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martedì 23 giugno 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 19. L’età dell’oro in alcuni autori latini

Ambrosius Francken II, L'età dell'oro

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Un tovpo" mitico - storico che assume più di un aspetto è quello dell'età dell'oro[1] Esiodo, Virgilio nell'Eneide, e Ovidio nelle Metamorfosi[2] la collocano in tempi antichi, mentre lo stesso Ovidio nell' Ars amatoria e nei Medicamina faciei la situa nella contemporaneità. 
Nell'Ars Amatoria[3] Ovidio afferma che è proprio l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea:"prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis(III, 121 - 122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora, dopo tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese, terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis Ars, III, 127 - 128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.
 Un cultus che include la cultura del corpo e dello spirito.

Nel De rerum natura di Lucrezio[4] l'età dell'oro non esiste.
Dionigi sostiene che Lucrezio "sembra preferire" la vita dell'uomo primitivo "a quella dell'uomo civilizzato, minacciato da guerre, sazietà, inganni (V, vv. 999 - 1010)"[5], mentre secondo Bettini l'intento di Lucrezio è stato quello di indicare "nel lavoro un valore positivo e laico, l'unico mezzo attraverso il quale, faticosamente, l'uomo poteva elevarsi al di sopra di una condizione primitiva semiferina"[6].

Nell'Epodo XVI[7] di Orazio[8] il luogo aureo è un altrove: isole fertili in mezzo all'Oceano e campagne felici lontane da Roma la quale si consuma nelle guerre civili e crolla per le sue stesse forze.
Nell’Epodo VII il poeta ricorda il crimine dell’uccisione fraterna (scelusque fraternae necis, v. 18) per cui scorse in terra il sangue di Remo sacer nepotibus cruor (v. 2), maledetto per i nipoti. 
Lo stesso Orazio nel Carmen saeculare[9] invece preannuncia il ritorno dell'età dell'oro a Roma, come aveva fatto Virgilio nella IV ecloga[10].

Del resto nell'età primitiva un gravis veternus paralizzava l'attività umana: Virgilio nella GeorgicaI[11] dà questa spiegazione della genesi dell'età moderna: Giove procurò agli uomini fatiche e angosce (curae ) in quanto non lasciò che il suo regno restasse paralizzato in un pesante letargo"nec torpere gravi passus sua regna veterno " (v. 124). Infine il lavoro ostinato vinse tutte le difficoltà: “Labor omnia vicit - improbus” (vv. 145 - 146). Il compito di Virgilio nelle Georgiche in effetti è quello di celebrare il lavoro del bonus agricola.[12]
" Centrale è il concetto di veternus , una specie di pigra indolenza, un torpore che affliggeva l'umanità nell'età dell'oro, e che avrebbe indotto Giove a introdurre il lavoro nel mondo, per stimolare l'ingegno umano e rendere gli uomini attivi, vigile e intraprendenti"[13] .

Nell'Eneide la decadenza delle età è collegata alla guerra e alla volontà di impossessarsi delle ricchezze:"Aurea quae perhibent illo sub rege fuere/saecula: sic placida populos in pace regebat,/deterior donec paulatim ac decŏlor aetas/et belli rabies et amor successit habendi " (VIII, 324 - 327), i secoli d'oro di cui si narra furono sotto quel re[14]: così reggeva i popoli in placida pace, finché un poco alla volta succedette l'età scolorita e la furia di guerra e l'amore del possesso.

 L'età dell'oro, ovviamente data la protezione concessa al poeta che si fece panegirista dell’erede di Cesare, ritornerà con Augusto Augustus Caesar, Divi genus, aurea condet/saecula qui rursus Latio regnata per arva Saturno quondam" (Eneide VI, vv. 792 - 793), Cesare Augusto stirpe del Dio, che stabilirà di nuovo nel Lazio l'età dell'oro su cui regnò nei campi arati un tempo Saturno.



Leopardi nella Storia del genere umano[15] afferma che Giove in una fase della storia del mondo, quella successiva al diluvio universale, con il quale “fu punita la protervia dei mortali”, impose gravi oneri alla nostre specie, la quale bramava "sempre e in qualunque stato l'impossibile", paradossalmente, perché non si estinguesse: "deliberò valersi di nuove arti a conservare questo misero genere: le quali furono principalmente due. L'una mescere la loro vita di mali veri; l'altra implicarla in mille negozi e fatiche, ad effetto d'intrattenere gli uomini, e divertirli quanto più si potesse dal conversare col proprio animo, o almeno col desiderio di quella loro incognita e vana felicità".

Questo argomento insomma si presta quale a essere presentato come percorso problematico e variamente rimodulabile. 

giovanni giselli






[1] Cfr. G. Ghiselli, Enea e Didone, pp. 110 sgg.
[2] Poema epico di quindici libri in esametri. Narra la storia del mondo dall'origine all'età contemporanea attraverso racconti che hanno in comune il tema della metamorfosi. Fu composto fra l'1 e l'8 d. C
[3] L'Ars amatoria (in distici elegiaci) costituisce una precettistica erotica in tre libri: nei primi due il poeta fa il maestro d'amore agli uomini, nel terzo alle donne. Questa raccolta a sfondo didascalico fu completata nell'1 o nel 2 d. C, come i Remedia amoris e i Medicamina faciei femineae. Ovidio, nato a Sulmona, e morto in esilio a Tomi sul Mar Nero, visse tra il 43 a. C. e il 17/18 d. C.
[4] 99? a. C. - 55? a. C.
[5]Ivano Dionigi (a cura di) Lucrezio, La natura delle cose, , p. 493.
[6]M. Bettini, La letteratura latina 2 , p. 453.
[7] Del 38 a. C.
[8] 65 a. C. - 8 a. C.
[9] Del 17 a. C.
[10] Del 40 a. C.
[11] Le quattro Georgiche costituiscono un poema didascalico sull'agricoltura. Furono composte tra il 37 e il 30 a. C.
[12] “Il protagonista delle Georgiche - il paziente, tenace agricola capace di coronare la sua fatica con il successo - è anche un carattere non privo di ombre, e richiede, anche lui, della vittime” . Tradotto dall’inglese di Gian Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., n. 30, p. 205. Tale è Aristeo, e non farà meno vittime il “pio”Enea.
[13]M. Bettini, La letteratura latina, 2, p. 453.
[14] Saturno che diede alla terra dove si era rifugiato il nome di Latium , "his quoniam latuisset tutus in oris " (v. 323), poiché era rimasto latitante sicuro in queste contrade. 
[15] Del 1824.

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