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Altri gesti di donne. Le donne dei Germani in Tacito impediscono la fuga
degli uomini in battaglia con l’ obiectus pectorum; in Plutarco (Vita
di Mario) combattono e muoiono con maggior coraggio dei maschi.
Budicca in Cassio Dione.
Le Persiane di Nicolao di
Damasco e l’esplosione femminile della sublata vestis.
Ovidio e le Sabine con le
chiome sciolte.
Altro tovpo" gestuale, di spirito che
potrebbe dirsi meglio matriarcale, è quello dell'obiectus pectorum:
Tacito racconta che le donne dei
Germani rimisero in sesto schiere di guerrieri già vacillanti e sul
punto di cedere, non solo con l'insistenza delle preghiere ma anche con
l'opposizione dei petti, e con il mostrare la schiavitù vicina: "memoriae
proditur quasdam acies inclinatas iam et labantes a feminis restitutas
constantia precum et obiectu pectorum et monstrata comminus captivitate"
(Germania, 8).
In Plutarco
le donne dei Germani compiono gesti estremi mentre assistono alla sconfitta dei
loro uomini. Nella Vita di Mario l’autore racconta che
nell’estate del 102 a. C. le donne dei Teutoni ad Aquae Sextiae (l’odierna
Aix, a nord di Marsiglia) scesero in campo armate di spade e scuri e con grida
terribili respinsero sia i loro uomini in fuga sia i Romani inseguitori.
Mescolate ai combattenti strappavano le armi ai Romani, e, insensibili alle
ferite, combattevano fino alla morte (19).
L’anno
dopo (agosto 101 a. C.) le donne dei Cimbri sconfitti ai Campi Raudii (nel
vercellese) ritte sopra i carri, vestite di nero, ammazzavano quelli che
fuggivano, fossero essi i mariti, i fratelli o i padri. Strangolati con le loro
mani i più teneri figlioletti, li gettavano sotto le ruote dei carri e gli
zoccoli delle bestie, e infine si sgozzavano” (27).
Budicca era
la regina degli Iceni, una popolazione della Britannia che, guidata da questa
ribelle, nel 61 d. C. mise a sacco Londinium e Verulanium e
uccise 80 mila persone tra Romani e alleati. Aveva un’intelligenza superiore a
quella solita delle donne, racconta Cassio Dione: mei'zon h]
kata; gunai'ka frovnhma e[cousa” (62, 2, 2).
Anche
l’aspetto non era usuale: era to; sw'ma megivsth, (62, 2, 3) grandissima di corpo,
di aspetto terribile, di sguardo penetrante, e di voce aspra, aveva una chioma
biondissima e foltissima che le scendeva fino alle natiche (mevcri tw'n
gloutw'n, 62, 2, 4) e al collo portava una grossa collana d’oro. Si
pensi all’ultima Elisabetta I cinematografica.
In questa occasione brandiva una lancia (tovte de; kai; lovgchn labou'sa) con la quale incuteva
soggezione a tutti. Esortò i suoi Britanni sminuendo i Romani come effemminati
e comandati da femmine: Messalina e Agrippina che dà ordini a Nerone il quale o[noma me;n ajndro;~ e[cei, e[rgw/ de; gunhv ejsti: shmei'on de;, a[/dei
kai; kiqarivzei kai; kallwpivzetai (62, 6, 3), ha nome da
uomo, ma di fatto è una donna: i segni sono il fatto che canta e suona la cetra
e si imbelletta. Lei invece regnava su uomini veri che non sanno coltivare la
terra né produrre manufatti, ma conoscono l’arte della guerra e che considerano
tutto bene comune, anche i bambini le donne le quali proprio per questo hanno
lo stesso valore dei maschi: “th;n aujth;n toi'~ a[rresin
ajrethvn”[1].
Budicca
conclude l’esortazione chiedendo che questa Domizia Nerona (Nerwni;~ hJ
Domitiva, 62, 6, 5)
non regni più su di me né su di voi, ma tiranneggi cantando i Romani: “kai; ga;r a[xioi
toiauvth/ gunaikiv douleuvein”, i quali infatti meritano di servire una tale donna.
Budicca è una donna virile. Vediamo ora un gesto di
estrema femminilità.
In Nicolao
di Damasco[2], informa Mazzarino , è presente il gesto
della sublata vestis. I suoi racconti dipendono da Ctesia[3] "il quale compilò la sua opera
di storia persiana dopo il 398/397, tornato da un lungo soggiorno alla corte
persiana dove era stato medico particolarmente caro alla regina
Parisatide".
Mentre Erodoto ha preferito la saga di carattere
aristocratico facendo di Ciro il figlio di un nobile persiano, Cambise, sposato
a Mandane, figlia del re dei Medi Astiage, Ctesia indulgeva a un gusto popolare
che assimilava Ciro ai grandi uomini dagli umili natali. Ctesia ha servito
presso Artaserse II ma si è opposto alla versione ufficiale della corte
persiana secondo cui Ciro era figlio di Cambise. Ebbene nella saga popolare
"affioravano le matriarcali convinzioni, fossili di preistoria, per cui la
vittoria in battaglia era ricondotta a esplosioni di femminilità che un moderno
chiamerebbe "freudiane"…Anche il motivo della sublata vestis delle
donne persiane, le quali così impediscono ai loro uomini la fuga, è di spiriti
antico - matriarcali (Kornemann R. E. Supplb. VI 567): questi potevano
sopravvivere solo in una saga popolare; e viceversa si adatterebbero assai meno
ad un ambiente aristocratico "[4].
Nei Fasti[5] di Ovidio abbiamo una versione più
patetica e meno sessuale del motivo dei gesti delle donne vicine alla
battaglia. Le antiche Sabine si interpongono tra i padri e i mariti, "inque
sinu natos, pignora cara tenent " (III, 218) e
tengono stretti al petto, cari pegni, i figlioli. Quindi vanno in mezzo al
campo di battaglia passis (…) capillis (219),
con le chiome sciolte, e si inginocchiano, mentre i bambini, quasi sentirent (v.
221), come se capissero, "tendebant ad avos brachia parva suos "(222),
tendevano ai loro nonni le piccole braccia.
giovanni
ghiselli
[2] Storico greco
dell'età di Augusto. Secondo la sua versione Ciro era figlio di un masnadiero
mardo e visse una fanciullezza da schiavo. Nato a Damasco nel 64 a. C. compose, tra l'altro,
una Storia universale in 144 libri di cui restano solo due
epitomi e pochi estratti. Rimane qualche frammento di una Vita di
Augusto.
[3] Nato a Cnido verso la metà del
V secolo, visse alla corte di Artaserse II Mnèmone e scrisse Persikav, Vicende della
Persia in 23 libri che partono dal re assiro Nino e arrivano al 398 a.
C. Ne resta una sintesi conservata nella Biblioteca del
patriarca bizantino Fozio (IX sec. d. C.).
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