lunedì 18 luglio 2022

Eraclidi di Euripide. Prima parte

 Una tragedia poco rappresentata e ancor meno conosciuta

Databile tra il 430 e il 427

 

Euristeo signore dell’Argolide perseguita Iolao nipote, amico e compagno d’armi di Eracle, Alcmena la madre di Eracle, e i figli di Eracle. Si sono rifugiati tutti  a Maratona

I fuggiaschi confidano nella protezione dei Teseidi ateniesi. Illo figlio di Eracle e Deianira, è andato a cercare aiuto altrove.

L’araldo del tiranno Euristeo ordina a Iolao di tornare ad Argo dove sarà giustiziato.

 

Callistene, storico di Alessandro Magno,  parlava contro la tirannide.

Una volta Filota gli domandò chi pensasse che venisse maggiormente ammirato dalla città degli Ateniesi; Callistene rispose Armodio e Aristogitone poiché avevano ammazzato Ipparco uno dei due tiranni “kai; turannivda o{ti katevlusan” (Arriano, Anabasi di Alessandro,  4, 10, 3) e  per il fatto che avevano abbattuto la tirannide. Quindi Filota chiese se un tirannicida poteva trovare rifugio e salvarsi presso qualche popolazione greca. Allora  il nipote di Aristotele rispose che un fuggitivo poteva salvarsi, se non presso altri, certo dagli Ateniesi, essi infatti si erano battuti per i figli di Eracle anche contro Euristeo "turannou`nta ejn tw`/ tovte th`~  JEllavdo~" ( 4, 10, 4) che allora tiranneggiava la Grecia.

Il mito viene drammatizzato negli Eraclidi di Euripide.

 

Il re di Atene, Demofonte, figlio di Teseo e di Fedra, riceve e accoglie una richiesta di aiuto dai supplici figli di Eracle che l'argivo Euristeo perseguita: nella parodo il coro che è composto di cittadini ateniesi avverte: "a[qeon iJkesivan meqei'nai povlei-xevnwn prostropavn" (vv. 107-108), è empio per una città trascurare la supplice preghiera di stranieri.

 La tirannide è collegata all'empietà, come nelle Supplici di Euripide e nell'Antigone di Sofocle, tragedie nelle quali Creonte vuole negare la sepoltura dei morti. Insomma Atene, la scuola dell'Ellade, esecrava la tirannide.

 

Parodo

Il coro di vecchi ateniesi promette aiuto ai profughi

Arrivano i figli di Teseo Demofonte e Acamante. L’araldo di Euristeo minaccia di guerra il re di Atene Demofonte.

Gli sconsiglia di preferire i più deboli e i peggiori tou;" kakivona" (178) quando può scegliere tou;"  ajmeivnona" i migliori.

 

Iolao invita Demofonte a prendersi cura di loro. Il re ateniese accoglie la richiesta per rispetto di Zeus, per la parentela e per l’onore. Tanto Demofonte quanto gli Eraclidi discendevano da Pelope.

 

Teseo era figlio di Etra figlia di Pitteo, figlio di Pelope

Eracle era figlio di Alcmena figlia di Lisidice, figlia di Pelope.

 

L’Araldo minaccia ancora ma Demofonte lo caccia dicendo che la sua città  non è sottomessa alla polis degli Argivi ma è libera 286-287.

 

Dovrebbero fare questo per l’Italia i politici che invece, per servilismo, emanano decreti contro il popolo italiano, impoverendolo con sanzioni che non danneggiano i sanzionati bensì i sanzionatori i quali in questa maniera conservano le poltrone

 

Il coreuta invita il re a premunirsi poiché è feroce l’Ares dei Micenei (290).

 Inoltre afferma che gli araldi ingrandiscono quanto è accaduto raddoppiandolo e innalzandolo come una torre (pa`si khvruxi novmo~ di;~ tovsa purgou`n tw'n gignomevnwn, v. 293).

Iolao fa un panegirico degli Ateniesi che sono amici e parenti e i soli a difendere i supplici in tutta la terra greca (306). Invita i bambini, se mai torneranno ad Argo, di considerarli sempre loro salvatori e amici.

 Dopo la caduta di Cimone (461) , Argo prese e tenne una posizione filoateniese.

Iolao ricorda anche le benemerenze di Teseo verso Eracle.

 

Demofonte, nato da nobile padre, non si rivela peggiore di lui: si trova un solo caso del genere tra molti.

C’è il senso della decadenza delle strpi.

“Udir come le schiatte si disfanno

Non ti parrà nuova cosa né forte,

poscia che le cittade termine hanno” (Dante, Paradiso, XVI, 76-78)  

 

Il corifeo nota “questa terra vuole sempre aiutare secondo giustizia quelli privi di mezzi-toi'" ajmhvcanoi"- su;n tw'/ dikaivw/ bouvletai proswfelei'n-329-330.

Demofonte risponde che li aiuterà e mnhmoneuvsetai cavri" -334- il favore sarà ricordato. Convocherò l’assemblea dei cittadini e darò disposizioni per affrontare i Micenei con un grande esercito.

Anche i re del mito, come Pelago nelle Supplici di Eschilo consultano l’assemblea.

Iolao conta sulla protezione di Atena che si contrapponga a Era, protettrice di Argo.

 

Il Coro nel Primo stasimo canta che la grande Atene, città  dalle belle danze-kallivcoroi-, non si lascerà spaventare. Folle è il tiranno Euristeo, figlio di Stenelo.

Tu che sei straniero, vuoi trascinare via con violenza biaivw" e[lkei" i supplici degli dèi-qew'n ijkth'ra" , gli erranti ajla'ta"  che si sono aggrappati alla mia terra.

Non riuscirai a sconvolgere la città felice delle Cariti

Iolao dice che Zeus è kolasth;" tw'n a[gan uJperfrovnwn-388- punisce chi insuperbisce troppo.

Demofonte ha consultato gli oracoli i quali hanno risposto che deve immolare a Kore, figlia di Demetra, una vergine patro;" eujgenou'", figlia di padre nobile (409).

Il re di Atene non vuole sacrificare una figlia sua né imporlo a nessun ateniese “Non sono un tiranno di gente barbara h]n divkaia drw', divkaia peivsomai (424) se faccio cose giuste, ne riceverò-pavscw. Non voglio provocare una guerra civile. Demofonte non vuole sanzionare il suo popolo.

Iolao offre la propria vita ouj filei'n dei' th;n ejmh;n yuchvn (455), non devo amare troppo la mia vita.

Il Coro risponde che i nemici non vogliono la morte di un vecchio dalla quale Euristeo non ricaverebbe niente.

 

Anche nell’Ecuba di Euripide la vecchia regina viene rifiutata come vittima sacrificale: è  la giovane e bella Polissena che deve morire sulla tomba di Achille.

 

Ai nemici incutono paura i germogli di case nobili deino;n ga;r ejcqroi'" blastavnonte" eujgenei'" (468), fanno paura ai nemici i germogli nobili, quelli giovani che fanno ricordare il sangue del padre.

Cfr. le Troiane dove Astianatte viene ammazzato per paura che diventi forte e valoroso come Ettore. Andromaca dirà ai Greci che i veri brbari sono loro.

 

Entra in scena Macaria, figlia di Eracle e  Deianira. La ragazza vuole dare la propria vita per salvare quella dei fratelli. Inizia con lo scusarsi per essere uscita di casa:"gunaiki; ga;r sighv te kai; to; swfronei'n-kavlliston, ei[sw q j  h{sucon mevnein dovmwn"(vv. 476-477), per la donna infatti il silenzio e l'equilibrio sono la dote più bella, poi rimanere in tranquillità dentro la casa. Però mevlei dev moi- mavlist j ajdelfw'n-. ragazza sororale come Antigone.  Makariva vuole essere informata. Iolao le chiarisce la situazione, e la fanciulla ribadisce di essere qnh/skein eJtoivmh (50) pronta a morire.

 

Del resto se le uccidessero i fratelli chi vorrebbe sposare o avere figli da una ragazza che non ha nessuno? (523-524) Muoio per i miei fratelli e per me stessa: ho trovato il modo più bello: lasciare la vita gloriosamente: “kavlliston hu{rhk j, eujklew'" lipei'n bivon  534. In questo è sorella spirituale di Alcesti.

Il coro apprezza tanta nobiltà.

Iolao propone un sorteggio tra tutte le figlie di Eracle però Macaria non vuole morire  in seguito a un sorteggio -th'/ tuvch/ lacou's j-designata dalla sorte 547, non ci sarebbe cavri", grazia, fascino,  gratitudine. Dunque do la mia vita ejkou'sa, non costretta ajnagkasqei'sa  d’ ouj (551).

Polissena ripeterà questo eroismo nell’Ecuba, poi la figlia di Agamennone nell’ Ifigenia in Aulide.

Iolao la elogia ancora.

Macaria chiede al vecchio di coprirle il corpo con le sue braccia

Se non ce la fa, chieda a Demofonte che la lasci spirare tra le braccia di donne, non di uomini.

Cfr. di nuovo Polissena nell’Ecuba: la pudicizia nella morte.

 Macaria dice cai're a Iolao e gli chiede di ammaestrare i fratelli, renderli ej" to; pa'n sofouv" (575) saggi con una visione d’insieme.

Lo considera un padre. In ricordo della sua verginità e dei figli che non ha avuto, chiede una sepoltura magnifica-ajnti; paivdwn ejstiv moi keimhvlia-kai; parqeneiva"-

Spero che sotto terra non ci sia niente. Se infatti ci sono sofferenze anche laggiù non so dove uno potrà rivolgersi-to; ga;r qanei'n-kakw'n mevgiston favrmakon nomivzetai, la morte è considerata il  più grande  rimedio di tutti i mali

(595-596) cfr. Leopardi Amore e morte.

Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte
ingenerò la sorte.
Cose quaggiú sí belle
altre il mondo non ha, non han le stelle.
5Nasce dall’uno il bene,
nasce il piacer maggiore
che per lo mar dell’essere si trova;
l’altra ogni gran dolore
ogni gran male annulla.

 

Iolao la elogia ancora, la saluta  e ne lamenta la morte decretata dall’oracolo

 

Pesaro 18 luglio 2022 ore 10, 57

p. s

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