martedì 19 luglio 2022

La nascita della tragedia di Nietzsche. Terza parte del sommario


 

 

XXII Capitolo

Schlegel sostiene che il vero elemento tragico è la lotta dell’eroe contro il destino tetro e implacabile. Aristotele afferma che effetto della tragedia è una purga dal pathos, una scarica patologica, quasi un fenomeno della medicina. Queste sono pretese mezze morali, mezze erudite di critici non estetici. Ma lo spettatore estetico, sensibile all’arte, vede l’artista tragico che simile ad Apollo crea figure, poi con il suo enorme istinto dionisiaco le ingoia. Al critico saccente e inestetico si  affianca il gazzettiere, il professore funzionario della scuola, e la critica viene strumentalizzata come tessuto connettivo di una socievolezza egoistica tipo quella dei porcospini della parabola di Scopenhauer.

 

In Parerga e Paralipomena II, p. 884 i porcospini trovarono una moderata distanza reciproca per non sentire freddo e non pungersi.

Così gli uomini provano bisogno di compagnia per il vuoto della loro interiorità, del resto provano disgusto del prossimo. La distanza media con la cortesia e le buone maniere rende possibile la coesistenza.

 

 

XXIII Capitolo

Il mito

Lo spettatore socratico-critico non è in grado di comprendere il mito, immagine concentrata del mondo. Senza il mito ogni civiltà perde la sua sana forza creativa. All’annichilimento del mito segue un’educazione astratta, un costume astratto, un diritto astratto (cfr. quello che dice il centauro Chirone nel film Medea di Pasolini.

A dire il vero Socrate non è ascrivibile a questa cultura antimitica: cfr. il prologo del Fedro 229c) dove Socrate dice che se non fosse l’uomo strano –a[topo~- fuoi luogo che è  farebbe come i sapienti che razionalizzano i miti

Sotto questa vita civilizzata si cela una forza antichissima e sana dalla quale è scaturita la Riforma tedesca, come primo richiamo dionisiaco

Ma poi in Ecce homo Nietzsche scrive “il monaco fatale Lutero ha restaurato il cristianesimo questa negazione della volontà di vita diventata religione”.

Ora bisogna tornare ai Greci, al mito e alla tragedia. Il mito collegato al presente lo fa apparire sub specie aeterni. Un popolo e pure un uomo valgono solo se sanno imprimere alle loro vicende l’impronta dell’eterno.

La vittoria nell’ultima guerra (Franco- Prussiana 1870- 1871) può fare pensare che abbiamo cominciato a espellere l’elemento neo latino.

 

XXIV Capitolo

L’arte non è solo mimesi della natura: è anche un supplemento metafisico della realtà naturale. Il mito tragico ci fa capire che perfino l’orrore è parte di un gioco artistico, quello di cui ci parla il frammento di Eraclito aijw;n pai`~ ejsti paivzwn, pesseuvwn, paido;~ hJ basilhivh (D. 48). Dunque la forza formatrice del mondo “viene paragonata da Eraclito l’oscuro a un fanciullo che giocando disponga pietre qua e là, innalzi mucchi di sabbia e di nuovo li disperda (p. 160) aijwvn (cfr, ajeiv e lat. aevum, è il tempo, la vita, l’eternità.

L’ottimismo socratico porta a una vita senza miti, guidata dai concetti. Ma lo spirito tedesco si sta risvegliando

 

XXV Capitolo

Il dionisiaco suscita all’esistenza anche l’orrido, e dunque è necessario come l’apollineo che rende la vita degna di essere vissuta attraverso la bellezza.

Cfr. Foscolo: “All’amica risanata (1802, Antonietta Fagnani Arese): “sorgon così tue dive/membra dall’egro talamo,/e in te beltà rivive,/l’aurea beltate ond’ebbero/ristoro unico a’ mali/le nate a vaneggiar menti mortali”.-

 

La forza di trasfigurazione apollinea abbellisce il sostrato dionisiaco del mondo. Le rigogliose espressioni di bellezza intervengono proprio dove le forze dionisiache si levano più impetuosamente

Se potessimo tornare nella Grecia più antica, vedendo uomini dall’incedere solenne, dai movimenti leggiadri, esclameremmo: “Beato popolo degli Elleni! Come deve essere stato grande tra voi Dioniso, se il dio di Delo ritiene necessari tali incantesimi per guarire la vostra follia ditirambica!” (p. 162)

Ma un vecchio ateniese guardando con il sublime occhio di Eschilo potrebbe replicare: aggiungi però questo, tu bizzarro straniero: quanto dovette soffrire questo popolo per diventare così bello!” (cfr. tw`/ pavqei mavqo~, Agamennone, 177).  

 

giovanni ghiselli Pesaro 19 luglio 2022 ore 17, 54

 

 

 

 

 

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