Breve discorso sulla storia contemporanea alla luce del corona virus di turno
Giuseppe Moscatt
Un
articolo dello storico Paolo Mieli (nella pagina culturale del Corriere del
Sera del 29 gennaio 2018) in occasione della pubblicazione di un saggio della
ricercatrice Laura Spinney, rievocativo delle vicende legate al centenario
dell'influenza spagnola fra il 1918 e il 1920; ci pare profetico e assai
attuale oggi per gli indubbi confronti con l'attuale pandemia del corona virus
e riapre il mai sopito dibattito sulla natura della storia contemporanea e sui
suoi motori di ricerca. Mieli ricordò il momento storico, la fine della Grande
guerra e il biennio successivo “rosso”, come dicono i manuali scolastici. Le
vittime illustri - Apollinaire, Weber e il presidente U.S.A Wilson, per citare
i più famosi - il percorso del morbo - nato proprio negli U.S.A, ma poi
ripartito in Spagna, da cui la denominazione - i tanti scrittori contagiati -
per esempio Hemingway – i politici e perfino Roosevelt! In Germania la presero
Jünger e Zweig. non a caso due autori fondamentali sulla crisi della repubblica
di Weimar. Ciò che però Mieli rileva è che il WorldCat, il più grande motore di
ricerca
bibliografico, elenca 80.000 libri in 40 lingue sulla Prima Guerra Mondiale; ma
solo 400 volumi - in appena 5 lingue! - si dedicano alla pandemia spagnola.
Perché? Mieli lo spiega per un ordine superiore dei Governi, vincitori e vinti,
di censurare qualunque fonte al riguardo. Di qui le difficoltà degli storici di
studiare l'evento e di verificarne gli effetti. La lenta ricerca degli studiosi
si sta soltanto accelerando proprio ora, ai empi del corona virus. E qui il
nocciolo del problema della storia, specie se contemporanea, cioè le ragioni
che ci spingono a studiarla. Di fronte al ripetersi degli eventi catastrofici
come le pandemie, la sua nozione, il metodo e l'area dei quesiti di merito sono
sicuramente utili nella fase preventiva e nelle fasi di contenimento e cura. E
proprio sulla nozione, è altrettanto noto come la storiografia antica era già
di per sé contemporanea. Per esempio Tucidide, già 5 secoli prima di Cristo,
scrisse un evento storico grandioso quanto sconvolgente, la Guerra del
Peloponneso (che noi siracusani vivemmo come si sa in prima persona).
E
lì troviamo per la prima volta la descrizione di una epidemia di peste ad Atene
che ancora ci può servire di insegnamento. E di seguito, la sua esperienza di
storico contemporaneo, l'avrà Giulio Cesare per le guerre galliche; Federico di
Prussia nei suoi ricordi “I miei tempi”, perfino Winston Churchill, che ebbe
addirittura un premio Nobel nel 1953, con la sua imponente “Storia della seconda
Guerra mondiale”. Per tutti gli storici è ben presente il fatto che il recente
passato, non meno di quello più lontano, sia un ottimo banco di prova per
spiegare il presente. Di qui, la profonda e radicale svolta della storiografia
italiana e tedesca - quella che per Noi rappresentano l'ago della bilancia del
settore del sapere storico - che all'inizio del '900 hanno considerato non solo
la storia in generale una scienza autonoma rispetto alle altre scienze sociali
- basterà citare il Croce
e
il von Ranke - ma anche le attribuirono un criterio metodologico proprio, la
cui adozione integrale va ad estendersi fino all'oggi. E' il criterio che
Alessandro Barbero ci ha proposto in una recente intervista sul “Corriere
d'Italia” di Francoforte. Qui lo storico italiano avverte, come già il Niebuhr
- storico tedesco vissuto a Roma e amico del Leopardi fin dal 1823 - parlava di
“Geschichtswissenschaft”, cioè di scienza della storia. Vale a dire che su un
certo argomento occorre conoscere il maggior numero di fonti, giungere a
conclusioni strettamente connesse ai fatti stessi e formularle in modo che
terzi storici possano comprovarle. Dunque la fonte è il principale oggetto
dell'indagine, dove l'Uomo deve essere al centro, con tutte le sue
caratteristiche morali e materiali. Una concezione quella di Barbero e di
Niebuhr che fece dire a Croce che “tutta la storia è contemporanea” e che von
Ranke, in età positivista, osò così definire basandosi sulla storia di Roma: “se
è certo che la grande storia di Roma passerà sotto silenzio nei prossimi
secoli, rimarrà però nel diritto vigente una traccia indelebile di quell'antico
diritto”.
Tuttavia, le scuole storiciste di fine secolo misero in dubbio il
metodo e l'area della storia contemporanea. Si rilevò la necessità di individuare
quando un evento è storico perché produttivo di altri eventi di svolta nella
politica, nella società e nella cultura; e quando un evento resta circoscritto
nel tempo e nello spazio cioè , cioè un mero fatto di cronaca, al limite un
episodio frammentario della realtà che restava immutabile nella sua configurazione
quotidiana. In altri termini, proprio per per capire il valore di certi
effetti, uno storico legato alla Prussia conservatrice, Hermann von Sybel,
direttore dell'Archivio di Stato, non rinunciava a distinguere eventi avvenuti
come significativi e semplici cronache dell'ora, facendo prevalere
l'interesse politico nazionalista su quello scientifico che vuole l'asetticità
del ricercatore nel seguire lo sviluppo della materia. O meglio la politica
subentrò e sostituì la storia. Per esempio, la Rivoluzione Francese del 1789 fu
un fatto storico o un fatto politico? Il Risorgimento italiano a quale aerea
appartiene? Per chi li visse cronaca e storia sembrano coincidere, perché ogni
evento è parte del tempo che si vive e quindi un evento appena trascorso ormai
è parte del passato. Ma il concetto di tempo che scorre meccanicamente crea un
grande numero di situazioni che l'osservatore chiama “Geistzeit, Lo spirito del
tempo”, che si combina con la vecchia realtà, un insieme di valori e
consuetudini, la cui mediazione fa la storia contemporanea e di cui lo storico scientificamente ed asetticamente ne è il
responsabile. Di qui, la scelta delle fonti possibili e la sua continua
analisi, dalla lettura dei documenti pubblici, per es. la stampa. O di quelli
riservati, per esempio i diari e i carteggi postali; fino alle carte segrete,
depositati negli archivi di stato, non appena disecretati, come nel
recentissimo caso degli archivi Vaticani, aperto agli studiosi proprio a
gennaio di quest'anno e purtroppo chiusi per effetto del corona virus. Quindi
anche per Barbero la storia contemporanea riguarda l'epoca in cui viviamo, dove
resta sempre aperta la domanda di colmare le lacune, al di là e al di sopra
della cronaca, una analisi quasi certosina, da non confondere con l'attività
politica e mai da affiancare alla prima, a pena di coprire od alterare il
valore dell'evento matrice. Quanto all'individuazione dell'evento scatenante
però provvede una regola di azione che già
nel primo illuminismo vide promotore un filosofo apparentemente minore - Pierre
Bayle, nato nel 1647 e morto nel 1706 - che però influenzò Popper, maestro
della ricerca scientifica del '900, che dal falso seppe trarre elementi di
verità. Ebbene Bayle consigliò ai giudici e agli storici di: a) scegliere le
notizie di cronaca più vicine al fatto; b) di preferire come testimoni coloro
che vi hanno direttamente partecipato; c) di escludere chi ha interesse con uno
dei soggetti coinvolti. E qui torniamo a Mieli sulla “Spagnola” e ai pochi
storici che hanno superato lo schermo dei Governi “democratici”, tutti
orientati al silenzio stampa. Alcuni episodi narrati dai soldati americani al ritorno
dall'Europa e poi di ritorno in America; i verbali sanitari delle Commissioni
mediche iberiche; i discorsi e le prediche di vari vescovi e sacerdoti; i
rapporti dei generali sul fronte da ambedue i lati. Eppoi, i libri di bordo, i
diari dei carcerati - celebre quello di Gandhi, dove scrisse del suo impegno
politico indipendentista mentre giaceva in prigione - fino alle cronache
tedesche, che imputavano a prostitute brasiliane di Amburgo la veicolazione del
morbo. Ma è la lezione di Fernand Braudel a dare a tutta la storia, sopratutto
a quella contemporanea, un rilievo scientifico non
indifferente. Storico esponente della scuola francese del secondo dopoguerra, Braudel
iniziò ad accogliere per 50 anni un ampio ventaglio di fatti e vide presto una
loro lettura concatenata nuova con il passato, uno spirito culturale che in un
periodo medio/lungo tendeva a consolidarsi. Una concentrazione di politica,
scienza e tecnica, dove prevalevano la partecipazione individuale e il senso
dello Stato, la ricerca scientifica, le scoperte tecniche e mutamenti
culturali, in una lenta ma costante evoluzione. Per esempio, il progresso della
genetica e la resistenza alle malattie; lo sviluppo delle malattie infettive e
di quelle acute nelle società isolate, ovvero nelle Americhe appena scoperte.
Nonché la malaria, la tubercolosi, gli animali portatori, il ruolo igienico
degli acquedotti e fognature, i nuovi virus, risalendo così alla tragedie della
peste e del vaiolo nei secoli del Medioevo e dell'Età Moderna. Era la famosa
teoria della lunga durata, ovvero dell'evento che si ripete e si lega alla
realtà presente anno dopo anno che poteva spiegare paure e suggestioni, vicende
letterarie e fiction cinematografiche, dando luogo a una definizione
storico-scientifica della storia Contemporanea, l'essere questa una terra di
confine, fatta di probabili e minutissimi eventi, che alla fine si legano con
tutte le altre scienze sociali. Una storia del quotidiano e dei sentimenti che
non si oppone alle Scienze sociali e non solo, ma che le spiega in modo
coerente e ci consente un dialogo fra l'uomo e i comportamenti collettivi,
l'unica strada che ci rende tutti storici della contemporaneità e che veramente
ci può rendere immuni da ogni falsa ideologia scatenata dai corona virus di
turno.
Giuseppe Moscatt
Giuseppe Moscatt
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