John Collier, Clytemnestra |
Il seno mostrato al proprio
figliolo. Ecuba a Ettore nell’Iliade. Clitennestra a Oreste nelle Coefore.
L’accusa di Tindaro nell’Oreste di Euripide
Ecuba nell'Iliade mostra
il proprio petto a Ettore per indurlo a non affrontare Achille: la vecchia
regina, aperta la veste, con una mano solleva il seno, e prega il figlio di
ricordare che gli aveva dato la mammella che fa scordare le pene: "ei[ potev toi
laqikhdeva[1] mazo;n ejpevscon - tw'n mnh'sai" (XXII, vv. 83 - 84)[2].
Il denudamento
del seno viene poi attribuito da Eschilo al
personaggio di Clitennestra che mostra le mammelle a Oreste per indurlo a
compassione: "ejpivsce", w\ pai', tovnde d j ai[desai, tevknon,
- mastovn" (Coefore ,
vv. 896 - 897), fermati, figlio, abbi rispetto di questo seno, creatura.
Nell’Oreste di
Euripide, Tindaro, il padre di Clitennestra, accusa il nipote matricida con
queste parole che pure non approvano la figlia. Si rivolge prima a Menelao, poi
a Oreste.
“E per prima
mia figlia che ha ammazzato lo sposo,
ed Elena,
tua moglie, non la approverò mai 520
né le
rivolgerei la parola; né invidio te che sei andato
nella piana
di Troia per una donna cattiva.
Ma difenderò
la legge, per quanto ne sono capace,
cercando di
porre fine a questa brutalità
anche assassina,
che sempre manda in rovina la terra e le città 525
Perché quale
anima avevi, sciagurato, allora
Quando tirò
fuori il seno supplicandoti
La madre? - o{t j
ejxevballe masto;n iJketeuvousa se - mhvthr
io che non
ho visto quella malvagità,
sciolgo in lacrime
il vecchio occhio, disgraziato che sono.
Un fatto di
certo concorda con le parole mie: 530
Tu sei
odiato dagli dèi e paghi il fio della madre
Vagando tra
la follie e paure. Che bisogno ho
Di ascoltare
da altri testimoni quello che posso vedere?
Perché tu lo
sappia bene , Menelao, non compiere azioni 535
Contrarie
agli dèi volendo aiutare costui,
lascia che
venga ammazzato a colpi di pietra dai cittadini
oppure non
mettere piede nella terra spartana.
Mia figlia
morendo ha subito la sorte giusta
Ma non per
questo individuo era naturale che lei morisse.
Io per altri
aspetti sono un uomo fortunato,
tranne
riguardo le figlie: in questo non sono felice - (vv. 519 - 540)
Il bacio al letto di morte (Alcesti, Deianira e Didone) e a quello della
stanza della vergine (Medea nelle Argonautiche)
Un altro
topos gestuale, tra l’erotico e il disperato, è il bacio della donna al letto[3],
anzi al letto della propria morte per amore. Alcesti poco prima di morire vi si
getta sopra, lo bacia e lo riempie tutto del torrente di lacrime che le sgorga
dagli occhi (kunei' de; prospivtnousa, pa'n de; devmnion - ofqalmotevgktw/
deuvetai plhmmurivdi, Alcesti,
vv. 183 - 184.).
Un gesto
ripetuto da Didone la quale muore imprimendo la bocca sul letto (os impressa
toro, Eneide , IV, 659,).
“La donna
che si getta sul letto coniugale, che invoca le dulces exuviae e
bacia il letto, è la donna innamorata che non può liberarsi dal ricordo delle
dolcezze del suo amore (sono note le ascendenze sofoclee, cioè i vividi
riflessi di Deianira)”[4].
Nelle Trachinie di
Sofocle le ultime parole di Deianira sono rivolte al letto: “w\ levch te
kai; numfei' j ejmav, - to; loipo;n h[dh caivreq j wJ~ e[m j ou[pote –devxesq j
e[t j ejn koivtaisi tai'sd j eujnhvtrian” (vv. 920 - 922), o letto mio e stanza nuziale, addio
per sempre oramai, poiché non mi accoglierete più come sposa nel vostro
giaciglio.
La
Medea di Apollonio Rodio invece bacia il letto della sua camera di ragazza
nell’abbandonarla: “Kuvsse d j eJovn te levco~” (Argonautiche, 4, 26),
quindi baciò anche i battenti, accarezzò le pareti, e dopo essersi strappata un
ricciolo lo lasciò nella stanza della madre, ricordo della sua vita di
vergine.
giovanni
ghiselli
[1] Alceo attribuisce al vino (oi\non…laqikavdea, fr. 96 D. , v. 3) questo aggettivo
formato da lanqavnw e kh̃do~.
[2] “ Sulla terra sono molte buone
invenzioni, le une utili, le altre gradevoli: per esse la terra è amabile. E
certe cose vi sono così bene inventate, da essere come il seno della donna:
utili e al tempo stesso gradevoli” F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra,
p. 252.
[3] "Nella casa di Alcesti e
di Admeto, come nel loro dramma, è il letto il mobile più importante", J.
Kott, Mangiare Dio , p. 120.
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