Ambrosius Francken II, L'età dell'oro |
Un tovpo" mitico - storico che assume
più di un aspetto è quello
dell'età dell'oro[1] Esiodo, Virgilio nell'Eneide,
e Ovidio nelle Metamorfosi[2] la
collocano in tempi antichi, mentre lo stesso Ovidio nell' Ars amatoria e
nei Medicamina faciei la situa nella contemporaneità.
Nell'Ars Amatoria[3] Ovidio afferma che è proprio
l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea:"prisca
iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis" (III, 121 - 122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora, dopo
tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese,
terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest
nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis " Ars,
III, 127 - 128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella
rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.
Un cultus che include la cultura del corpo e dello
spirito.
Nel De
rerum natura di Lucrezio[4] l'età
dell'oro non esiste.
Dionigi sostiene
che Lucrezio "sembra preferire" la vita dell'uomo primitivo "a
quella dell'uomo civilizzato, minacciato da guerre, sazietà, inganni (V, vv.
999 - 1010)"[5],
mentre secondo Bettini l'intento di Lucrezio è stato quello di indicare
"nel lavoro un valore positivo e laico, l'unico mezzo attraverso il quale,
faticosamente, l'uomo poteva elevarsi al di sopra di una condizione primitiva
semiferina"[6].
Nell'Epodo XVI[7] di Orazio[8]
il luogo aureo è un altrove: isole fertili in mezzo all'Oceano e campagne
felici lontane da Roma la quale si consuma nelle guerre civili e crolla per le
sue stesse forze.
Nell’Epodo VII
il poeta ricorda il crimine dell’uccisione fraterna (scelusque fraternae
necis, v. 18) per cui scorse in terra il sangue di Remo sacer
nepotibus cruor (v. 2), maledetto per i nipoti.
Lo stesso
Orazio nel Carmen saeculare[9] invece
preannuncia il ritorno dell'età dell'oro a Roma, come aveva fatto Virgilio
nella IV ecloga[10].
Del resto
nell'età primitiva un gravis veternus paralizzava
l'attività umana: Virgilio nella GeorgicaI[11] dà
questa spiegazione della genesi dell'età moderna: Giove procurò agli uomini
fatiche e angosce (curae ) in quanto non lasciò che il suo regno
restasse paralizzato in un pesante letargo"nec torpere gravi passus sua
regna veterno " (v. 124). Infine il lavoro ostinato vinse tutte
le difficoltà: “Labor omnia vicit - improbus” (vv. 145 - 146). Il
compito di Virgilio nelle Georgiche in effetti è quello di
celebrare il lavoro del bonus agricola.[12]
"
Centrale è il concetto di veternus , una specie di pigra
indolenza, un torpore che affliggeva l'umanità nell'età dell'oro, e che avrebbe
indotto Giove a introdurre il lavoro nel mondo, per stimolare l'ingegno umano e
rendere gli uomini attivi, vigile e intraprendenti"[13] .
Nell'Eneide la
decadenza delle età è collegata alla guerra e alla volontà di impossessarsi
delle ricchezze:"Aurea quae perhibent illo sub rege fuere/saecula: sic
placida populos in pace regebat,/deterior donec paulatim ac decŏlor aetas/et
belli rabies et amor successit habendi " (VIII, 324 - 327), i
secoli d'oro di cui si narra furono sotto quel re[14]:
così reggeva i popoli in placida pace, finché un poco alla volta succedette
l'età scolorita e la furia di guerra e l'amore del possesso.
L'età
dell'oro, ovviamente data la protezione concessa al poeta che si fece
panegirista dell’erede di Cesare, ritornerà con Augusto Augustus
Caesar, Divi genus, aurea condet/saecula qui rursus Latio regnata per arva
Saturno quondam" (Eneide VI, vv. 792 - 793), Cesare
Augusto stirpe del Dio, che stabilirà di nuovo nel Lazio l'età dell'oro su cui
regnò nei campi arati un tempo Saturno.
Leopardi nella Storia
del genere umano[15] afferma
che Giove in una fase della storia del mondo, quella successiva al diluvio
universale, con il quale “fu punita la protervia dei mortali”, impose gravi
oneri alla nostre specie, la quale bramava "sempre e in qualunque stato
l'impossibile", paradossalmente, perché non si estinguesse: "deliberò
valersi di nuove arti a conservare questo misero genere: le quali furono
principalmente due. L'una mescere la loro vita di mali veri; l'altra implicarla
in mille negozi e fatiche, ad effetto d'intrattenere gli uomini, e divertirli
quanto più si potesse dal conversare col proprio animo, o almeno col desiderio
di quella loro incognita e vana felicità".
Questo
argomento insomma si presta quale a essere presentato come percorso
problematico e variamente rimodulabile.
giovanni giselli
[2] Poema epico di quindici libri in esametri. Narra la storia del mondo
dall'origine all'età contemporanea attraverso racconti che hanno in comune il
tema della metamorfosi. Fu composto fra l'1 e l'8 d. C
[3] L'Ars amatoria (in distici elegiaci) costituisce una
precettistica erotica in tre libri: nei primi due il poeta fa il maestro
d'amore agli uomini, nel terzo alle donne. Questa raccolta a sfondo didascalico
fu completata nell'1 o nel 2 d. C, come i Remedia amoris e
i Medicamina faciei femineae. Ovidio, nato a Sulmona, e morto in
esilio a Tomi sul Mar Nero, visse tra il 43 a. C. e il 17/18 d. C.
[11] Le quattro Georgiche costituiscono un poema
didascalico sull'agricoltura. Furono composte tra il 37 e il 30 a. C.
[12] “Il protagonista delle Georgiche - il paziente,
tenace agricola capace di coronare la sua fatica con il successo - è
anche un carattere non privo di ombre, e richiede, anche lui, della vittime”
. Tradotto dall’inglese di Gian Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus,
and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read Vergil, Yale
University Press., n. 30, p. 205. Tale è Aristeo, e non farà meno vittime
il “pio”Enea.
[14] Saturno che diede alla terra dove si era rifugiato il nome di Latium ,
"his quoniam latuisset tutus in oris " (v. 323), poiché
era rimasto latitante sicuro in queste contrade.
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