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martedì 30 giugno 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 32. la mia scuola. Il mito

Mosaico di Dioniso, III sec. d.C.
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Il MITO 1
prima parte: Eracle e Dioniso

Il mitoHillman. Pluralità di significati di alcuni personaggi mitici. G. B. Conte. Saturno. Eracle e Dioniso.
Excursus su politeismo, monoteismo e democrazia. Cacciari. Pasolini: l’espressione “democrazia cristiana” è una contraddizione di termini. Freud: L’uomo Mosé e la religione monoteistica. Alfieri e Dostoevskij: critiche al cattolicesimo. George Steiner: Nel castello di Barbablù.
Vari significati del mito. Nietzsche. Miti di origine: di nuovo Hillman. Il mito di Er. Morin, Pasolini e il film Medea. Cesare Pavese.
Kundera: diversi miti antichi partono dalla compassione di qualcuno che salva un bambino abbandonato. Mosè, Edipo, Cipselo e altri casi di compassione. Il film Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick: “the noblest impulse of man, his compassion for another.
Difficile e molto tardiva è la distinzione tra mito e storia. Erodoto, Tito Livio, Curzio Rufo, Arriano. La storia nasce dalla poesia. Vico e Pavese.
S. Mazzarino a proposito del rapporto tra le Storie di Polibio e la tragedia storica romana (Clastidium di Nevio e Decius di Accio). Calvino suggerisce di prendere il mito alla lettera.

L'ambiguità si trova anche in certi personaggi del mito che hanno un'immagine bipolare: "Saturno è allo stesso tempo immagine archetipica del Vecchio Saggio (…)e anche del Vecchio Re, l'orco castrato e castrante"[1].
Il mito infatti può avere sottolineature diverse ed essere usato con significati vari, come una parola del vocabolario.

 Eracle, per esempio, si presta a essere utilizzato nella poesia con funzioni differenti a volta addirittura opposte. E' un'idea che viene precisata in un saggio in inglese di G. B. Conte[2]. Ne riferisco alcuni concetti, tradotti in italiano e con l’aggiunta di qualche nota. Il professore della Normale di Pisa rileva che ogni mito (con le sue varianti) possiede una pluralità di significati che si aggregano intorno a una funzione tematica fondamentale. Ma quando un poeta utilizza un mito o un carattere mitico, egli opera attraverso una selezione, riorientando la storia nella direzione del suo testo. Eracle è stato impiegato dai poeti come eroe civilizzatore, come maschio esuberante nelle faccende sessuali (fino al punto di diventare lo schiavo di Onfale[3]) ma è anche un un insaziabile mangiatore[4] e un intemperante bevitore di vino[5]; una figura tragica che impazzisce poi ammazza i figli e la moglie[6]; il mitico progenitore dei re spartani e così via. Lo studioso procede in quella che chiama enumeratio chaotica , poi chiede: vi sareste aspettato che il sofista Prodico (come Senofonte riferisce nei suoi Memorabili II. 1. 21 - 34) avrebbe un giorno inventato una favola[7] il cui protagonista era Eracle, ma questa volta come esempio di saggezza e autocontrollo, come paradigma di virtù morale?
Prodico evidentemente ha fatto una scelta tra i vari aspetti di Eracle.
Aggiungo qualche considerazione.
Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, Eracle non partecipa all’orgia bacchica e sessuale dell’isola di Lemno, e anzi richiama i compagni al dovere dell’impresa (I, 855 sgg.), ma poco più tardi (I, v. 1270 sgg) abbandona la spedizione per cercare il giovane Ila rapito da una ninfa: “Nell’opera di Apollonio Eracle impersona il codice di comportamento dell’epica arcaica: gli viene attribuito l’amore pederastico, tipico dell’etica aristocratica, che lo esclude da questo matrimonio collettivo”[8].

Alessandro Magno, che si considerava suo discendente[9], recitava tutte queste parti dell’eroe dorico.

Non manca un Eracle perfino incestuoso e pedofilo. Nella Storia dell'India Arriano racconta che l'eroe giunse in quel paese lontano e gli Indiani lo chiamano ghgeneva (8, 4), figlio della terra. Megastene[10] e gli stessi Indiani sostengono che il suo costume era simile a quello dell’Eracle tebano. Quindi gli nacquero molti figli maschi, da molte donne, e una sola figlia femmina: Pandea. Eracle liberò mari e terre da bestie malefiche e nel mare scoprì un nuovo tipo di ornamento femminile ossia to;n margarivthn dh; to;n qalavssion (8, 9), la perla marina. L'eroe le raccolse dall’intero Oceano per adornare sua figlia. Le donne nel regno della figlia di Eracle si sposano a sette anni. C’è una leggenda per spiegare questo: Eracle, essendogli la figlia nata tardi, e non trovando un uomo degno di tanto padre cui darla in sposa, si unì a lei che aveva sette anni ("aujto;n migh'nai th'/ paidiv eJptaevtei ejouvsh/", 9, 3), lasciando una discendenza di re indiani.
 Annibale venerava e imitava Eracle identificato con il dio punico Melqart: "Ciò che (…) credo di avere compreso io per primo è la natura di Eracle - Melqart, in realtà il più universale dei simboli (….) i suoi caratteri incarnano alcune istanze insopprimibili dell'animo umano (…) La sua polivalenza nasceva dal tratto essenziale comune alle diverse interpretazioni che vengono date di lui: sostanzialmente una forza giusta e riparatrice, in grado di punire i malvagi e di proiettare l'uomo verso un'immortalità da conquistarsi con l'esercizio costante della virtù (…) Il nume tutelare della spedizione in Italia fu dunque, di volta in volta, il Melqart che parlava al cuore dei Punici, o l'Eracle greco nelle sue diverse accezioni, l'Ogimos caro al mondo celtico, il Makeris africano o la corrispondente figura iberica. Comunque io lo proponessi, ogni membro della mia armata finiva per coglierne un'identità diversa, quella a lui più cara; e di questa figura, multiforme e unica a un tempo, io potei quindi costantemente servirmi come di una chiave, capace di aprirmi tutte le porte"[11].

Altri imitatori di Eracle saranno Marco Antonio e il suo bisnipote Nerone.

Possiamo quindi notare che il Dioniso infantile dell’Iliade (Diwvnuso" de; fobhqeiv", 6, 135), o quello ridicolo delle Rane di Aristofane[12], è spaventato e tremante, mentre quello delle Baccanti di Euripide è sicuro di sé, impositivo (v. 34), e feroce[13].
Già nell’Odissea del resto Dioniso viene menzionato come il dio che con le sue accuse spinse Artemide a uccidere Arianna in Dia[14], mentre Teseo la portava da Creta al sacro colle di Atene (XI, vv. 321 - 325). Qui anche la figlia di Minosse ha un ruolo diverso rispetto alla ragazza abbandonata dal perfido seduttore Teseo, quali li rappresenta Catullo nel carme 64. Da questi versi dell’Odissea sembra che sia stata Arianna ad abbandonare un l’amante, probabilmente Dioniso.

Arriano sostiene che c’è un Dioniso diverso da quello tebano, figlio di Semele; l’altro, nato da Zeus e da Core, è venerato dagli Ateniesi. L’inno bacchico dei misteri è cantato per questo Dioniso ateniese, non per quello tebano: “kai; oJ [Iakco~ oJ mustiko;~ touvtw/ tw`/ Dionuvsw/, oujci; tw`/ Qhbaivw/ ejpav/detai[15].

“Egli è venuto in forma umana a Tebe per portare amore (ma mica quello sentimentale e benedetto dalle convenzioni!), e invece porta il dissesto e la carneficina. Egli è l’irrazionalità che cangia, insensibilmente e nella più suprema indifferenza, dalla dolcezza all’orrore. Attraverso essa non c’è soluzione di continuità tra Dio e il Diavolo, tra il bene e il male (Dioniso si trasforma, appunto, insensibilmente e nella più suprema indifferenza, dal giovane pieno di grazia che era al suo primo apparire in un giovane amorale e criminale. Sia come apparizione “benigna” che come apparizione “maledetta”, la società, fondata sulla ragione e sul buon senso - che sono il contrario di Dioniso, cioè dell’irrazionalità - non lo comprende. Ma è la sua stessa incomprensione di questa irrazionalità che la porta irrazionalmente alla rovina (alla più orrenda carneficina mai descritta in un’opera d’arte. Sono gli I. M., per citare Elsa Morante, gli Infelici Molti, ossia la maggioranza, o la media, fondata sulla razionalità e sul buon senso, che non comprendono la grazia di Dioniso, la sua libertà, e, perciò, finiscono atrocemente nella strage: di cui peraltro la irrazionalità stessa è patrona. "Quanti Péntei, nella nostra società (…) I Pentéi italiani sono dei mediocri, dei meschini imbecilli, neanche degni di essere dilaniati dalle Menadi ”[16].



[1] J. Hillman, Puer aeternus, p. 80.
[2] Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., p. 50 ss.
[3] Ricordata nelle Trachinie di Sofocle, dove Eracle è un donnaiolo e il marito assenteista e infedele della povera Deianira. Nell' Hercules Oetaeus, di dubbia attribuzione senecana, Deianira descrive il marito come un antico don Giovanni: egli avrebbe compiuto i suoi agoni acerrimi per conquistare le ragazze:"virginum thalamos petit " (v. 420) , cerca i letti delle vergini. A volte si accontenta delle spose:"nuptas ruinis quaerit" (v. 422), cerca le spose con i suoi macelli. Comunque:" causa bellandi est amor " (v. 425), la causa della guerra è l'amore. L'amore dopo tutto sarà la somma fatica di Ercole:"amorque summus fiet Alcidae labor" (v. 475). 
[4] Nella commedia Lino di Alessi (380 - 270 a. C., autore della commedia di mezzo, zio o maestro di Menandro) l’autore narra che il mitico citarista dava lezioni a Eracle e voleva spingerlo a leggere i poeti, ma lo scolaro, spinto dalla voracità, prese dalla biblioteca L’arte di cucinare di un certo Simo (fr. 140 K. –A.).
[5]Funzione assunta nell'Alcesti di Euripide.
[6]Nell'Eracle di Euripide.
[7]Quella di Eracle al bivio.
[8] Guido Paduano e Massimo Fusillo (a cura di) Apollonio Rodio Le Argonautiche, p. 185
[9] Plutarco racconta che è una tradizione cui tutti prestano fede quella secondo la quale Alessandro discendeva da Eracle attraverso Carano e Filippo, e da Eaco attraverso Neottolemo e Olimpiade (Vita, 2).
[10] Ambasciatore inviato in India dal re Seleuco I Nicatore (355 ca. 280 a. C.) presso il re Sandracotto, scrisse Indikà in quattro libri dei quali ci sono giunti frammenti per via indiretta.
[11] G. Brizzi, Annibale, p. 50
[12] Aristofane nelle Rane rappresenta Dioniso che, terrorizzato da Empusa, fugge tra le braccia del suo sacerdote (v. 297). Più avanti viene apostrofato dal servo Xantia in questo modo: w\ deilovtate qew'n su; kajnqrwvpwn (v. 486), oh tu, davvero il più vigliacco degli dèi e degli uomini! . Il dio se l'era voluta, cacandosi addosso dalla paura (v. 479).
[13] Consiglio a questo proposito il commento di Fulvio Molinari: EuripideBaccanti, Loffredo, 1998.
[14] Isola dell’Egeo.
[15] Arriano, Anabasi di Alessandro, 2, 16, 3.
[16] Sui burocrati ottusi: Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società,p p. 1142 - 1143

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