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Prologo
della metodologia di giovanni ghiselli
Prologo
L'uomo
che non conosce il latino somiglia a colui
che si trova in un bel posto, mentre il tempo è nebbioso: il suo orizzonte è
assai limitato; egli vede con chiarezza solamente quello che gli sta vicino,
alcuni passi più in là tutto diventa indistinto. Invece l'orizzonte del
latinista si stende assai lontano, attraverso i secoli più recenti, il Medioevo
e l'antichità. - Il greco o addirittura il sanscrito allargano certamente ancor
più l'orizzonte. - Chi non conosce affatto il latino, appartiene al volgo,
anche se fosse un grande virtuoso nel campo dell'elettricità e avesse nel
crogiuolo il radicale dell'acido di spato di fluoro"[1].
Si veda un
ancora più esplicito svuotamento della sofiva tecnologica nel discorso di Diotima del Simposio
platonico: "kai; oJ me;n peri; ta; toiau'ta sofo;" daimovnio"
ajnhvr, oJ dev, a[llo ti sofo;" w[n, h] peri; tevcna" h]
ceirourgiva" tinav", bavnauso"" (203a), chi è sapiente in tali rapporti[2] è
un uomo demonico, quello invece che si intende di qualcos'altro, o di tecniche
o di certi mestieri, è un facchino.
Nell’Alcibiade
II di Platone, Socrate parlando appunto con il giovane figlio di
Clinia, gli dice
“Ð d d¾ t¾n kaloumšnhn polumaq…an te kaˆ polutecn…an
kekthmšnoj, ÑrfanÕj d ín taÚthj tÁj ™pist»mhj, ¢gÒ -
menoj d ØpÕ mi©j ˜k£sthj tîn ¥llwn, «r' oÙcˆ tù Ônti
dika…wj pollù ceimîni cr»setai, ¤te omai ¥neu kubern»tou
diatelîn ™n pel£gei, crÒnon oÙ
makrÕn b…ou qšwn; éste
sumba…nein moi doke‹ kaˆ ™ntaàqa tÕ toà poihtoà, Ö lšgei
kathgorîn poÚ tinoj, æj ¥ra poll¦ mn ºp…stato
œrga, kakîj dš, fhs…n, ºp…stato p£nta” (Alcibiade secondo, 147b)
Chi possiede la cosiddetta conoscenza enciclopedica e politecnica, ma sia privo di questa scienza (del Bene), e venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte cose ma le sapeva tutte male
Prefazione
Perché studiare il greco e il latino, potrebbe chiederci un giovane, a
che cosa servono? Alcuni rispondono:" a niente; non sono servi di nessuno;
per questo sono belli"[3].
Non è questa la nostra risposta. Se è vero che le culture classiche non si
asserviscono alla volgarità delle mode, infatti non passano mai di moda, è pure
certo che la loro forza è impiegabile in qualsiasi campo. La conoscenza del
classico potenzia la natura peculiare dell'uomo che è animale linguistico. Il
greco e il latino servono all'umanità: accrescono le capacità comunicative che
sono la base di ogni studio e di ogni lavoro non esclusivamente meccanico.
Chi conosce il greco e il latino sa parlare la lingua italiana più e
meglio di chi non li conosce[4]. Sa
anche pensare più e meglio di chi non li conosce.
Parlare male, affermava Socrate
nel Fedone , non solo è una stonatura in sé, ma mette anche
del male nelle anime[5]. Don
Milani insegnava che "bisogna sfiorare tutte le materie un po' alla meglio
per arricchire la parola. Essere dilettanti in tutto e specialisti nell'arte
della parola".
Il sicuro possesso della parola è utile in tutti i campi, da quello
liturgico a quello erotico: "Non formosus erat, sed erat facundus
Ulixes/et tamen aequoreas torsit amore deas ", bello non era, ma
era bravo a parlare Ulisse, e pure fece struggere d'amore le dee del mare,
scrive Ovidio nell'Ars amatoria. Sono versi non per caso citati da
Kierkegaard nel Diario del seduttore. Ebbene, non si può essere
veramente bravi a usare la parola, utilizzabile sempre e per molti fini, tutti
sperabilmente buoni, se non si conoscono le lingue e le civiltà classiche,
ossia quelle dei primi della classe. Noi vorremmo che le conoscessero tutti
attraverso una scuola che fosse nello stesso tempo popolare e di alta qualità.
Il greco e il latino, come lingue e come culture, sono utili non solo a
scuola e il loro impiego non è confinato nei licei e nella Accademie.
Si può pensare a una sceneggiatura cinematografica, o alla redazione di
un articolo di giornale, o a una recensione, a qualunque attività insomma che
richieda un impiego non banale, non scontato della parola: la civiltà classica
dota chi la conosce di una miniera di topoi, frasi, metafore, immagini, idèe
preziose che valorizzano il tessuto verbale è la visione d’insieme
Questo per quanto riguarda il campo dell’efficacia e della bellezza.
Ma c’è pure, e anche prima, la categoria dell’etica.
Non si può essere del tutto morali se non si conoscono a fondo i princìpi
e i valori dell’etica classica. Questa intanto non penalizza la felicità, che
anzi deve essere associata alla moralità.
giovanni ghiselli
p. s. Parte della
mia metodologia venne in parte pubblicata on line in PuntoEdu Neoassunti
Indire. Metodologia per l’insegnamento del greco e del latino (scarica qui il PDF).
Fu
pubblicata sempre in parte su carta in
Essere e
Divenire del “Classico”. Atti del Convegno Internazionale (Torino - Ivrea 21 - 22 - 23 Ottobre
2003). L’arte dei luoghi nella didattica del latino (pp. 241 -
256). Utet, Torino, 2006.
A chi può
servire e me la chiede la mando intera. Gratis ovviamente
Bologna,
12 giugno 2020
e - mail: g.ghiselli@tin.it
[1] A.
Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Tomo II, p. 772.
[2] Quelli
tra gli uomini e gli dèi.
[3] “Erano
- e l’insegnante lo faceva notare spesso - del tutto inutili apparentemente ai
fini degli studi futuri e della vita, ma solo apparentemente. In realtà erano
importantissimi, più importanti addirittura di certe materie principali, perché
sviluppano la facoltà di ragionare e costituiscono la base di ogni pensiero
chiaro, sobrio ed efficace” (H. Hesse, Sotto la ruota (del
1906), p. 24.
[4] Vittorio
Alfieri nella sua Vita (composta tra il 1790 e il 1803)
racconta di avere impiegato non poco tempo dell’inverno 1776 - 1777 traducendo
dopo Orazio, Sallustio, un lavoro “più volte rifatto mutato e limato…certamente
con molto mio lucro sì nell’intelligenza della lingua latina, che nella
padronanza di maneggiar l’italiana” (IV, 3).
[5] Cfr.
cap. 50.
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