratta, ovviamente di Polinice nella considerazione meritocratica di Creonte. Antigone con il suo amore umanistico non fa questa distinzione.

v. 517:"Infatti in nessun modo uno schiavo, ma un fratello è morto".-ti: accusativo avverbiale.-dou'lo": abbiamo visto che il tiranno è incline a schiavizzare il prossimo; del resto nel mito e nella letteratura non mancano figure di donne che considerano i fratelli come vittime da sacrificare sull'altare dell'amore: tali sono Medea e Arianna che hanno poi ricevuto il degno contraccambio dagli amanti (Giasone e Teseo) paghi di averle usate. Di tutt'altra pasta, più nobile, è Antigone. 

 

Per quanto riguarda la sofferenza della ragazza,  copio questi altri versi dal mio commento

 

Quarto episodio primo commo

vv. 857-882. Antistrofe di Antigone e del coro, seguito dall' epodo di Antigone. La ragazza si sente come toccata in una ferita e rievoca i dolori e gli orrori della sua famiglia, della quale si considera l'ultimo ramo secco. Il coro ricorda che il potere non si concilia con la pietà che non è sentita da quelli cui il potere sta a cuore. Antigone ribadisce l'enormità della sciagura del suo destino estremo: morirà senza nozze senza amici e senza nessuno che la pianga.

Antigone vv. 857-861:"Hai toccato l'affanno più doloroso per me,

la sorte molto rivangata del padre

e l'intero

nostro destino cadente

che riguarda gli illustri Labdacidi".-

 857ajlgeinotavta" merivmna". Antigone udendo menzionare il maledetto destino familiare, cui si è sobbarcata, si sente come se le avessero toccato una ferita.-.-

858:  tripovliston composto da tri- e polevw, rivolgo con l'aratro.-povtmou: è un destino che contiene l'idea della caduta. Infatti il sostantivo è formato sulla radice pet-/pot-/pt-/ptw- su cui si formano ptw'si", "caduta" appunto, "caso",  e pivptw, "cado". Ogni sorte umana d'altra parte comprende comunque la caduta.-

vv. 862-866:"Ahi materni acciecamenti/di letti, e amplessi generati da se stessi/della sventurata madre con il padre mio,/dai quali io una volta, la disgraziata nacqui...".- ".

a\tai Preferisco acciecamenti a sciagure per significare che la cecità finale di Edipo era già nella situazione precedente.

864-aujtogevnnht&(a): amplessi i cui amanti erano nati l'uno dall'altra. E' un intreccio incestuoso e mostruoso che va tradotto con parole enigmatiche poiché l'incesto  è connesso con l' enigma.

Per mostrare questo intreccio Bettini  parte dalle Fenicie  di Seneca dove (vv. 118 sgg.) "Edipo dichiara ad Antigone che intende sedersi sopra la stessa rupe su cui sedeva un tempo la Sfinge". Poi il latinista-antropologo si chiede perché. il fatto è che "rispetto alla Sfinge Edipo si sente addirittura un mostrum...maius  (v. 122), un mostro ancora peggiore...Seneca, con i suoi versi abilmente sibillini, dimostra una verità fondamentale. Fra incesto ed enigma c'è una profonda affinità di forma, o meglio, l'incesto è esso stesso produttore di enigmi. L'incesto, mettendo insieme ciò che non può stare insieme, crea automaticamente un insieme di rapporti contraddittori e incomprensibili"[4].-

vv. 867-871:" e da loro, maledetta, senza nozze, eccomi io vado ad abitare./Ahi disgraziate/nozze, fratello, avendo ottenuto,/da morto hai distrutto me ancora viva".

867-pro;" ou{": dai genitori.

-867 ajrai'o" a[gamo": la maledizione (ajrav) è connessa alla ajgamiva poiché essa è ereditata da trasgressioni antiche e si trasmetterebbe ai figli.

“Ella comprende, a quel punto, che nozze umane non le aveva potute avere perché divorata fin dalla nascita dall’abisso della famiglia, dagli inferi della città”[5].

Anche nell'Oreste  di Euripide la maledizione è un'eredità orribile che grava, in questo caso, sui Pelopidi: Elettra la fa risalire all'assassinio di Mirsilo gettato nelle onde da Pelope:" o{qen dovmoisi toi'" ejmoi'"/h\lq j ajra; poluvstono"", donde sulla mia famiglia cadde la maledizione dal lungo pianto (vv.995-996).-

869- 870duspovtmwn...gavmwn. Sono le nozze di Polinice con Argia, figlia di Adrasto re di Argo che lo spinse alla guerra contro la propria patria. Le nozze per i Labdacidi possono essere solo sciagurate a causa dell'antica trasgressione di Laio seguita da quelle di Edipo. Nei Sette a Tebe  di Eschilo Eteocle  non è personalmente colpevole ma deve pagare per"la trasgressione antica/dalla rapida pena/che rimane fino alla terza generazione:/quando Laio faceva violenza/ad Apollo che diceva tre volte,/negli oracoli Pitici dell'ombelico/del mondo, di salvare la città/morendo senza prole;/ma quello vinto dalla sua dissennatezza/generò il destino per sé,/Edipo parricida,/quello che osò seminare/il sacro solco della madre, dal quale nacque/radice insanguinata,/e fu la pazzia a unire/gli sposi dementi"(vv.742-757).-

Coro vv. 872-875:" essere pio è un atto di pietà bella,/ma il potere, per quello cui il potere sta a cuore,/in nessun modo è trasgredibile:/per giunta ti ha mandata in rovina l'ira che decide da sola".

873-kravto": la logica del potere non tiene conto della pietà. Nel Prometeo incatenato  di Eschilo, a   Kratos che è al servizio di Zeus, Efesto rinfaccia la spietatezza :" ajeiv te dh; nhlh;" su; kai; qravsou" plevw""(v. 42), tu certamente sei sempre spietato e pieno di audacia.

In termini più generali il grande meccanismo del potere è chiarito dagli Ateniesi nel dialogo con i Meli nelle Storie  di Tucidide: "riteniamo infatti che la divinità, secondo la nostra opinione,  e  l'umanità in modo evidente, in ogni occasione, per necessità di natura, dove sia più forte, comandi" (V, 105). Qui si dice che la parte attribuita alla divinità è opinabile ma quella degli uomini è sotto gli occhi di tutti. Si può fare un secondo esempio di divinità che si impone  con la forza: nel Prologo delle Baccanti  di Euripide, Dioniso si presenta quale dio capace di imporre la sua volontà e i suoi riti:"skeuhvn t j hjnavgkas j ojrgivwn ejmw'n"(v. 34), ho costretto a indossare l'abbigliamento delle mie orge.

-874 mevlei: chi nella graduatoria delle cose che stanno a cuore mette al primo posto il potere deve rinunciare alla pietà.

Questo tiranno, privo di immaginazione, è come il "buon condottiero" di Tolstoj:"non solo non ha bisogno né della genialità né di qualsivoglia altra virtù; al contrario, è bene che manchi delle migliori, delle più elevate qualità umane, come l'amore, la poesia, la finezza di sentimenti, il dubbio filosofico, la capacità speculativa"[6].

875 aujtovgnwto": formato da aujtov"+gignwvskw. La fortissima autodeterminazione dei protagonisti delle tragedie di Sofocle li porta a forme di eccesso, e se li rende ammirevoli agli occhi di chi cerca un'identità non gregaria e scimmiesca, essa arriva a costituire quella dismisura che per un greco delfico è colpevole.-

875 -ojrgav: dorico per ojrghv. L'ira è una delle caratteristiche dell'anima del tiranno (cfr. Edipo re , v. 364) e il coro attribuendo questa impulsività ad Antigone non esclude una sua colpevolezza nello scontro tra le due unilateralità.

L'ira e la collera appartengono ai caratteri di non pochi personaggi sofoclèi: "Altri contrassegni degli eroi (e eroine) sofoclei sono sia la certezza, di cui si nutrono, della propria unicità, sia la collera impetuosa. Il Coro vede la causa dell'autodistruzione di Antigone nella sua ira (v. 875), Elettra ammette di essere dominata dall'ira (v. 222)[7], e Crisotemide la invita a padroneggiarsi (v. 1011). Edipo erompe furioso contro Creonte e Tiresia nell' Edipo re, contro Creonte e Polinice nell' Edipo a Colono. Aiace si proclama guerriero di cui Troia non ha conosciuto l'eguale (vv. 424-426), Edipo si proclama famoso (v. 8), figlio della fortuna (vv. 1080-1081), Filottete sa che nessuno potrebbe strappargli l'arco, se non per tradimento (vv. 947-948).

 

Antigone vv. 876-878:"Senza compianto, senza amici, senza nozze,/disgraziata sono condotta/sulla strada già pronta"- Nell'epodo (876-882) Antigone riassume gli aspetti della sua dolorosa vicenda che si avvia alla conclusione.ajnumevnaio~ (v. 876): cfr. Lucrezio che, condannando la religio, deplora il fatto che Ifigenia fosse condotta agli altari “non ut solemni more sacrorum/perfecto posset claro comitari Hymenaeo,/sed casta inceste nubendi tempore in ipso/hostia concideret mactatu maesta parentis,/exitus ut classi felix faustusque daretur” (De rerum natura, I, 96-100), non perché, compiuta l'usanza solenne/

dei riti, potesse essere accompagnata da uno splendido epitalamio,/

ma oscenamente casta nello stesso momento del matrimonio

cadesse vittima triste ai colpi del padre-

I tre aggettivi a[klauto~, a[filo~, ajnumevnaio~ (876) preceduti dall'alfa privativo (nelle forme aj- e ajn-) significano la privazione appunto di ogni affetto e conforto sulla terra e nel momento della morte.

affinché alla flotta venisse concessa una partenza felice e propizia.-

  -877 ajgomai ta;n eJtoivman (=th;n eJtoivmhn) ojdovn: Antigone si sente trascinata per una via già segnata, quella aperta dai delitti di Laio e dagli errori di Edipo.

vv. 879-882:"Non più mi è permesso infelice/di vedere questo santo volto di luce;/e la mia caduta illacrimata/nessuno dei miei cari compiange".

-879 lampavdo" iJero;n o[mma: Chi è vicino a morire sente con maggiore forza questa santità.-

-881povtmon: è il destino di morte (cfr. pivptw, "cado") che in ogni modo riguarda tutti noi mortali e che dovremmo accettare, compianti o non compianti.

Splendida e classica, anzi sofoclea, è l'accettazione della morte da parte di Giovanni Drogo, il protagonista de Il Deserto dei Tartari  di Buzzati. Alla fine del romanzo egli scopre"l'ultima sua porzione di stelle" e sorride nella stanza di una locanda ignota, completamente solo, mangiato dal male, apprezzando la più eroica delle morti, dopo avere sperato invano, per decenni, di battersi "sulla sommità delle mura, fra rombi e grida esaltanti, sotto un azzurro cielo di primavera". Invece il suo destino si compie al lume di una candela, dove"non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra i sorrisi di giovani donne. Non c'è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo" (p. 250). Pure  Il Mendico di Pascoli loda la sua "fortuna" per il fatto che morendo non perde niente:"Non vidi che nero, non bebbi/che fiele; ma ingrato non sono:/ti lodo per ciò che non ebbi;/che non abbandono". 

Pesaro 21 luglio 2022 ore 12, 33

giovanni ghiselli

 



[1]              E. Fromm, Psicanalisi della società contemporanea , p. 68.

[2]              C. Pavese, Il mestiere di vivere , 29 settembre 1946.

[3]              Il linguaggio dimenticato , pp. 198 e 211.

[4]              M. Bettini, La leteratura latina , 3, p. 74.

[5]              M. Zambrano, Op. cit., p. 67.

[6]              Guerra e pace , p. 970.

[7]              Il Coro la invita a non lasciarsi prendere dall'ira:"mhde;n pro;" ojrghvn " ( Elettra, v. 369).

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