William-Adolphe Bouguereau, Arione su un cavallo marino |
La chiarezza è coniugata con la bellezza. La rivelazione
dell’unità. Proust: l’arte è il vero giudizio finale. Le parole belle infondono
gioia. Erodoto e Arione
Se l'argumentum produce
rivelazione, questa acquista forza con la bellezza la quale a sua volta
richiede interezza, armonia e splendore: "San Tommaso dice: Ad
pulchritudinem tria requiruntur: integritas, consonantia, claritas (…)
Lo splendore di cui parla san Tommaso è la quidditas scolastica,
l'essenza di una cosa"[1].
Boitani traduce claritas con “trasparenza”: “La trasparenza:
quella che Tommaso d’Aquino chiamava claritas, e, associandola
a consonantia e integritas, considerava uno dei
tre criteri della bellezza”[2].
I tovpoi costituiscono le essenze non
solo della retorica ma anche della letteratura e dell'arte in genere.
I tovpoi sono argumenta che,
ricorrendo nella cultura europea, ne rivelano l'unità la cui visione è
necessaria all'equilibrio dell'uomo: "In nulla
al mondo, infatti, io credo così profondamente, nessun'altra idea mi è più
sacra di quella dell'unità, l'idea che l'intero cosmo è una divina unità e che
tutto il dolore, tutto il male consistono solo nel fatto che noi, singoli, non
ci sentiamo più come parti inscindibili del Tutto, che l'io dà troppa
importanza a se stesso. Molto dolore avevo sofferto in vita mia"[3].
Io intendo e
impiego i topoi come idee, frasi, versi belli e pieni di forza, tanto estetica
quanto etica, comunque una forza rivelatrice.
I ragazzi
provano interesse e gioia nel sentire parole belle e vere, insomma parole che
sono fatti di arte:" l'arte è il fatto più reale, la più austera scuola di
vita, e il vero Giudizio finale"[4].
Perfino i
criminali provano gioia per le parole belle, perfino gli animali.
Erodoto racconta
che Arione, il primo fra gli uomini che compose un ditirambo, trovandosi
minacciato di morte su una nave di pirati che volevano rapinarlo, chiese loro
il permesso di cantare prima di gettarsi in mare. Quelli non solo glielo
concessero, ma si sentirono invadere da senso di gioia (kai; toi'si
ejselqei'n hJdonhvn) al
pensiero che stavano per udire il migliore di tutti i cantori (Storie,
I, 24, 5). Il poeta buttatosi in mare dopo la performance, fu
salvato da un delfino che probabilmente era rimasto affascinato dal canto.
Ricordare
le sentenze belle degli auctores, e citarle, significa imparare
a esprimersi trovando e riconoscendo la bellezza in se stessi.
Sul valore
fondante della bellezza, che giustifica e autorizza la vita, torneremo più
avanti (59).
ll gioco nella paideiva comporta un gareggiare che stimoli con premi e conceda degli intervalli.
Quintiliano. Fedro. Remissio e lusus però
non devono significare mollis educatio. Un esempio di
educazione sbagliata (quella di Cambise e Smerdi) nelle Leggi di
Platone. Tucidide: amiamo
la cultura senza mollezza. La Mastrocola. Hesse. Platone. W. Jaeger.
Quintiliano indica
i dicta clarorum virorum e gli electos ex poetis locos
tra gli strumenti per educare i bambini, i quali li gradiscono ancora di più se
vengono presentati loro giocosamente e gioiosamente:"Etiam dicta
clarorum virorum et electos ex poetis maxime (namque eorum cognitio parvis
gratior est) locos ediscere inter lusum licet " (I, 1, 36), va
bene che i bambini imparino a memoria, giocando, anche le sentenze degli uomini
famosi e soprattutto passi scelti dai poeti (infatti lo studio di questi è
molto gradito ai piccoli).
L'apprendimento
dunque sia un gioco e una gara che diverta, incoraggi e stimoli il ragazzo
anche con dei premi: "Lusus hic sit (…) contendat
interim et saepius vincere se putet; praemiis etiam, quae capit illa aetas
vocetur"[5],
sia questo un gioco (…) gareggi frattanto (il fanciullo) e pensi piuttosto
spesso di essere vittorioso; si alletti anche con i premi che quell'età
gradisce.
Per
giunta nel gioco si manifestano più schiettamente le inclinazioni di
ciascuno:"mores quoque se inter ludendum simplicius detegunt "[6].
"Il
gioco è il lavoro dei bambini"[7].
E'
comunque necessario concedere qualche intervallo a tutti:"Danda est
tamen omnibus aliqua remissio"[8].
Infatti:“Cito rumpes arcum, semper si tensum habueris;/at si laxaris, cum
voles erit utilis./Sic lusus animo debent aliquando dari,/ad cogitandum
melior ut redeat tibi” (Fedro, 3, 14, 12 - 13), presto spezzerai l’arco, se
lo terrai sempre teso; ma se lo lasci allentato, quando vorrai sarà utile. Così
alla mente ogni tanto si devono concedere degli svaghi, perché ti torni
migliorata alla riflessione.
Il che
non deve significare mollis educatio : "Mollis illa educatio, quam indulgentiam
vocamus, nervos omnis mentis et corporis frangit"[9]. quella
molle educazione che chiamiamo indulgenza, spezza tutte le forze della mente e
del corpo.
Platone attribuisce una mala educazione siffata alle donne della casa reale
persiana del tempo di Ciro il Vecchio il quale, sempre impegnato in
operazioni militari, delegò alle femmine la cura dei figli. Queste li viziarono
impartendo loro una trofh;n gunaikeivan (Leggi, 694d) , una cura da donne, per giunta donne del re divenute
ricche da poco.
I padri combattevano e conquistavano, ma non insegnavano ai figli la
disciplina persiana, quella di pastori e guerrieri molto resistenti alle
fatiche. Insomma: “periei'den uJpo; gunaikw'n te kai; eujnouvcwn
paideuqevnta~ auJtou' tou;~ uJei'~” (Leggi, 695a), e (Ciro il Vecchio) permise che i suoi figli, Cambise
e Smerdi, fossero educati da donne e da eunuchi. Sicché essi crebbero come ci
si doveva aspettare, dato il loro essere stati allevati trofh'/
ajnepiplhvktw/ (695b) in maniera licenziosa. E quando i due
giovani ereditarono il regno, trufh'~ mestoi; kai; ajnepiplhxiva~, gonfi di lussuria e di sregolatezza, per prima cosa uno uccise
l’altro perché non sopportava uno stato di parità, quindi costui, ossia
Cambise, mainovmeno~[10] uJpo;
mevqh~ te kai; ajpaideusiva~, pazzo in seguito al bere smodato e
alla mancanza di educazione, perse il potere a opera dei Medi e del cosiddetto
“eunuco”[11],
che aveva disprezzato la stupidità del re.
Tucidide aveva già
fatto dire a Pericle: "filosofou'men a[neu malakiva" "[12],
amiamo la cultura senza mollezza.
"Purtroppo,
quando noi genitori chiediamo alla scuola che sia facile e divertente, che
abolisca le difficoltà, la fatica e l'impegno, noi in realtà chiediamo alla
scuola di snaturarsi, e di abdicare anche lei, così come abbiamo abdicato
noi"[13].
Invero il
gioco può essere laborioso, sanamente competitivo e divertente.
La
parola ludus significa "gioco" e "scuola":
nel romanzo di H. Hesse Il
giuoco delle perle di vetro[14] il
protagonista, Josef Knecht, diviene Magister Ludi dopo anni di
studio indefesso, un gioco intelligente, pieno di responsabilità e disciplina.
Platone afferma
che chiunque voglia eccellere in una qualche attività deve esercitarsi fin
dall’infanzia tendendo sempre a questo scopo, non solo quando si impegna sul
serio (spoudavzonta) ma anche
quando gioca (paivzonta, Leggi, 643b).
"Il
punto capitale della paideia - è questo che ora egli afferma - è un buon
allevamento[15].
Questo deve eccitare nell'anima del fanciullo, come in un libero gioco, il
desiderio di quello che l'uomo poi sarà chiamato a compiere"[16].
Bologna 18
giugno 2020 giovanni ghiselli
Il blog è
arrivato a 991146
[10] Cfr Erodoto III, 38: “pantach'/ w\n moi dh'lav ejsti o{ti ejmavnh
megavlw" oJ Kambuvsh"", da ogni punto di vista
dunque per me è evidente che molto matto era Cambise.
[15] Leggi, 643 c
8: kefavlaion dh; paideiva" levgomen th;n ojrqh;n trofhvn . Io invece
tradurrei:"definiamo punto principale dell’educazione la retta formazione
ndr.
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